E’ l’obiettivo del custode francescano di Terra Santa, padre Francesco Patton, che ha accompagnato nella visita del sito di Qasr Al-Yahud, sulla riva occidentale del fiume Giordano, il cardinale Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali. Riempito di mine durante la guerra del 1967, il terreno che circonda il piccolo convento è stato da poco bonificato
Alessandro Di Bussolo / Silvonei Protz – Città del Vaticano
“Vorremmo accogliere qui i pellegrini per la celebrazione della festa del Battesimo di Gesù, il prossimo gennaio. Così quello che per quasi 50 anni è stato un campo minato, diventerà un campo di pace, di preghiera, di ritrovo dei pellegrini”. E’ un sogno che si realizza, quello che padre Francesco Patton,
custode francescano di Terra Santa, racconta durante la visita del sito di Qasr Al-Yahud, (in arabo “Il castello degli Ebrei”) con il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, in occasione delle celebrazioni per gli 800 anni dell’incontro tra san Francesco e il sultano d’Egitto Al-Kamil.
Qui, sulla riva occidentale del fiume Giordano, nei Territori Palestinesi ora occupati dallo stato d’Israele, si fa memoria del Battesimo di Gesù, e nel 1950 sono state scoperte le rovine di una cappella del IX secolo. All’interno del sito si trova il piccolo convento francescano, circondato dal 1967, durante la Guerra dei sei giorni, da un campo minato che è stato bonificato solo negli ultimi anni. Il cardinal Sandri e il custode padre Patton lo visitano con il nunzio apostolico in Israele e Palestina monsignor Leopoldo Girelli e una delegazione di frati francescani. A fare da guida padre Eugenio Alliata, archeologo dello Studium Biblicum Franciscanum e direttore del Terra Sancta Museum. Dopo la visita al convento e alla chiesa della Custodia di Terra Santa, il cardinale ha guidato un breve momento di preghiera concluso sulla riva del Giordano, presenti anche alcuni funzionari israeliani e alcuni soldati dell’esercito.
Per padre Patton tornare a celebrare la Messa in questo luogo significa ristabilire il filo della tradizione. “In questi anni –sottolinea – abbiamo sempre festeggiato in un altro luogo sulle rive del fiume Giordano. Chiaramente per noi sarà molto significativo poter tornare dove tradizionalmente i francescani accoglievano i pellegrini. Il recupero di questo Santuario sarà un ulteriore passo a compimento della missione che la Chiesa ci ha affidato. Missione non solo di custodire i santuari, ma anche di recuperarli, di restaurarli e renderli accessibili”.
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