Categorie: Ethica et Oeconomia

Un decalogo contro la diffusione del gioco d’azzardo

“Un decalogo di denuncia” contro il gioco d’azzardo: lo ha proposto in questi giorni monsignor Marco Granara, rettore del Santuario di Nostra Signora della Guardia e presidente della Fondazione Antiusura Santa Maria del Soccorso della diocesi di Genova, tramite il proprio profilo Facebook. Tra i vari punti del decalogo si leggono le seguenti richieste: “L’eliminazione delle campagne pubblicitarie, ingannevoli e ipocrite, dagli organi di comunicazione”; “norme precise di tutela da parte dello Stato nei confronti delle persone a rischio”; “che i ‘compulsivi del gioco’, veri e propri ammalati e dipendenti, siano curati a spese dello Stato come per altre malattie/dipendenze sociali”; “un sostegno economico dallo Stato per gli esercizi virtuosi che si liberano dalle fonti di entrata da azzardo”; “che tutti gli operatori del settore dell’azzardo rispettino le leggi vigenti in materia, siano sottoposti al totale rispetto – senza sconti o condoni – delle norme fiscali, compreso il rimborso dei loro debiti pregressi con l’erario pubblico”

Il decalogo è stato preparato “con i collaboratori della Fondazione Antiusura perché i drammi familiari, provenienti anche dall’uso dell’azzardo chiamato ‘gioco’, ci ha fatto diventare, nostro malgrado, competenti in materia”. I vari punti vengono proposti come uno spunto, una traccia, rivolta a “chi volesse utilizzarli, maturarli, integrarli”. Sono idee “da condividere, sottoscrivere e, magari far arrivare molto oltre il nostro gruppo di amici. Potremo anche farlo diventare proposta e denuncia per i piani alti della società, della comunicazione e della politica che ancora si può chiamare tale” fino ad arrivare “al Presidente della Repubblica”. Mons. Granara non è contro il gioco in quanto tale. “Il ‘gioco’ non solo non è un peccato, ma è un’esigenza naturale del cuore umano, da rispettare e promuovere”. Ma “il cosiddetto ‘gioco d’azzardo’ non è un gioco. è una rovina e una fregatura per una sacco di povera gente e di famiglie”. Per questo “dobbiamo dircelo a gran voce e sussurrarcelo tra amici, fino a che non diventi convinzione comune e cultura diffusa. Solo così, gli uomini della politica e i malavitosi delle lobbies, dovranno riconsiderare il fenomeno aberrante in tutta la sua gravità”. 

Agenzia Sir

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