Il vicepresidente della Camera è d’accordo con il ddl Cirinnà ma, dice, «non si farà mai perché la maggioranza è divisa». E chiede cautela sulle adozioni per le coppie omosessuali. Sullo ius soli: «Legge pericolosa perché crea corruzione». Conferma che nessuno dei big del M5S si candiderà alle prossime amministrative e chiude su Di Pietro candidato sindaco a Milano: «Fa politica da quando io avevo quattro anni»
Lui ovviamente non lo ammetterebbe neanche sotto tortura ma Luigi Di Maio, 29 anni, vice presidente della Camera, è il candidato in pectore per il Movimento 5 Stelle per conquistare Palazzo Chigi alle prossime elezioni politiche. Piace alla base e pure ai leader Grillo e Casaleggio. «Ma quale investitura», dice, «quella di Grillo era solo una battuta, anche se spesso non si capisce quando scherza o fa sul serio». Intanto dà battaglia in Parlamento contro il governo Renzi.
Mi dica tre motivi per cui gli italiani dovrebbero bocciare la riforma costituzionale approvata qualche giorno fa al Senato?
«Perché prevede l’immunità per i nuovi senatori. Se fosse stata in vigore questa settimana, ad esempio, avrebbe salvato dalla galera il vicepresidente della regione Lombardia Mantovani che è stato arrestato per reati di corruzione legati alla sanità. Chi fa affari su queste cose dovrebbe essere bandito dalla vita politica. Poi i senatori tra di loro si salvano sempre come dimostrano il caso Azzolini o Bilardi. Il ddl Boschi crea ancora più impunità rispetto ai cittadini normali. Secondo: è una riforma che farà perdere tempo perché qualsiasi legge si fa alla Camera il Senato può richiederla per quaranta giorni, modificarla ma la Camera può rigettarne le modifiche. Terzo: il Senato non viene abolito, resta in piedi e costa uguale perché i senatori che dovranno spostarsi dalle regioni a Roma lo faranno con maggiore frequenza rispetto ad ora e quindi i costi lieviteranno. Se avessero voluto risparmiare davvero avrebbero potuto dimezzare il numero dei deputati e dimezzare le indennità a quelli che restavano. È una presa in giro».
In ogni caso si chiude con il bicameralismo perfetto. Non è un bene?
«L’altro giorno ho visto approvare la legge Boccadutri che dà 45 milioni di euro ai partiti in sei ore di lavoro tra Camera e Senato. Smettiamola di dire che la colpa della situazione italiana è del bicameralismo perfetto che rallenta l’iter delle leggi. Quando si tratta di prendersi i soldi fanno in fretta».
Ma era un passaggio tecnico in vista dell’abolizione dei rimborsi.
«Fino al 2018 i partiti prenderanno il finanziamento pubblico, poi cambierà nome e si chiamerà 2 per mille. Ogni euro che viene destinato con il 2 per mille ai partiti è un euro sottratto a strade, scuole, sanità perché sono soldi della fiscalità generale che invece di andare allo Stato vanno ad un ente di diritto privato come i partiti. Renzi e Letta ci avevano detto che il finanziamento pubblico era stato abolito. Non è vero».
Come dovrebbero mantenersi i partiti?
«Come facciamo noi. Il Movimento 5 Stelle si finanzia con le donazioni dei cittadini che credono in noi. Nella campagna elettorale del 2013 abbiamo raccolto 700 mila euro di finanziamenti con micro donazioni di 20-30 euro. Ne abbiamo utilizzati 400 mila e con il resto abbiamo costruito una palestra nelle zona terremotate vicino Modena. Noi non ci finanziamo con i soldi di grandi industriali e lobby. La verità è che i partiti hanno perso i loro militanti e ora si reggono con i soldi pubblici».
Parliamo di unioni civili. Voterete il testo del ddl Cirinnà bis come è stato presentato in Senato?
«Sì, sono d’accordo con questo impianto perché si tratta di unioni civili, il matrimonio non c’entra nulla. Permettono alle persone di unirsi o poter avere la reversibilità della pensione, che ha un costo ridicolo rispetto ai soldi che si sprecano».
È d’accordo anche con la stepchild adoption, la possibilità che il genitore non biologico adotti il figlio, naturale o adottivo, del partner?
«Sì, se uno dei due ha un figlio da un’altra relazione è giusto così. Il problema è quando si apre all’adozione tout court da parte delle coppie omosessuali, su questo bisogna andare con i piedi di piombo».
Ma non c’è il rischio di legittimare l’utero in affitto?
«Non si può punire una coppia di italiani che va a fare la maternità surrogata in Spagna o in Canada dove queste pratiche sono legali e consentite. Però mi sembra una discussione sterile: tanto le unioni civili non si faranno».
Perché? Renzi sembra molto determinato.
«È una bandiera che il governo agita ogni tanto per tenersi buone le associazioni gay che vanno a fare pressione. Noi al Senato abbiamo dato un ultimatum al governo per portare il testo in Aula però la maggioranza la pensa diversamente su ogni cosa. Alfano usa le unioni civili per tirare la corda dalla sua parte e Renzi dall’altra. Non c’è nessuna intenzione di votarlo, la porteranno alle calende greche».
Sul reddito di cittadinanza perché il governo non si impegna? Eppure il fronte che lo chiede è molto ampio: ci siete voi, tante associazioni no profit.
«Ho lanciato diversi appelli a Renzi per inserirlo nella Legge di Stabilità ma non c’è traccia. L’avremmo votata subito. Hanno stanziato qualche centinaia di migliaia di euro per le famiglie povere che è una misura assistenzialista. Il reddito di cittadinanza è un mezzo per inserire nel mondo di lavoro persone disoccupate o aiutare chi un lavoro ce l’ha e non ce la fa comunque ad arrivare alla fine del mese».
Dove li prendereste i soldi?
«Tagliando vitalizi e sprechi, aumentando le tasse sui concessionari del gioco d’azzardo e si quelli autostradali che oggi pagano una miseria nonostante i pedaggi salati che paghiamo ai caselli».
Diciamo la verità: ma non c’è il rischio che il reddito di cittadinanza soprattutto in certe zone del Paese scoraggi la ricerca di lavoro?
«No, al contrario, è una misura economica che fa crescere il Pil. L’altro giorno ho incontrato il rappresentante dell’ambasciata francese che mi diceva che in Francia grazie a questa misura la recessione è durata tre mesi mentre da noi è durata oltre tre anni. Se tu metti i soldi in tasca alle persone la domanda interna non si ferma».
Se dovesse scegliere tra unioni civili e reddito di cittadinanza qual è la priorità?
«Il reddito di cittadinanza, non c’è dubbio».
Togliere la tassa sulla prima casa è sbagliato?
«Dipende dove prendi i fondi per finanziarla. Se Renzi l’avesse proposta tagliando gli enti inutili e i vitalizi dei politici l’avrei votata subito. Questa del premier è una trovata elettorale perché taglia sulla Sanità e fa deficit. L’anno prossimo saremo punto e daccapo e avremo alle costole l’Europa che ci chiede di non sforare».
Qual è stata la cosa decisiva che ha fatto cadere Marino?
«In realtà, lui doveva dimettersi quando scoppiò lo scandalo di Mafia Capitale».
A primavera si vota nella Capitale e Napoli e Milano. Non ci sarà nessuna deroga al vostro regolamento: chi come lei sta in Parlamento ci resta e non si candida?
«No perché quando deroghi alle regole, le elimini e diventi come gli altri partiti. Non si può fare carriera saltando da una poltrona all’altra».
Questo è comprensibile. Però i sondaggi danno ottime chance a lei a Napoli e ad Alessandro Di Battista a Roma. Non è meglio giocarvela con i big piuttosto che perdere da duri e puri?
«Le elezioni non si vincono con la strategia, se perderemo è perché non saremo stati convincenti nei confronti dei cittadini».
Chi candidate allora?
«Non abbiamo ancora nomi».
Li sceglierete tutti con una consultazione in Rete?
«Probabilmente sì, vedremo. Dipende da città a città. A Bologna, ad esempio, si sta componendo una lista con consultazioni pubbliche».
Di Pietro a Milano non lo appoggiate. È sicuro?
«Sì perché non ha i requisiti. Da noi c’è la regola dei due mandati, lui è in politica da quando io avevo quattro anni».
Quale avversario a Roma e Milano teme di più?
«L’astensionismo. Marino a Roma è stato votato da un cittadino su dieci. Anche se capisco che molte persone hanno perso la speranza, il Movimento 5 Stelle è l’unico che non è invischiato in scandali e ruberie. Per governare l’onestà non basta, lo so, ma è un ottimo criterio per scegliere i propri rappresentanti».
Michele Santoro a Roma candidato con voi è fantapolitica?
«Veramente lui non ha mai manifestato l’intenzione di candidarsi con il M5S».
Ma perché vi siete astenuti sullo ius soli alla Camera e non avete consultato la base in Rete? A inizio legislatura l’avevate proposto voi con i deputati Dadone e Sorial. Non è stato un autogol?
«No. La legge sullo ius soli è pericolosa perché pur esprimendo un principio condivisibile in realtà la concessione di cittadinanza è nelle mani del ministero dell’Interno. Se si concede un diritto, bisogna maturarlo con una procedura di diritto, non è che si arriva al Viminale e poi c’è un burocrate corrotto che decide di dare la cittadinanza o meno. Poi in questo momento abbiamo dei flussi migratori imprevedibili. Lo ius soli va bene se l’Europa ci dà una direttiva comunitaria su questo tema. Condivido il concetto ma questa legge può aumentare la corruzione».
È favorevole ai finanziamenti alle scuole paritarie?
«Le paritarie oggi sopperiscono alle mancanze della scuola pubblica. Lo Stato dovrebbe investire di più nella scuola pubblica affinché le paritarie possano restare una scelta educativa libera della famiglie. Non possiamo sempre sopperire alle mancanze dello Stato con le paritarie».
Perché sul gioco d’azzardo non riuscite ad approvare una legge di sistema?
«Ci abbiamo provato partendo dal tentativo di vietare la pubblicità ai giochi. Abbiamo messo a disposizione uno slot nel calendario della Camera. Vietare la pubblicità sarebbe anche semplice, non stiamo dicendo di ridurre le slot machine. Però non si riesce a fare. Se la maggioranza avesse voluto avremmo fatto tutto in quattro ore tra Camera e Senato. Si sa che le lobby del gioco finanziano le campagne elettorali dei partiti».
Ma le arance a Mantovani non potevate risparmiarvele?
«Dobbiamo essere ringraziati perché i cittadini gliel’avrebbero buttate addosso. Maroni in Lombardia deve dimettersi subito perché ha il suo vice in galera e l’assessore al Bilancio indagato».
Un anno fa, tramite diffida legale firmata dall’avvocato di Beppe Grillo, è stato espulso un attivista dell’ala cattolica, Andrea Aquilino, membro dello staff del candidato sindaco a Roma del M5S alle elezioni del 2013. Ma un movimento che fa della democrazia interna e dell’ascolto degli attivisti un suo punto di forza può fare queste cose?
«Se quello, ad esempio, fosse stato il gruppo dei buddisti del M5S o degli islamisti avrebbe avuto lo stesso trattamento. Chi va a fare una riunione con altre forze politiche senza avere la legittimità politica non lo può fare. La regola del Movimento è che gli attivisti non possono usare il logo del Movimento, gli eletti sì. Vale per tutti. Di questo tipo di diffide ne facciamo tante, ci sono anche tanti profittatori che usano il logo del M5S, anche se sicuramente non è questo il caso».
Redazione Papaboys (Fonte www.famigliacristiana.it/Antonio Sanfrancesco)