Categorie: Sancta Sedes

Un anno fa Francesco a Lampedusa. Oggi una Messa sull’isola e una richiesta: basta!

Chinarsi sui migranti “senza calcoli, senza timori, con tenerezza e comprensione”.  È l’invito contenuto nel messaggio che Papa Francesco ha inviato all’arcivescovo di Agrigento Francesco Montenegro per il primo anniversario della sua visita a Lampedusa, che ricorrerà l’8 luglio prossimo. Per la stessa ricorrenza, una Messa è stata celebrata stamani nella chiesa parrocchiale di S. Gerlando in Lampedusa dal cardinale Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio per i Migranti.

I migranti, “in cerca di una vita migliore” e gli abitanti di Lampedusa, “impegnati in un’encomiabile opera di solidarietà”: sono loro il centro del messaggio di Papa Francesco, dodici mesi dopo la sua visita nell’isola. “A distanza di un anno – ricorda il Pontefice – il problema dell’immigrazione si sta aggravando e altre tragedie si sono purtroppo susseguite ad un ritmo incalzante”. Il nostro cuore, prosegue, “fa fatica ad accettare la morte di questi nostri fratelli e sorelle, che affrontano viaggi estenuanti per fuggire da drammi, povertà, guerre, conflitti, spesso legati a politiche internazionali”. Un dramma che “richiede di essere affrontato non con la logica dell’indifferenza, ma con la logica dell’ospitalità e della condivisione”, nel nome della dignità di ogni essere umano. Ecco quindi l’appello “a continuare a chinarsi su chi ha bisogno per tendergli la mano, senza calcoli, senza timore, con tenerezza e comprensione

”. “Auspico – scrive in particolare Francesco – che le Istituzioni competenti, specialmente a livello Europeo, siano più coraggiose e generose nel soccorso ai profughi”. All’Europa si è rivolto anche il card. Antonio Maria Vegliò, in una Messa a Lampedusa, dopo aver ricordato che i lampedusani sono stati “l’abbraccio che ha accolto uomini e donne, bambini e giovani” approdati sul continente. L’emigrazione, ha detto, correttamente gestita, nella regolarità e nella sicurezza… 

“…non è una minaccia, ma può essere un’opportunità per l’Europa, che oggi appare stanca e invecchiata. Quando l’Europa riconosce le radici cristiane della sua generosa apertura al prossimo, il continente ringiovanisce, poiché le sue radici sono caratterizzate dall’accoglienza, dal rispetto della diversità e dalla ricerca del bene comune”.

Si è chiesto dunque il porporato: “Con quale coraggio possiamo respingere, ributtare in mare o rimandare al Paese d’origine chi scappa sotto minaccia della sua stessa esistenza? Che meriti abbiamo noi per vivere in un Paese bello come l’Italia, un Paese ricco, pure nelle difficoltà attuali, un Paese libero? E che demerito hanno i nostri fratelli che vivono in Paesi difficili dove c’è fame, dove non c’è libertà?”

Da queste stesse domande “sorge l’importante questione della giusta distribuzione della ricchezza mondiale”, che investe in modo emblematico l’Africa, continente da cui molti dei migranti di oggi provengono e che viene depauperato “non solo delle sue risorse, ma anche delle sue forze giovanili”. “Prego il Signore – ha concluso il card. Vegliò – che le istituzioni dell’Unione Europea e l’intera Comunità internazionale si lascino convincere ad agire con maggiore coordinamento e con autentico spirito di collaborazione, per la creazione di un mondo più giusto, un mondo più solidale, un mondo più umano”. di Davide Maggiore per la Radio Vaticana

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