Era tra 509 migranti sbarcati la notte del 20 giugno a Pozzallo a bordo della nave “Diciotti” della Guardia Costiera. Eritreo, atteggiamento “da ragazzo”, ma con addosso lo sguardo e lo spavento di un bambino rimasto solo in mezzo all’inferno. A raccontare la vicenda di un piccolo di otto anni arrivato il 19 giugno in Sicilia è l’operatrice di Intersos Lucilla Garufi:
“Ci ha raccontato di avere viaggiato da solo. Ha attraversato mezzo continente africano partendo dal Corno d’Africa e per molti mesi è rimasto in Libia. Nella maggior parte dei casi partono per raggiungere i famigliari che vivono in Europa, spesso Germania, Svezia. In questo caso sono stati i genitori che rimasti in Eritrea gli hanno dato i soldi per partire perché non ne avevano abbastanza per affrontare il viaggio tutti insieme”.
Una storia di rabbia e disperazione, ma anche di atroci torture subite in Libia nei cosiddetti ‘connection center’ in cui vengono ammassati i migranti prima delle partenze:
“Mi ha voluto non solo raccontare, ma anche fare vedere la sua storia. Mi ha voluto mostrare le sue cicatrici… mi ha fatto vedere le bruciature che aveva sul corpo, i segni fisici della tortura. Era stato frustato, torturato anche con le scariche elettriche. Raccontava tutto con rassegnazione e tristezza ed era arrabbiato”
Il ragazzo poco dopo il colloquio ha avuto delle crisi epilettiche ed è stato trasferito all’ospedale di Lampedusa assieme ad altre tre persone.
Fonte www.huffingtonpost.it
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