Oggi la Chiesa propone il Vangelo della trasfigurazione di Gesù sul monte Tabor. E’ la festa di questo momento irripetibile dell’umanità.
Questo brano mi fa sempre commuovere, perché ripenso a quello che dicevo a Filippo sul corpo trasfigurato che noi tutti avremo nei nuovi cieli e una terra nuova che ci promette il Signore (2 Pt 3,13).
Filippo mi chiedeva se lui sarebbe stato bello, e io gli rispondevo che sarebbe stato il più bello di tutti e che (anche se mia madre non è d’accordo), non avrebbe più avuto le cicatrici delle operazioni, sul petto e sul collo, e i segni dei tanti prelievi di midollo che costellavano la sua schiena. Gli dicevo che il suo collo, già lungo, sarebbe stato ancora più lungo (avere il collo lungo era una delle sue ossessioni, un segno distintivo di bellezza, non so dove l’avesse visto ma anche nei suoi disegni i personaggi -umani e animali- avevano sempre dei colli spropositati) e avrebbe sprigionato una luce bellissima. Sarebbe stato impossibile non riconoscerlo.
Quanto a me sono certa che, se mi vorranno in paradiso, quando ci andrò avrò le sembianze che avevo nell’estate del 2014, l’estate dei miei 40 anni, l’ultima estate di Filippo, perché ero così felice che di più non lo sarò mai: avevo tutti e tre i miei figli con me, e con Stefano e i miei genitori abbiamo passato dieci stupendi giorni in montagna, facevamo passeggiate, disegnavamo spirograph e mangiavamo dolci. Era già un po’ di paradiso.
E quando penso a tutto questo sono grata a Gesù che ci ha insegnato come saremo, trasfigurando sé stesso davanti ai suoi amici più cari (un altro dei motivi che mi fa amare questo brano è la predilezione di Gesù per alcuni degli apostoli, perché sono sempre stata convinta che i rapporti privilegiati siano quelli che danno di più, e non è vero che bisogna essere amici di tutti allo stesso modo), per far dare loro una sbirciatina a quello che sarà il paradiso, un’occhiata al dritto del ricamo, un assaggio di perfezione ed eternità.
E questo assaggio di perfezione mi è capitato di sperimentarlo osservando sacerdoti giovani e belli che impartiscono i sacramenti (e se è vero che “la bellezza salverà il mondo”, sono proprio fortunata, perché ne conosco tanti!).
E’ una prova quasi tangibile della presenza dello Spirito Santo, che realmente trasfigura i volti di questi ragazzi e li rende ancora più belli di quello che sono, più luminosi, nel momento in cui, attraverso le loro mani, passa per consacrare il pane e il vino, per battezzare un bambino, per dare un’assoluzione.
Tutti dovrebbero farci caso, nella penombra di un confessionale, dove la vicinanza permette di accorgersi del cambiamento anche a chi, come me, non vede bene da lontano, malgrado l’immagine talvolta sia resa sfocata da grosse lacrime che difficilmente trattengo, due sono i miracoli che avvengono: il perdono e una particolare e transitoria trasfigurazione del mezzo attraverso cui questo perdono viene reso possibile, che per un attimo si illumina di luce non propria, ma che rende solida qualsiasi speranza e qualsiasi attesa, che ridesta quella nostalgia di infinito e di eterno che ci portiamo dentro e mi fa capire che è una nostalgia buona, una professione di fede in quello che sarà.
Nel quarto mistero della luce si contempla proprio la trasfigurazione di Gesù e quando lo prego non posso fare a meno di pensare a tutti questi ragazzi, giovani sacerdoti, che sono stati e sono così importanti nel mio stentato cammino di fede, che con una frase detta in una celebrazione o scritta su carta, un messaggio Whatsapp, una mail o un’ammonizione mi stanno aiutando a non andare completamente allo sbando, e il mio quarto mistero della luce è sempre dedicato a loro, e a tutti quelli che come loro si rendono riflesso dell’amore di Dio.
Credo che ci sia tanto bisogno di pregare per loro, e sollecito tutti a farlo con insistenza, con gratitudine, con tenerezza, incessantemente.
Fonte it.aleteia.org
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