Un sogno di San Giovanni Bosco: Maria in aiuto contro i demoni…
Nell’aprile del 1878 Don Bosco, di ritorno da uno dei suoi consueti viaggi trionfali in Francia, veniva sorpreso da malattia a Sam pierdarena. In una di quelle notti febbrili, la notte del venerdì santo, ebbe questo sogno.
«Mi parve di trovarmi in una famiglia, i cui membri avevano deciso di mettere a morte un gatto. In quella casa regnava una grande confusione. Io stavo appoggiato a un bastoncello osservando, quand’ecco comparire un gatto nerastro con i peli irti, che corre va verso di me. Dietro a lui due grossi cagnacci lo inseguivano e sembrava che presto l’avrebbero raggiunto. Io, vedendo passare poco lungi da me quel gatto, lo chiamai. Esso parve esitare alquanto, ma avendo io replicato l’invito alzando un poco i lembi della mia veste, corse ad appiattarsi vicino ai miei piedi.
Quei due cagnacci si fermarono di fronte a me ringhiando cupamente.
— Via di qua — dissi loro —, lasciate in pace questo povero gatto. Allora, con mia grande meraviglia, quei cagnacci apersero la bocca e, snodando la lingua, presero a parlare in forma umana:
— No, mai, dobbiamo ubbidire al nostro padrone, e abbiano ordine di uccidere questo gatto.
— E con qual diritto?
— Esso si è dato volontariamente al suo servizio. Il padrone può disporre della vita del suo schiavo. Quindi noi abbiamo l’ordine di ucciderlo, e l’uccideremo.
— Il padrone — risposi — ha diritto sulle opere del servo, non sulla vita; e io non permetterò mai che questo gatto venga ucciso.
— Non lo permetterai? Tu?!
— Olà! — io gridavo —. Fermi! Indietro!
Ma essi ora si avventavano, ora indietreggiavano e la lotta si prolungò per molto tempo, in modo che io ero affranto dalla stanchezza. Avendo i cani lasciato un momento di tregua, volli osservare quel povero gatto che era sempre ai miei piedi; ma con stupore me lo vidi tramutato in un agnellino. Mentre pensavo a quel fenomeno, mi rivolgo ai due cani. Essi pure avevano cambiato forma: apparivano due orsi feroci; poi, cambiando sempre aspetto, apparivano prima tigri, poi leoni, quindi scimmioni spaventosi e prendevano altre forme sempre più orribili. Finalmente presero la figura di due orrendi demoni.
— Lucifero è il nostro padrone — urlavano —; colui che tu proteggi si è dato a lui, quindi dobbiamo trascinano a lui togliendogli la vita.
Mi volsi all’agnello, ma più non lo vidi; al suo posto c’era un povero giovanetto che, fuori di sé per lo spavento, andava ripetendo supplichevole:
— Don Bosco, mi salvi! Don Bosco, mi salvi!
— Non aver paura — gli dissi —; hai proprio volontà di farti buono?
— Sì, sì, Don Bosco! Ma come ho da fare per salvarmi?
— Non temere: inginocchiati, prendi tra le mani la medaglia della Madonna. Su, prega con me.
E il giovanetto si inginocchiò. I demoni avrebbero voluto appressarsi; io stavo in guardia col bastone alzato, quando Enria [ fermiere che lo vegliava], vedendomi così agitato, mi svegliò e mi impedì così di vedere la fine di quell’avvenimento.
Il giovanetto era uno di quelli da me conosciuti».
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