Mi permetto di scrivere questa piccola riflessione, a nome anche dell’Associazione Nazionale Papaboys, sul suicidio di un ragazzino 14enne di Roma. Si è ucciso perchè omosessuale, discriminato da tutti, e non compreso dalla famiglia. Spero che questa riflessione possa servire a portare una fiammella di luce nell’oscurità dei cuori di molti.
Morire a 14 anni gettandosi dal terrazzo in strada è un dolore che ci interroga, deve chiamarci a riflettere. E non tanto nella vicinanza ad una famiglia distrutta, che solamente la preghiera e la speranza cristiana potrà far nuovamente vivere, ma soprattutto nell’amarezza per la solitudine e lo stato d’animo di un giovane che si sente discriminato, sbeffeggiato ed emarginato dai suoi amici perché omosessuale e decide di farla finita. Questo non è solamente il vuoto che ha vissuto questo ragazzino, questo è l’apice del grido di dolore che una intera generazione vive, talvolta nel silenzio (che incancrenisce l’anima e la fa esplodere dall’interno), talvolta negli episodi che sfociano in droga, baby gang, ed eccessi vari.
Il mondo politico non ha perso l’occasione di “speculare” su una morte ed invoca a gran voce una nuova legge sull’omofobia, ma non sarà quella legge a restituire la vita a chi ha purtroppo deciso di togliersela, e neanche a curare una generazione che cresce, colpita da vari dolori. Uno di questi, è la discriminazione di identità. Dobbiamo imparare a riflettere da questo gesto e soprattutto dare possibilità di pace ad una famiglia e di ricordo ad un poco più che bambino. Come?
Riteniamo – da sempre – che l’ascolto delle nuove generazioni sia l’unica strada possibile, andare incontro a queste grandi questioni che oggi si fanno sempre più difficili nella mente e nei cuori dei teenagers. Ascoltare non è l’unica cosa da fare; dobbiamo anche rimboccarci le maniche per restituire funzione sociale ai luoghi nel quali la futura gioventù di un paese si può formare. Ecco perché il primo luogo che ci torna in mente è l’oratorio. Oggi l’oratorio sembra non andare più di moda, ma la Chiesa deve fare la sua parte per tornare ad investire energie e risorse (anche economiche ndr) sul futuro della gioventù. In secondo luogo, non possiamo far mancare alla generazione che cresce la nostra testimonianza di adulti. I giovani sempre imitano gli esempi adulti che hanno di fronte. Se Platinette è tutti i giorni sui media, avremo una generazione di omosessuali e travestiti. Se sui media ogni giorno raccontiamo le storie sessuali di giovanissime che si vendono al politico di turno per far carriera in tv, avremo una generazione di escort. Se invece torneremo a parlare di Don Bosco, Don Orione, Domenico Savio e Giovanni Paolo II, forse riusciremo a ricostruire una generazione di … santi!
Ogni giovane, anche a 14 anni, è chiamato alla santità, non al suicidio, e nel dolore di questo ragazzino che si getta dal balcone, c’è tutto il prezzo che la nostra generazione di adulti sta facendo pagare alla gioventù: vergogna inaudita! Dedicherò in queste ore un lungo tempo di preghiera per questo giovane perché il suo grido possa essere innanzitutto ascoltato da Dio Padre, e perché l’uomo – che per primo lo abbraccerà adesso – sia Gesù Cristo. Nella lettera che ha lasciato alla famiglia, il giovane ha scritto “il mio dramma”. Per molti, probabilmente per troppi, essere omosessuali non è solo discriminazione, ma è un dramma. Un dramma psicologico, sociale ed anche morale. Pace alla tua anima fratellino, alla tua famiglia e pace anche nella società. Riposa in pace da adesso, e conosci l’Amore del Dio misericordioso, che non ti lascerà mai più da solo. Perché nel grande dolore, hai pensato che gettarti nel vuoto ti riempisse il cuore. Ma solo Dio ti potrà concedere adesso questo Amore. Di un uomo. Morto come te. Che ti porterà verso la Risurrezione.
Daniele Venturi
Presidente Associazione Papaboys
Concordo con il fatto che serve coraggio, per ritornare a parlare ai ragazzi, ma anche agli adulti, di speranza, della bellezza della vita, di ideali raggiungibili e principi che possono riempire di senso al nostra vita.
Hai ragione nel dire che come cristiani, in particolare, dobbiamo interrogarci a fondo sul perchè le nostre comunità invece di essere luoghi caldi di accoglienza e ascolto alla fine rischiamo di essere freddi e escludenti nei riguardi proprio delle persone più deboli. E’ il vangelo di oggi, che ricorda della pecorella smarrita e del fatto che volontà del Padre è che nessuno di questi piccoli, indifesi, vada perduto!
Permettimi solo di ricordare che l’omosessualità diventa un dramma proprio per il rifiuto e la non accettazione. Anche la chiesa nel suo catechismo riconosce che omosessuali non si diventa ma è una tendenza profondamente radicata e non modificabile. Per questo non direi che se la tv mostrasse Platinette tutti i giorni avremmo una società di soli omosessuali (tant’è che anche in società dove l’omosessualità è accolta non aumento il numero di omosessuali che pare stare entro la percentuale tra il 4-10%).
Ascoltiamo le storie e i racconti di chi vive questa realtà, superiamo i pregiudizi e incontriamo le persone. A questo ci invita tutti i giorni la Parola, sulle orme del Maestro che ci mostra la volontà del Padre.
Anche io prego per te, con le parole di Giovanni XXIII:
Dio, aprigli gli occhi, e se non puoi, chiudiglieli.
Grazie per la riflessione, non condivido tutto ma capisco il senso della preghiera. E’ nella preghiera che dobbiamo trovarci e far trovare pace e riposo in Cristo a questo piccolino ed alla sua famiglia. Buon lavoro ai papaboys
Perché l’omosessualità o la transessualità in televisione sarebbero sbagliate? Non è giusto che ciascuno scelga liberamente, senza condizionamento alcuno?
Condivido appieno quanto scritto da Giovanni, in un certo senso, mi ha levato le parole di bocca!