Le Chiese del Meridione in prima fila nella custodia e nella valorizzazione. Felice Di Molfetta (Puglia): “L’attenzione alle povertà deve essere messa in luce con gesti significativi e concreti”. In Sicilia (diocesi di Palermo) si sottolinea che “occorre vigilare costantemente e lavorare intensamente… perché anche all’interno delle realtà ecclesiali possa essere percepita l’assoluta incompatibilità tra fede e mafia”
“La pietà popolare è un tesoro da custodire e valorizzare. Eventuali incrostazioni e deviazioni, se non rimosse, rischiano di minarne l’autenticità”. Sono le prime due conclusioni raccolte dal Sir su come le Conferenze episcopali del Meridione hanno affrontato o stanno affrontando la “pietà popolare” e, in modo particolare, uno dei suoi aspetti: le feste religiose. I recenti fatti di cronaca, con supposte commistioni tra fede e mafia, hanno infatti riproposto in tutta la sua attualità una questione ben presente nel “cuore” delle Chiese meridionali. L’obiettivo è condiviso: bisogna evangelizzare la pietà popolare. In che modo? E con quali azioni? Dopo la prima puntata, dedicata ai vescovi di Basilicata, Calabria e Campania, il “viaggio” del Sir prosegue in Puglia e Sicilia.
Puglia. La Conferenza episcopale pugliese, sottolinea monsignor Felice Di Molfetta, vescovo di Cerignola-Ascoli Satriano e delegato regionale per la liturgia, “è stata molto attenta al patrimonio immenso di fede e devozione qual è la pietà popolare, essendosi occupata con pronunciamenti normativi e pastorali già negli anni 1979 e 1998”. In questo, “ci siamo lasciati guidare dal principio teologico d’inserire la pietà popolare nella prospettiva di una nuova evangelizzazione”. Questa “istanza” è emersa in modo chiaro al 1° Convegno ecclesiale regionale, “Crescere insieme in Puglia” del 1993, ed è stata fatta propria da una specifica Nota pastorale, “Le nostre feste”. Circa la “natura” di queste, il vescovo nota che “recano il segno di un comune denominatore”, nonostante la diversità “per storia e geografia” delle Chiese di Puglia: “Si sente e si esprime la festa con i colori delle stagioni e con la manifestazione appassionata dei sentimenti religiosi evidenziando le radici socio-culturali ancestrali delle nostre popolazioni”. In “questa temperie” rientrano anche i pellegrinaggi, “essendo dal Nord al Sud terra di antiche postazioni santuariali: San Michele Arcangelo e San Giovanni Rotondo (Gargano), Incoronata (Foggia), San Nicola (Bari), Santi Medici (Bitonto), Madonna del Pozzo (Capurso), Santa Maria di Leuca (Leuca)”. Stesso discorso vale per i “Misteri” in cui “pietà ispirata al pathos e al folklore convivono”. Insomma, sintetizza il vescovo, “vanno recuperati i valori sottesi a queste pratiche della tradizione vivente della Chiesa perché non degenerino in turismo religioso e manifestazioni esterioristiche. Ciò esige formazione da inculcare da parte dei pastori”. In che modo? Anzitutto, dice Di Molfetta, “deve essere la Parola di Dio a orientare la pietà popolare in vista di una continua conversione della vita. Una festa che non dovesse nascere dal cuore rinnovato e dalla condivisione solidale con gli ultimi non sarà una festa. L’attenzione alle povertà deve essere messa in luce con gesti significativi e concreti”. È questo, conclude, “un modo esemplare per trasmettere i contenuti della fede”.
Sicilia. In Sicilia la questione “pietà popolare-feste religiose” è stata affrontata con diversi studi e approfondimenti, sfociati anche in iniziative particolari nelle singole diocesi. A Palermo, ad esempio, è attivo da diverso tempo il Centro diocesano delle Confraternite impegnato in questi ultimi anni ad “attualizzare Statuti e Regolamenti” perché “indichino con chiarezza le norme volte a garantire un autentico cammino di crescita nella fede e nella testimonianza cristiana”. L’obiettivo, spiega l’arcidiocesi, è “mettere a frutto la peculiare azione evangelizzatrice” della pietà popolare. In questo, evidenzia la Chiesa locale, “è sempre fonte d’ispirazione la luminosa testimonianza del Beato Pino Puglisi ‘coraggioso testimone della verità del Vangelo’. La sua, come quella di tanti altri presbiteri, è la conseguenza logica e teologica dell’aver preso sul serio l’evangelizzazione del territorio e la promozione umana dei suoi abitanti, attraverso un’azione pastorale incarnata nel vissuto concreto e quotidiano”. Sull’esempio di Puglisi, rimarca l’arcidiocesi, “occorre vigilare costantemente e lavorare intensamente mediante una sistematica opera evangelizzatrice nella formazione delle coscienze perché anche all’interno delle realtà ecclesiali possa essere percepita l’assoluta incompatibilità tra fede e mafia”. In modo particolare nelle diverse forme in cui si esprime la pietà popolare. Un monito, questo, valido non solo per la Sicilia, ma per tutto il Mezzogiorno.
La forza della pietà popolare. “È doveroso valorizzare la pietà popolare come insegna Papa Francesco nella Evangelii Gaudium”. Questa la convinzione emersa dalle varie voci raccolte nel Sud Italia. A conclusione di questo “excursus” vale la pena riproporre alcune parole che Papa Francesco dedica alla pietà popolare nella sua Esortazione apostolica: “Le espressioni della pietà popolare hanno molto da insegnarci e, per chi è in grado di leggerle, sono un luogo teologico a cui dobbiamo prestare attenzione, particolarmente nel momento in cui pensiamo alla nuova evangelizzazione” (n.126). Il messaggio e l’impegno sono chiari: non disperdere la “forza evangelizzatrice” della pietà popolare.
Di Vincenzo Corrado per Agensir