R. – Ho scritto questo libro in conseguenza di un percorso che ho compiuto in 15 anni. Sono un’attrice e mi sono convertita in età adulta e questa cosa ha destato un po’ di scandalo, se non scandalo molta curiosità, soprattutto nelle persone che mi conoscevano nella mia vita “avanti Cristo” e vedono come io conduca la mia vita adesso, nell’epoca “dopo Cristo”. E dunque mi hanno chiesto, ascoltandomi e sentendomi raccontare questa storia bellissima che è diventata la mia vita, di mettere nero su bianco i dettagli di questo cambiamento e io, dopo un po’ di reticenza, l’ho fatto.
D. – E’ una storia di conversione, una storia che porta ad avere un cuore nuovo?
R. – E’ una storia che sicuramente mi ha fatto capire che è necessario chiedere un cuore nuovo, che sappia amare, soprattutto perché credo che il dolore più grande, quando raggiungi una certa età, una certa consapevolezza di te, sia il fatto di comprendere che tu per prima non sei capace di amare, e dunque non puoi pretendere di essere amata dagli altri se per prima non riesci a dare questo amore.
D. – Nel libro, lei parla anche di momenti e di esperienze molto forti nella sua vita, parla di un divorzio in famiglia, di disturbi alimentari, anche di un aborto, e di questa fame di senso che lei provava: è stato difficile raccontare queste esperienze in un libro?
R. – Sì, è stato molto difficile ma necessario perché si potesse comprendere davvero cosa era accaduto dentro di me, da che cosa questo cambiamento fosse generato, e come si fosse in qualche modo evoluto e compiuto. Ciascuno di noi porta dentro di sé ferite e cose a cui non riesce a dare spiegazione: poterle illuminare, poterle tirare fuori, affinché assumano contorni definiti e non rimangano mostri nel buio della nostra coscienza, serve per poterle affrontare. Ecco questo forse è accaduto di bello: è venuto alla luce quel buio, quel torbido. Quelle ferite che avevo io ho potuto curarle.
D. – Un incontro importante è stato la confessione con don Fabio….
R. – Esatto. Tutto risale a quel momento in cui per la prima volta, forse, mi sono resa conto di che cosa significasse la parola “peccato”, che non è tanto un elenco di cose sbagliate che facciamo, ma è una condizione proprio dell’anima: il fatto di essere separati da Dio, di averlo estromesso dalla propria vita, di non considerarlo un Padre, ma di considerarlo un giudice pronto a chiederti il conto dei tuoi errori passati. E allora, quella separazione è proprio la fonte della disperazione dell’uomo, almeno per me è stato così. E rendendomi conto di questo ho finalmente anche potuto piangere, avere pietà di me e accogliere il perdono e la misericordia di questo Dio, che invece è un Padre che mi vuole bene e che mi ha promesso una felicità che mi sta dando giorno per giorno.
D. – Quali suggerimenti potrebbe dare a chi volesse chiedere un cuore nuovo e quindi volesse provare a cercare la felicità di cui lei parla nel libro, la felicità vera?
R. – Fare un esame, cercare di scendere profondamente dentro se stessi e capire che quella stanchezza di sé, quella noia di sé, quel disgusto di sé, sono un ottimo punto di partenza e che si può voltare pagina, decidendosi però sul serio e intraprendendo un cammino serio, con una guida seria in uno dei tanti, tantissimi percorsi che la Chiesa cattolica offre.
Redazione Papaboys (Fonte it.radiovaticana.va)
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