R. – Sì, è un problema grandissimo. I matrimoni precoci hanno una base culturale in quei Paesi dove le donne poi sono sicuramente esposte ad ogni tipo di violenza sia all’interno della famiglia che nella società. Il matrimonio precoce è un matrimonio che molto spesso non è destinato neanche a durare. Le bambine, una volta sposate, vengono poi abbandonate e sono preda di qualsiasi forma di violenza, anche sessuale. Con il parto subiscono tutta una serie di altri danni fisici che le porta ad avere delle invalidità permanenti! Queste ragazze si trovano praticamente in una condizione di schiavitù nei confronti dei loro mariti.
D. – Lei ha parlato di radici culturali, ma spesso è anche la necessità di non dover pensare ad una bocca in più, quando non c’è da mangiare …
R. – Quello che lei dice è la verità in tutte le situazioni di maggior disagio. A volte questo matrimonio comporta anche un aiuto concreto per la famiglia da parte dello sposo. Queste sono situazioni drammatiche, terribili. C’è la povertà alla base di queste situazioni in cui i diritti dei più deboli vengono calpestati. Questo caso è un esempio concreto di come sia possibile tradire dei diritti, non consentire ai bambini di godere dei loro diritti.
D. – E allora che cosa fare? Cosa fa l’Unicef per dare un futuro diverso a queste bambine e ragazze?
R. – L’Unicef è fortemente impegnata sotto l’aspetto culturale con le iniziative che continua a fare nei villaggi e nelle comunità rurali – perché poi è da quelle zone che si muove molto di questa situazione – dove cerchiamo di far capire come questo tipo di soluzione sia sbagliata. Ma quello che facciamo è, soprattutto, portare l’istruzione che per queste bambine è un vero salvavita, non soltanto per il matrimonio ma per tanti altri diritti non rispettati. L’unica possibilità di affrancarsi rispetto a queste situazioni è l’istruzione. Questo è un problema – dobbiamo dircelo con estrema sincerità – che non possiamo risolvere nel giro di un anno o due, c’è un processo lento da avviare e da consolidare. Abbiamo notato che i matrimoni precoci sono diminuiti in alcune zone dove l’Unicef è intervenuta: in Kenya, in Tanzania, in Repubblica Centrafricana, in Iraq, in Liberia … Tutti Paesi dove abbiamo fortemente puntato sul coinvolgimento delle comunità locali e sull’educazione.
D. – Il vostro direttore generale, Anthony Lake, sostiene: “Le ragazze non sono una proprietà ma hanno il diritto di poter determinare il proprio destino. Quando lo fanno tutti ne beneficiano”. Mi sembra che il punto di svolta sia qui …
R. – È proprio qui il punto. Prima parlavo dell’istruzione: noi abbiamo dimostrato che un anno di istruzione in più per le bambine determina una crescita del Pil di una qualsiasi di queste nazioni anche dello 0.8 o dell’1 percento! Cosa vuol dire questo? Esiste questa capacità da parte di soggetti che vivono nella comunità – che sono le bambine – che possono contribuire in maniera determinante alla crescita di questi Paesi. E noi dobbiamo farlo capire! Le donne hanno un ruolo importantissimo in queste comunità. Una donna istruita vuol dire molto: significa una crescita economica, bambini sani … É importante quindi puntare sull’istruzione ed è quello che l’Unicef fa.
A cura di Redazione Papaboys
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