E’ una Turchia ripiegata su se stessa quella che attende papa Francesco fra due giorni. La sobrietà con cui i giornali descrivono la visita del papa argentino fa a pugni con l’attesa e il clamore che avevano preceduto la venuta di Benedetto XVI nel 2006.
Sono passati ben otto anni, eppure sono ancora ben impressi nella mente le forti tensioni di allora. Da mesi su tutti i mass media si parlava di questo viaggio papale in Turchia, e, soprattutto dopo il discorso del pontefice tedesco a Ratisbona, si polemizzava e calunniava la sua figura e la sua venuta in questa terra.
Solo il 10% dei turchi ne approvava la visita; il 38% era decisamente contrario; un altrettanto 38% si dimostrava indifferente; il 14% ha preferito non esprimersi. E i mass media ci sguazzarono nel gonfiare, criticare, dare un’immagine distorta e falsata di questo personaggio scomodo e invadente.
Sui giornali fu uno stillicidio continuo nello sminuire e disprezzare questo leader del mondo cristiano, ricordando che, ancora da cardinale, aveva emesso un giudizio “pesante” nei confronti di una Turchia che chiedeva di entrare in Europa.
Così la paura che potesse succedere qualcosa contro di lui, che non venisse accettato, che lui dicesse e faccesse cose che potessero scatenare un putiferio, aveva attanagliato tutti.
I radicali islamici del Partito della Felicità avevano promesso di radunare un milione di persone da tutta la Turchia. Avevano sparso volantini per tutta l’Anatolia convocando la popolazione a manifestare “contro una nuova alleanza dei crociati”, con una pubblicità a tutto campo perché “Il Papa non venga in Turchia!”. Erano “solo” diecimila, ma sono ancora davanti ai nostri occhi – purtroppo – le immagini di un Papa raffigurato con il corpo di un serpente e la lingua biforcuta, avvinghiato attorno al patriarca Bartolomeo I, altra serpe avvelenata, secondo questi manifestanti. Poi, con piccoli gesti, Benedetto XVI è riuscito a ribaltare l’atteggiamento prevenuto di ostilità ed è riuscito ad entrare nel cuore di tutti, anche nella grande metropoli della Sublime Porta.
Ora è ben altra Turchia quella che aspetta Francesco. Sui giornali poche righe asciutte riguardanti il programma della visita, qualche commento futile e molta curiosità su quali saranno gli argomenti di confronto tra il Presidente della Repubblica Tayip Erdogan e il papa argentino.
C’è molto meno scalpore perchè è una Turchia presa da tanti problemi interni, sociali ed economici, pressata ai confini da scontri e tensioni, e impegnata con un “invasione” senza confronto di rifugiati curdi, siriani e iracheni – soprattutto donne, anziani e bambini – che continuano ad attraversare il confine turco meridionale.
Ma è anche un’altra Turchia che guarda i due capi cristiani, il cattolico e l’ortodosso, soprattutto perchè i turchi hanno profonda simpatia per Francesco.
Della diaconia pubblica di Francesco sono rimasti molto ben impressionati anche i non cristiani. L’ethos di semplicità e di affetto nei confronti di ogni persona umana, soprattutto verso i sofferenti e i poveri, gli emarginati e gli esclusi; il desiderio di pace e la negazione di qualunque tipo di violenza e sopruso che contraddistinguono la predicazione e il modo di vivere del Papa, vanno incontro alle esigenze del tempo presente facilitando la vicinanza e la benevola propensione verso questa figura. Ora nell’istituzione papale i turchi non percepiscono nessun tratto di prepotenza e provano un atteggiamento di cordialità. Tutti si augurano che l’incontro che Francesco avrà con le autorità politiche e religiose il 28 novembre ad Ankara, porti frutti di giustizia e di pace e grazie a lui, nel segno del rispetto reciproco, si trovino soluzioni di cooperazione per il bene comune, soprattutto servendo i bisognosi, i poveri e i molti profughi che ora cercano rifugio in Turchia. Fonte: Asianews
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