Uomini coraggiosi in Campania. Mai soli contro i boss

Alessandro Cannavacciuolo non deve essere lasciato solo. Deve sentire che gli italiani onesti stanno con lui, gli vogliono bene. Alessandro combatte da anni una lotta nobilissima e pericolosa per la sua terra e per il suo popolo. Ha solo 26 anni, questo giovane altruista e coraggioso. Discendente dei pastori di Acerra, costretti, anni fa, ad abbattere le loro greggi perché terribilmente avvelenate dalle diossine. I Cannavacciuolo erano pastori da secoli. Rimasero senza greggi, senza lavoro e senza spiegazioni. Con le loro pecore, Acerra diceva addio alla pastorizia. Così avevano deciso gli avvelenatori. Il popolo, stupito, non si raccapezzava. Per anni tanti contadini avevano comprato «concimi» a basso prezzo da qualcuno che prometteva affari. Non si trattava di concimi, ma di fanghi tossici. Senza saperlo, gli agricoltori avevano contributo ad avvelenare le loro terre, la loro economia, la loro salute. I Cannavacciuolo finirono sul lastrico. Il processo denominato “Carosello” che li vede parte civile si trascina in una corsa contro il tempo, avendo davanti lo spauracchio della prescrizione. Alessandro si è inventato un nuovo lavoro, ha tirato su una piccola pasticceria. Sempre in prima linea nella denuncia dei reati ambientali nell’Agro acerrano, si è fatto stancabile accompagnatore di giornalisti, ambientalisti e politici volenterosi. Voce critica e profetica della nostra terra inquinata e deturpata. Ebbene, mercoledì, sull’uscio del suo negozio nota un proiettile inesploso. A chi non conosce certi linguaggi può sembrare poca cosa, ma poca cosa non è.

Al contrario, il messaggio è chiaro, eloquente. Fin troppo. Esso dice pressappoco: «Taci, Alessandro, se non vuoi fare una brutta fine. Fatti i fatti tuoi, rientra nei ranghi. Ti sei impelagato in qualcosa più grande di te. Comportati come tanti altri, che non vedono, non sentono, non parlano. Chi credi di essere, piccolo Davide armato di fionda? Non vedi quanto forte e potente è il gigante al quale hai dichiarato guerra? Pensi davvero di poterlo disarmare? Alessandro, non ti conviene, sei tanto giovane, fatti da parte e pensa a campare, altrimenti…». Don Luigi Merola è un prete della Chiesa di Napoli. Dopo l’ordinazione si specializza in Teologia spirituale, segno evidente che i suoi interessi culturali e pastorali andavano nella direzione che potrebbe essere considerata “opposta” all’impegno che si ritroverà invece ad affrontare. Non ha ancora 30 anni quando viene mandato a Forcella, il popolare quartiere del centro storico a pochi passi dalla cattedrale. Don Luigi si dà da fare, lavora con i giovani, annuncia il vangelo, denuncia le ingiustizie. Ma Forcella è un quartiere difficile, reso pericoloso dalla presenza di uno dei clan storici della camorra napoletana. Don Merola mostra di non aver paura e va per la sua strada. Una triste sera, nei vicoli della sua parrocchia viene uccisa per errore Annalisa Durante. Aveva 14 anni appena. Il dolore è immenso. La rabbia e l’impotenza pure. Napoli, ancora una volta, si sveglia come intontita da un incubo senza fine. Don Luigi durante l’omelia, attacca duramente la camorra. Pochi mesi prima, aveva fatto smantellare le telecamere dei malavitosi per il controllo del territorio. «Lo ammazzerò sull’Altare»,

queste parole di un camorrista intercettate dagli inquirenti convincono le autorità e metterlo sotto scorta. Don Merola continua a dar fastidio con le sue denunce, le sue interviste, i suoi libri, il suo impegno. E loro, i camorristi, ancora una volta, fanno ricorso alla intimidazione. L’altra notte due colpi di arma da fuoco vengono esplosi nell’auto del sacerdote a Marano.

Proprio in questi giorni 4 uomini appartenenti a un noto clan camorristico sono stati uccisi e dati alle fiamme. Due di essi alle porte di Acerra. Mercoledì in un centro estetico ad Arzano, altri due omicidi. Mentre giovedì, a Napoli, un uomo viene ferito gravemente. In questo clima di terrore, ad Alessandro e a don Luigi vengono lanciati duri avvertimenti. E noi non possiamo lasciarli soli. Da soli si muore. In tutti i sensi. È l’unione degli uomini civili, onesti e democratici che fa la forza. La capacità di opporsi al malvagio deve essere di un popolo non solo di singole persone. Prova ne è che, intanto, anche grazie al contributo di Alessandro, della Chiesa, di tanti volontari e di “Avvenire” alla Camera, mercoledì è stata approvata una proposta di legge che prevede quattro nuovi delitti contro l’ambiente. Una legge sulla “terra dei fuochi” era stata votata all’inizio di febbraio. Siamo ancora agli inizi della risposta, il dramma ambientale è molto più grave di quanto si possa credere. Ma queste norme finalmente varate sono la prova che qualcosa sta cambiando. Che sta per finire il tempo dei prepotenti, beffardi e stupidi, che la fanno in barba alla legge e al buon senso. Facciamo sapere a questi fratelli che non sono soli. E apriamo gli occhi per non lasciare solo neppure uno di coloro che custodiscono lo stesso cuore buono e vivono con lo stesso coraggio. Padre Maurizio PATRICIELLO

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