Categorie: Corpus et Salus

Una sterilità fisica può trasformarsi in grazia e fecondità spirituale?

Siamo Titti e Danilo e ci siamo sposati il 13 maggio 2011, dopo ben 11 anni di fidanzamento. Vogliamo qui raccontare una storia di sterilità e fecondità, anche se ad oggi il Signore non ci ha ancora fatto dono di un figlio. Vi sembrerà strano che parli di fecondità una coppia che non ha figli, ma possiamo testimoniare come la presenza di Dio nella nostra vita abbia trasformato campi aridi in campi fertili.

Una prima presenza straordinaria per noi è stata quella di p. Fabrizio Migliasso, il compianto custode della Porziuncola, che ci ha accompagnato come guida spirituale a partire dal corso Agape, al quale abbiamo partecipato un paio di mesi prima del giorno del matrimonio, fino al giorno della sua nascita in cielo e che ha rappresentato la prova concreta e viva della benedizione di Dio sul nostro sacramento.

Per meglio far comprendere la nostra storia e per presentarci, riteniamo necessario richiamare due icone: una biblica e una figurata.

La prima, che abbiamo letto nel giorno del nostro matrimonio, è tratta dall’Apocalisse: «Vidi poi un nuovo cielo e una nuova terra, perché il cielo e la terra di prima erano scomparsi e il mare non c’era più. Vidi anche la città santa, la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. Udii allora una voce potente che usciva dal trono: “Ecco la dimora di Dio con gli uomini! Egli dimorerà tra di loro ed essi saranno suo popolo ed egli sarà “Dio-con-loro”. E tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate”. E Colui che sedeva sul trono disse: “Ecco, io faccio nuove tutte le cose”; e soggiunse: “Scrivi, perché queste parole sono certe e veraci”».

La seconda, invece, raffigura Maria e Giuseppe in viaggio verso Betlemme per il censimento: l’abbiamo data agli invitati nel giorno delle nozze come ricordo del matrimonio.

Il nostro viaggio, metaforico e fisico (ci siamo trasferiti da Barletta, la nostra città d’origine, a Roma per esigenze lavorative), successivo alle nozze non è stato semplice. Tutte le nostre idee, i nostri progetti, i nostri schemi sulla vita matrimoniale si sono scontrati con non pochi iniziali problemi: un’entrata economica non si è realizzata e abbiamo faticato non poco a gestire le prime spese (acquisto dei mobili in primis). Ciò si affiancava anche alla difficoltà di Titti nel trovare un’occupazione che garantisse un secondo reddito alle fragili finanze familiari. Il quadro era reso ancora più difficoltoso dal rigido inverno del 2011: le strade innevate rendevano problematico raggiungere Assisi per raccogliere il conforto di padre Fabrizio. Pian piano la sfiducia aumentava e creava un solco tra di noi: Titti trascorreva le sue giornate cercando di organizzare un ambiente domestico dove mancavano i mobili e che assomigliava più a un magazzino che a una casa vivibile; mentre Danilo non si accorgeva del profondo disagio vissuto da sua moglie. Cominciava a delinearsi un quadro di grande stanchezza e sterilità, dove l’amore era soffocato dal peso delle preoccupazioni e dei timori per l’avvenire.

Come naufraghi, l’unica via di salvezza era cercare acqua e cibo nel luogo in cui ci trovavamo: il nostro matrimonio. Abbiamo, così, scavato con le mani della preghiera, inizialmente da soli, poi insieme. La situazione economica non è cambiata, ma sono cambiati i nostri cuori nutriti dall’azione della preghiera che li apriva a ricevere l’Amore; in tal modo i nostri occhi hanno cominciato pian piano a scorgere le difficoltà e le fatiche dell’altro con uno sguardo di tenerezza e di comprensione. La preghiera ci ha fatto capire chiaramente che gli ostacoli più grandi erano in noi; erano le nostre paure. Ci ha anche mostrato in modo chiaro la presenza di Dio, vera e viva nella nostra vita, attraverso non solo la figura meravigliosa di p. Fabrizio, ma anche di due fratelli (Donato e Francesca Leopaldi) che mai ci hanno fatto mancare il loro sostegno e il loro amore.

La preghiera aveva irrigato quell’aridità, quel deserto fatto di timori e lo aveva trasformato in un terreno fertile, facendoci comprendere appieno che il primo atto fecondativo cui è chiamato ciascun coniuge consiste nell’amare il proprio sposo, nel rendersi canale per la Grazia per arrivare al cuore dell’altro, fecondandolo dell’Amore di Dio. Pian piano con l’aiuto della Provvidenza, che mai dimentica i propri figli, abbiamo anche superato le difficoltà economiche.

In tutto ciò, tuttavia, il mancato concepimento di un figlio, inizialmente benedetto (anche se mai abbiamo fatto ricorso a metodi contraccettivi), stante l’oggettiva difficoltà di far fronte alle spese che la crescita di un bambino inevitabilmente comporta, cominciava a essere avvertito negativamente e si traduceva in una frustrazione tutte le volte in cui coppie di amici, con cui avevamo compiuto un cammino di fede e di preparazione al sacramento, ci comunicavamo di “essere in dolce attesa”. Questo ha rappresentato un nuovo periodo di prova per noi, ma, forti della precedente esperienza, abbiamo capito innanzitutto che da soli non ce l’avremmo fatta: ancora una volta ci siamo affidati alla preghiera, ma non per ottenere la “grazia del concepimento”, ma per capire come agire per il meglio. La preghiera ha illuminato i nostri cuori facendo nascere soprattutto in Danilo, che si era accorto della profonda difficoltà che attanagliava il cuore di Titti in questa situazione, non la domanda: «Dio mio, perché non ci doni dei figli?», ma «Padre mio, come posso aiutare la mia sposa, in questa prova?». Ci siamo poi accorti, a distanza di tempo, che ognuno di noi, in vari momenti, non ha voluto effettuare pressioni affinché l’altro eseguisse test di fertilità perché vedeva il proprio sposo/la propria sposa non pronto a una risposta negativa: un figlio non può essere a tutti i costi e soprattutto non può essere pagato con la moneta della frustrazione e delle difficoltà della persona che dinanzi al Signore si è promesso di amare sempre.

Queste difficoltà e timori, come successo in precedenza, sono stati superati, anche grazie all’accompagnamento in un consultorio familiare in Roma, come suggeritoci.

Siamo stati successivamente chiamati a una nuova, grande prova. Padre Fabrizio, la nostra guida spirituale, nell’aprile del 2014, dopo diversi mesi di malattia, è ritornato alla casa del Padre. Un nuovo periodo di sterilità, incredulità, disorientamento poteva profilarsi all’orizzonte. Anche in questa circostanza, tuttavia, abbiamo attinto forza della preghiera e dalla Parola che ogni giorno ci veniva donata e che meglio ci ha fatto comprendere quegli avvenimenti: “Li amò fino alla fine” (Gv 13, 1); “Resta con noi perché si fa sera” (Lc 24, 29), poi “Non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato” (At 4, 20) e “Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi” (Gv 20, 21).

Abbiamo capito con chiarezza che, come gli apostoli, non potevamo restare nel cenacolo, chiusi e paralizzati nel nostro dolore, ma eravamo chiamati a dare testimonianza di ciò che avevamo vissuto e a donare ciò che gratuitamente avevamo ricevuto, perché anche noi, pur senza figli, siamo chiamati a fecondare il prossimo con l’Amore di Dio, comprendendo appieno, così, quei primi passi della Bibbia: «E la terra produsse (…) ciascuno (…) secondo la propria specie» (Gn 1, 12).

Abbiamo così avviato a Roma degli incontri per famiglie che vogliono condividere lo spirito francescano della condivisione e della semplicità e per i quali abbiamo ricevuto la benedizione di p. Fabrizio nell’ultimo colloquio del 6 aprile, e che abbiamo voluto chiamare utilizzando le sue inziali “Fa.Miglia in cammino”.

Nel frattempo il Papà dei cieli, che mai ci lascia soli, ha posto accanto a noi un’altra guida, ci ha fatto un nuovo grande dono, il caro p. Marco Vianelli, che con tenerezza e affetto ci sta accompagnando in questo nuovo tratto di strada lungo le Sue vie.

In questi tre anni abbiamo compreso che la casa cui aspiravamo non era quell’appartamento a Roma fatto di muri, mobili, elettrodomestici, etc… non era quella la casa di cui il nostro cuore aveva bisogno. Quella casa erano Titti e Danilo, quel Noi sempre alla presenza del Signore, per essere in ogni luogo la tenda di Dio in mezzo agli uomini… che Lo custodisca e Lo comunichi agli altri e ci renda così fecondi.

Redazione Papaboys ( Rivista Porziuncola/di Tiziana Serino e Danilo Dimatteo)

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