I tre giorni della sua visita sono stati talmente ricchi di eventi e hanno suscitato tali e tante risonanze, che risulta davvero difficile riassumerli adeguatamente, anche a chi ha seguito in diretta “no stop” dalla sala stampa. Qui ci si deve limitare a tracciare un bilancio provvisorio.
1) L’unità fra tutte le Chiese Cristiane: “Ut unum sint”. Papa Francesco ha voluto ricordare anzitutto a Religiosi e Clero (riuniti nella basilica del Getsemani) e ai Vescovi Cattolici (concelebranti nel Cenacolo) che occorre crescere nell’atteggianmento di fondo: l’amore fraterno tra noi e verso tutti i membri delle Chiese “sorelle”. I momenti culminanti e i gesti più significativi sono stati: la dichiarazione comune firmata nello stesso salone della Delegazione Apostolica in cui 50 anni fa avvenne l’abbraccio fra Atenagora e Paolo VI. Coloro che erano presenti sono stati testimoni di un clima cordialissimo, di profonda amicizia fra Francesco e Bartolomeo, così che l’incontro si è prolungato di un’ora oltre il previsto. E’ seguita la preghiera comune nella basilica del “Santo Sepolcro/Anastasi” con la partecipazione degli Armeni, Siriaci, Copti, Etiopici, Luterani e Anglicani. Su quel luogo dal 1054 non si era più sentita la recita comune del “Padre Nostro” (prima in Italiano da parte di Bartolomeo e Francesco, poi nelle proprie lingue da parte di tutti i presenti). Nei loro “discorsi” i due massimi rappresentanti della Cattolicità e della Ortodossia hanno solennemente ribadito l’impegno a fare tutto il possibile per superare gli ostacoli che ancora impediscono di ritrovarsi insieme attorno alla stessa mensa eucaristica. Molto significativo il passaggio in cui Francesco, riprendendo alla lettera le parole di Giovanni Paolo II, chiede a tutti di aiutarlo a “cercare insieme le forme più adatte all’esercizio del ministero del Vescovo di Roma”.
2) Il dialogo inter-religioso con Ebrei e Musulmani. Questa dimensione è stata sottolineata sia dal re Abdallah di Giordania sia dal Papa, quando hanno ricordato le iniziative congiunte a livello bilaterale e mondiale (come “la settimana annuale della armonia interreligiosa” promossa dall’ONU). Momenti forti sono stati la visita del Papa al “Santuario della Roccia” seguita dall’incontro con il Gran Mufti e poi, rispettivamente, la visita ai due Gran Rabbini di Israele nel “Palazzo di Salomone”, dove si è trattenuto con le delegazioni vaticana e israeliana che stanno portando avanti il dialogo bilaterale a livello religioso. Scherzando, Papa Francesco ha osservato che tale dialogo ha raggiunto l’età del “bar mizvà” e si è augurato che prosegua verso la piena maturità. – Evidente la dimensione simbolica dell’intero viaggio, nel quale Papa Francesco ha voluto essere accompagnato da uno sheikh e un rabbino, suoi “vecchi amici” argentini. L’icona più rappresentativa è quella in cui i tre si uniscono in uno stesso abbraccio affettuoso, davanti al “Muro Occidentale”, a significare che Gerusalemme può e deve essere luogo di incontro fra le tre grandi Religioni, e non di divisione.
3) Il cammino verso una pace giusta e duratura. Spesso ripetuta l’affermazione della urgente necessità di stabilire una pace giusta e duratura nella regione (con esplicito riferimento alla Siria) e in Terra Santa, proseguendo verso la costituzione di “due Stati per i due Popoli, Ebraico e Palestinese” (formula usata anche da Shimon Perez). In questo senso Papa Francesco ha esortato i responsabili politici a osare di più, con coraggio e immaginazione, e nello stesso tempo ad astenersi da azioni unilaterali che potrebbero incrinare la fiducia reciproca e creare nuovi ostacoli. Ha pure chiaramente denunciato il terrorismo, la violenza e il commercio delle armi; a questo proposito ha alzato la voce con forza, prima davanti ai rifugiati Irakeni e Siriani nella chiesa al Giordano, poi nell’omelia della Messa a Betlemme. Azioni significative sono state le due soste (non previste nel programma iniziale): una davanti al muro di separazione a Betlemme e l’altra davanti al muro delle vittime del terrorismo sul Monte Herzel. In entrambi i casi Papa Francesco è apparso molto pensieroso e addolorato; i suoi sentimenti erano la pietà per tutte le vittime, e la preghiera che in un mondo riconciliato non esistano più muri del genere. – Infine è molto importante il fatto che in tutte le circostanze Papa Francesco ha sottolineato come la piccola minoranza Cristiana è, di diritto, parte integrante del tessuto civile, nazionale e religioso delle tre Nazioni: Giordana, Palestinese, Israeliana. Ben consapevole delle difficoltà che devono affrontare, il Papa ha incoraggiato i Cristiani a rafforzare la partecipazione attiva al dialogo inter-religioso e alla costruzione di un futuro migliore.
4) La forza della preghiera animata dalla fede e aperta alla speranza. Tutta la visita di Papa Francesco in Terra Santa è stata avvolta da una atmosfera di preghiera, da lui voluta e creata. La preghiera ha preceduto il viaggio, ne ha scandito le tappe, è stata l’ultima raccomandazione prima di risalire a bordo dell’aereo. Ma, e questa è stata una grande sorpresa per tutti, la preghiera continuerà con i presidenti Perez e Abbas che hanno accettato l’invito di Francesco a pregare insieme “nella sua casa”. Anche questa è una “prima mondiale”. Se vogliamo, ci fu un precedente quando Papa Francesco riuscì a unire in preghiera tutte le persone di buona volontà perchè venisse scongiurato l’attacco militare alla Siria, che sembrava inevitabile. Papa Francesco è davvero sospinto dalla “certezza della fede”: là dove i soli sforzi umani non bastano, la preghiera rivolta a Dio, Padre comune, può aprire nuovi varchi e far crollare i muri, anzitutto nei cuori e perciò anche nei rapporti ecumenici, interreligiosi e diplomatici, che sono inestricabilmente connessi. E’ la sfida che sta davanti a tutti noi, se vogliamo che questo viaggio non resti un fatto di cronaca ma diventi un evento capace di segnare la storia. Di Don Gianni Caputa, Membro della Commissione Vaticana per i Mass-Media
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