“Un pioppo con i suoi rami protesi al cielo”, il suo tronco “solido e fermo e le profonde radici che s’inabissano nella terra”. Francesco prende a prestito una poesia di Clemente Rebora per descrivere plasticamente la sua idea, di più il suo sogno di Europa. Un’immagine forte che il Papa sviluppa osservando innanzitutto, con un tono che ricorda Giovanni Paolo II, che “se si perdono le radici, il tronco lentamente si svuota e muore”. Qui, avverte, “sta forse uno dei paradossi più incomprensibili a una mentalità scientifica isolata: per camminare verso il futuro serve il passato”, “servono memoria, coraggio, sana e umana utopia”. E rammenta che per Rebora il “tronco s’inabissa ov’è più vero”:
“Le radici si alimentano della verità, che costituisce il nutrimento, la linfa vitale di qualunque società che voglia essere davvero libera, umana e solidale. D’altra parte, la verità fa appello alla coscienza, che è irriducibile ai condizionamenti, ed è perciò capace di conoscere la propria dignità e di aprirsi all’assoluto, divenendo fonte delle scelte fondamentali guidate dalla ricerca del bene per gli altri e per sé e luogo di una libertà responsabile”.
Occorre poi tenere presente, ha detto, che “senza questa ricerca della verità, ciascuno diventa misura di sé stesso e del proprio agire, aprendo la strada dell’affermazione soggettivistica dei diritti, così che al concetto di diritto umano, che ha di per sé valenza universale, si sostituisce l’idea di diritto individualista”. Ciò, ha avvertito, “porta ad essere sostanzialmente incuranti degli altri e a favorire quella globalizzazione dell’indifferenza che nasce dall’egoismo, frutto di una concezione dell’uomo incapace di accogliere la verità e di vivere un’autentica dimensione sociale”:
“Un tale individualismo rende umanamente poveri e culturalmente sterili, poiché recide di fatto quelle feconde radici su cui si innesta l’albero. Dall’individualismo indifferente nasce il culto dell’opulenza, cui corrisponde la cultura dello scarto nella quale siamo immersi. Abbiamo di fatto troppe cose, che spesso non servono, ma non siamo più in grado di costruire autentici rapporti umani, improntati sulla verità e sul rispetto reciproco”.
E così, ha soggiunto, “oggi abbiamo davanti agli occhi l’immagine di un’Europa ferita, per le tante prove del passato, ma anche per le crisi del presente”. Un continente “che non sembra più capace di fronteggiare con la vitalità e l’energia di un tempo”. Un’Europa, ha rilevato il Papa, “un po’ stanca e pessimista, che si sente cinta d’assedio dalle novità che provengono dagli altri continenti”:
“All’Europa possiamo domandare: dov’è il tuo vigore? Dov’è quella tensione ideale che ha animato e reso grande la tua storia? Dov’è il tuo spirito di intraprendenza curiosa? Dov’è la tua sete di verità, che hai finora comunicato al mondo con passione?”
Ed ha invitato a considerare le sue radici non un “semplice retaggio museale del passato”, ma un patrimonio umano “ancora capace di ispirare” gli europei. Il Papa non ha mancato di rivolgere una particolare attenzione al bene della pace che inizia riconoscendo “nell’altro non un nemico da combattere ma un fratello da accogliere”. Purtroppo, ha constatato, “la pace è ancora troppo spesso ferita” in tante parti del mondo e anche in Europa imperversano tensioni e conflitti di vario genere”:
“La pace è però anche provata da altre forme di conflitto, quali il terrorismo religioso e internazionale, che nutre profondo disprezzo per la vita umana e miete in modo indiscriminato vittime innocenti. Tale fenomeno è purtroppo foraggiato da un traffico di armi molto spesso indisturbato”.
La Chiesa, ha proseguito, considera che “la corsa agli armamenti è una delle piaghe più gravi dell’umanità e danneggia in modo intollerabile i poveri”. La pace, ha detto ancora, “è violata anche dal traffico degli esseri umani, che è la nuova schiavitù del nostro tempo e che trasforma le persone in merce di scambio, privando le vittime di ogni dignità”. Francesco si è dunque soffermato su due sfide per l’Europa di oggi: la multipolarità e la trasversalità. L’Europa, ha detto, è oggi “multipolare” ed ha invitato a far sì che la globalizzazione sia poliedrica, ossia rispettosa della “particolarità di ciascuna delle parti”. Quindi, ha rivolto il pensiero alla trasversalità, alla necessità di un dialogo in tutti i campi:
“Nel mondo politico attuale dell’Europa risulta sterile il dialogo solamente interno agli organismi (politici, religiosi, culturali) della propria appartenenza. La storia oggi chiede la capacità di uscire per l’incontro dalle strutture che “contengono” la propria identità al fine di renderla più forte e più feconda nel confronto fraterno della trasversalità. Un’Europa che dialoghi solamente entro i gruppi chiusi di appartenenza rimane a metà strada; c’è bisogno dello spirito giovanile che accetti la sfida della trasversalità”.
Si è così soffermato su una corretta “relazione fra religione e società”. Nella visione cristiana, ha detto, “ragione e fede” sono chiamate a “illuminarsi reciprocamente sostenendosi a vicenda”. E così si potrà “far fronte a un fondamentalismo religioso che è soprattutto nemico di Dio”. Il Papa ha, quindi, sottolineato che ci sono numerosi temi su cui Chiesa cattolica e Consiglio d’Europa possono collaborare:
“Innanzitutto vi è, alla luce di quanto ho detto poc’anzi, l’ambito di una riflessione etica sui diritti umani, sui quali la vostra Organizzazione è spesso chiamata a riflettere. Penso, in modo particolare, ai temi legati alla tutela della vita umana, questioni delicate che necessitano di essere sottoposte a un esame attento, che tenga conto della verità di tutto l’essere umano, senza limitarsi a specifici ambiti medici, scientifici o giuridici”.
Ancora Francesco ha parlato del grave problema della disoccupazione giovanile – “una vera ipoteca per il futuro” – dell’accoglienza dei migranti ed ha auspicato “una nuova collaborazione sociale ed economica, libera da condizionamenti ideologici”. Dal Papa anche un incoraggiamento ai giovani impegnati in politica. Poi ha rivolto un pensiero ai “numerosi poveri che vivono in Europa”:
“Quanti ce ne sono nelle nostre strade! Essi chiedono non solo il pane per sostenersi, che è il più elementare dei diritti, ma anche di riscoprire il valore della propria vita, che la povertà tende a far dimenticare, e di ritrovare la dignità conferita dal lavoro”.
Si tratta, ha detto il Papa, di “compiere assieme una riflessione a tutto campo, affinché si instauri una sorta di nuova agorà, nella quale ogni istanza civile e religiosa possa liberamente confrontarsi con le altre”. Un’agorà “animata esclusivamente dal desiderio di verità e di edificare il bene comune”:
“Il mio augurio è che l’Europa, riscoprendo il suo patrimonio storico e la profondità delle sue radici, assumendo la sua viva multipolarità e il fenomeno della trasversalità dialogante, ritrovi quella giovinezza dello spirito che l’ha resa feconda e grande”.
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A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana
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