Esigenze e servizi militari avevano quasi svuotato i conventi della provincia cappuccina di Foggia. In quello di S. Giovanni Rotondo erano rimasti a vivere tre frati: il superiore padre Paolino da Casacalenda, Padre Pio da Pietrelcina malato di spagnola, fra Nicola da Roccabascerana cercatore. Giunse il 20 settembre 1918. Ancora quarantaquattro giorni e la grande guerra si sarebbe conclusa, ponendo fine a tanto spargimento di sangue.
La mattina di quel 20 settembre, il convento era più deserto del solito, addirittura svuotato: il superiore era a S. Marco in Lamis, per preparare la festa di S. Matteo apostolo; fra Nicola, il cercatore, era fuori per il suo giro con le bisacce. Restava solo Padre Pio, il quale, a messa finita, mentre i suoi collegiali stavano nel cortile per ricrearsi, sostava nel coro, solo, in preghiera. Poteva essere preghiera di suffragio per le vittime della guerra e della spagnola.
Poteva essere offerta di vittima per la fine dell’una e dell’altra. Lo lasciano supporre la sua sensibilità alle sofferenze umane e la sua disponibilità generosa a pagare lui per altri.La chiesa deserta, in quel paesaggio montano già deserto, conciliava maggiore intensità alla preghiera. Il Padre, inginocchiato nel coro sopraelevato alla porta d’ingresso della chiesa, occupava il posto riservato al vice superiore, lo stallo verso il centro, a sinistra, in terza e ultima fila. Aveva dinanzi a sé un crocifisso, issato sulla balaustrata del coro ristretto, dal quale si vede la cappella maggiore del presbiterio.
L’ignoto scultore del ’600, poco badando alle proporzioni anatomiche, riuscì a dare al Cristo morente un’espressione dolorosa, benché cruda. L’accentuata colorazione del sangue, che cola dalle numerose ferite, impressiona chi l’osserva. Il Cristo, dagli occhi aperti, appare dolorante, tormentato,
con il corpo in movimento nel tentativo di cercare una posizione meno dolorosa.
Al sangue spremuto dalla grande guerra, al pianto di chi muore e di chi sopravvive alla spagnola, al sangue grondante da questo crocifisso di legno s’aggiunse altro sangue: sangue vivo, sangue caldo. Nessuno fu spettatore del fatto. Padre Pio era solo. È solo lui che può dire.
Lo disse, con rigore documentario di cronaca, a padre Benedetto, suo direttore spirituale, a distanza di trentadue giorni, con lettera del 22 ottobre 1918, perché da lui richiesto di dire «per filo e per segno tutto e per santa obbedienza».
«Era la mattina del 20 dello scorso mese in coro, dopo la celebrazione della santa messa, allorché venni sorpreso dal riposo, simile ad un dolce sonno. Tutti i sensi interni ed esterni, non che le stesse facoltà dell’anima si trovarono in una quiete indescrivibile. In tutto questo vi fu totale silenzio intorno a me e dentro di me; vi subentrò subito una gran pace ed abbandono alla completa privazione del tutto e una posa nella stessa rovina. Tutto questo avvenne in un baleno». ... «E mentre tutto questo si andava operando, mi vidi dinanzi un misterioso personaggio, simile a quello visto la sera del 5 agosto, che differenziava in questo solamente che aveva le mani ed i piedi ed il costato che grondava sangue». …«La sua vista mi atterrisce; ciò che sentivo in quell’istante in me non saprei dirvelo. Mi sentivo morire e sarei morto se il Signore non fosse intervenuto a sostenere il cuore, il quale me lo sentivo sbalzare dal petto».
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L’informatore prosegue a descrivere gli effetti della dolorosa visione: «La vista del personaggio si ritira ed io mi avvidi che mani, piedi e costato erano traforati e grondavano sangue. Immaginate lo strazio che esperimentai allora».
Tutto si svolse dalle ore 9 alle 10. Poco dopo il fatto, richiesto dal compaesano don Giuseppe Orlando, lo stimmatizzato narrò: «Ero nel coro a farmi il ringraziamento della messa e mi sentii pian piano elevarmi ad una soavità sempre crescente che mi faceva godere nel pregare, anzi più pregavo e più questo godimento aumentava. Ad un tratto una grande luce colpì i miei occhi ed in mezzo a tanta luce mi apparve il Cristo piagato. Nulla mi disse, scomparve. Quando mi rinvenni, mi trovai a terra piagato. Le mani, i piedi, il cuore sanguinavano e doloravano da farmi perdere ogni forza per alzarmi. Carponi mi trascinai dal coro alla cella, attraversando tutto il lungo corridoio. I padri erano tutti fuori del convento, mi misi a letto e pregai per rivedere Gesù, ma poi rientrai in me stesso, rimirai le piaghe e piansi,sciogliendo inni di ringraziamento e di preghiere».
Fonte: TeleRadio PadrePio
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