Il Giubileo della curia è il giubileo, non è il Giubileo della corte del Papa. Se ci credi, se credi in Dio, il Giubileo è per i peccatori. Un cardinale, un vescovo, un Papa sono peccatori come gli altri, e se pregano, pregano come gli altri: se passano la Porta Santa la passano come passiamo noi, noi peccatori, noi popolo di Dio, noi peccatori in cerca di misericordia. Il Pastore è Gesù non è il Papa e attraverso la Porta Santa si passa solo da pecore in cerca del proprio pastore.
Ora ci sarà qualcuno pronto a dire che i fan del papa osannano ogni “respiro” che fa e a condannarli perché non è proprio il caso di applaudire l’ennesima sceneggiata del Papa, ma non m’importa perché, dico io, non si tratta di “respiri” ma di segni e i segni, come i sacramenti, parlano dello spirito: l’acqua, l’olio, i corpi significano quello che esprimono perché ungono, bagnano e uniscono. Il Papa che sta in fila lascia il segno che la Porta Santa non è un arco di trionfo in cui si entra a partire dal generale conquistatore vittorioso fino all’ultimo della foresteria. Che la Porta Santa è una porta che sta a dire a chi entra, che se è lì, se entra, è perché è peccatore e ha bisogno di uscire pronto per la misericordia di Dio.
Non si va attraverso la Porta Santa, a regnare e a essere incoronati di alloro e a presentare le spoglie del bottino conquistato. Si va da poveri, a servire, e a contemplare la corona di spine di chi ha pagato lui per il nostro perdono e la nostra salvezza. Nessun bottino a riempirci le tasche ma solo misericordia a colmare i vuoti scavati dal peccato. E, se sei Papa, davanti a Dio sei un peccatore come gli altri, né più né meno, e la misura della misericordia è senza misura anche per te, quindi stai in fila con gli altri per fare il giubileo come tutti quelli che lo fanno. Bergoglio non ha fatto un gesto contro la Curia e i cardinali, ha pregato. Ha detto sono peccatore, pecora: così come quando mi confesso mi metto in ginocchio come tutti, quando passo la Porta Santa lo faccio come tutti. Da pecora.
Di Don Mauro Leonardi
Articolo tratto da L’Huffington
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