Che adulto potrà mai essere un bambino che è stato costretto ad uccidere? È questa la domanda che fa da sfondo al progetto “Germogli Recisi” che punta a realizzare un cortometraggio di animazione per raccontare e denunciare il dramma dei bambini soldato. A promuoverlo un gruppo multiculturale di artisti, disegnatori ed esperti di animazione digitale che si è formato in Italia attorno allo scrittore togolese Kossi Komla-Ebri e al regista cubano Regis Rodriguez.
La storia di Ogaba. Il cartone s’ispira a un racconto scritto nel 2007 dallo stesso Kossi Komla-Ebri e pubblicato nella raccolta “Vita e sogni” (Edizioni dell’Arco) che ripercorre la triste storia di Ogaba un tredicenne ugandese rapito, insieme ad alcuni amici, dai ribelli dell’Esercito di Resistenza del Signore (LRA, Lord Resistance Army), guidati da Joseph Kony. Per il giovane inizierà un incubo fatto di violenze, subite e provocate, plagio mentale e uccisioni. Una storia immaginaria, ma così simile a quella vissuta da migliaia di minori durante la guerra civile del Nord dell’Uganda. Un conflitto, iniziato nel 1986 e durato quasi vent’anni, che ha colpito, in particolare, le regioni di Lira e Gulu. Una storia non ancora finita: cacciato dal Paese, dall’inizio del nuovo millennio, il gruppo – seppur numericamente indebolito – è ancora attivo in Repubblica Democratica del Congo e Centrafrica.
Dalla carta al video. “Ho scritto questa storia – spiega Kossi Komla-Ebri – colpito da alcuni articoli che raccontavano il dramma di tanti bambini costretti ogni sera a lasciare i propri villaggi per rifugiarsi in ospedali e chiese nel tentativo di sfuggire ai rapimenti che di solito venivano condotti durante la notte: minori che, una volta presi, venivano costretti a combattere o, nel caso delle donne, a diventare mogli o schiave sessuali dei combattenti”. Un racconto che, quasi casualmente, è finito nelle mani del regista Rodriguez. “Un giorno – racconta Kossi – ho ricevuto la telefonata di Regis che aveva letto la storia di Ogaba in un libro acquistato da un venditore di strada. Ne era rimasto colpito tanto da propormi di ricavarne un cartone animato”. È da questo primo contatto che prende le mosse il progetto di realizzare il film, che si chiamerà proprio “Germogli Recisi”, grazie al coinvolgimento di diversi professionisti: l’esperto di animazione Simone Antonucci, l’illustratrice Cinzia Battistel, lo scenografo Guido Orlandi e il musicista Moussa Sanou.
250mila bambini soldato nel mondo. Un progetto ambizioso per la cui realizzazione il gruppo ha lanciato una campagna di raccolta fondi attraverso la piattaforma di crowdfunding (https://www.indiegogo.com/projects/germogli-recisi-cortometraggio-animato) nel tentativo di raccogliere i 50mila euro necessari alla conclusione del film che avrà la durata di 29 minuti. “Comunque vada la raccolta – precisa Kossi Komla-Ebri – cercheremo di portare a termine il progetto perché questo è un dramma a cui non possiamo essere indifferenti. Per questo il film non si rivolgerà ai bambini, ma piuttosto agli adulti, perché solo da loro può partire il cambiamento”. Quello dei bambini soldato è un fenomeno complesso di cui non si conoscono le reali dimensioni: l’Unicef stima che siano 250mila i minori di 18 anni coinvolti in conflitti in tutto il mondo e oltre 100mila i bambini e ragazzi che sono stati smobilitati e reintegrati nella società civile dal 1998 ad oggi. Si tratta di minori utilizzati come combattenti, messaggeri, spie, facchini, cuochi, e le ragazze, in particolare, sono costrette a prestare servizi sessuali, privandole dei loro diritti e dell’infanzia. A questi si aggiungono – secondo le stime dell’Organizzazione umanitaria – oltre un miliardo di minori che, pur non combattendo, vivono in Paesi che hanno sperimentato conflitti.
Un dramma più vicino di quanto pensiamo. “Tante volte – racconta lo scrittore – mi viene da pensare: che adulto potrà mai essere un bambino che ha ucciso? E questo non vale sono per i bambini costretti ad armarsi di kalashnikov in Africa o Medio Oriente, ma per tutti quei minori che, anche in Italia, vengono cresciuti in una cultura delle violenza. Penso alla criminalità organizzata che utilizza ragazzi poco più che bambini per i propri affari. Da questo punto di vista il dramma dei bambini soldato è molto più vicino di quanto potremmo immaginare. L’idea di proporre una campagna di raccolta fondi dal basso nasce anche da qui: dalla volontà di richiamare ciascuno alla responsabilità”.
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