Debora Donnini – Città del Vaticano
Questo Natale “ci faccia riscoprire i legami di fraternità che ci uniscono come esseri umani e legano i popoli”, nonostante le differenze di religione, culture e idee. È l’augurio che Papa Francesco rivolge dalla Loggia Centrale della Basilica di San Pietro ai fedeli presenti nella Piazza scaldata, stamani, da un bel sole, e a quanti lo ascoltano attraverso la radio e la televisione. Nelle sue parole ha ricordato la Terra Santa, la Siria, lo Yemen, l’Africa, l’Ucraina, la Penisola coreana, il Venezuela e il Nicaragua, auspicando pace e riconciliazione, così come i popoli che subiscono colonizzazioni ideologiche e soffrono per fame e mancanza di educazione e sanità. E ancora, i contesti dove i cristiani sono minoranza vulnerabile, e tutti i bambini della terra e gli scartati.
È, dunque, la fraternità il filo conduttore del Messaggio Urbi et Orbi nella Solennità di questo Natale 2018: una fraternità senza la quale – ricorda Francesco – gli sforzi per un mondo più giusto hanno il “fiato corto”. “Dio è un Padre buono e noi siamo tutti fratelli” è, infatti, il messaggio del Natale:
Per questo il mio augurio di buon Natale è un augurio di fraternità. Fraternità tra persone di ogni nazione e cultura. Fraternità tra persone di idee diverse, ma capaci di rispettarsi e di ascoltare l’altro. Fraternità tra persone di diverse religioni. Gesù è venuto a rivelare il volto di Dio a tutti coloro che lo cercano.
Un volto che non è apparso in un angelo ma in un volto umano concreto:
E così, con la sua incarnazione, il Figlio di Dio ci indica che la salvezza passa attraverso l’amore, l’accoglienza, il rispetto per questa nostra povera umanità che tutti condividiamo in una grande varietà di etnie, di lingue, di culture…, ma tutti fratelli in umanità!
Come un mosaico è migliore se si hanno a disposizione tessere di molti colori, così “le nostre differenze non sono un danno o un pericolo”, ma una ricchezza, prosegue il Pontefice. Ed è l’esperienza stessa della famiglia ad insegnarlo: come i genitori aiutano fratelli e sorelle a volersi bene – non sempre vanno d’accordo anche se sono legati da un legame indissolubile – così Dio, “genitore” per la famiglia umana, è il fondamento della “nostra fraternità”.
Come ogni anno, le parole del Papa passano in rassegna i diversi Paesi del mondo. Prima di tutto Francesco auspica che israeliani e palestinesi possano riprendere il dialogo e intraprendere un cammino di pace, che ponga fine ad un conflitto che lacera, da più di 70 anni, la Terra scelta dal Signore.
Per l’amata e martoriata Siria, chiede che ritrovi la fraternità dopo questi lunghi anni di guerra. Il suo desiderio è che la comunità internazionale si adoperi decisamente per una soluzione politica che accantoni le divisioni, in modo che il popolo siriano – specie chi ha dovuto lasciare le proprie terre – possa “tornare a vivere in pace nella propria patria”. E ancora lo Yemen
, perché la tregua possa finalmente portare sollievo ai bambini e alle popolazioni, stremate dalla guerra e dalla carestia.Nel pensiero del Papa non manca spazio per l’Africa, con i milioni di persone sfollate, che hanno bisogno di assistenza umanitaria e alimentare. “Il Divino Bambino, Re della pace – è il suo auspicio – faccia tacere le armi e sorgere un’alba nuova di fraternità in tutto il Continente”, benedicendo gli sforzi di chi favorisce la riconciliazione.
Quindi, il Papa spera che il Natale consenta di proseguire “il cammino di avvicinamento” intrapreso nella Penisola coreana per giungere a soluzioni condivise. Sollievo è quanto chiede, poi, per l’amata Ucraina, “ansiosa di riconquistare una pace duratura che tarda a venire”. Solo con la pace “rispettosa dei diritti di ogni nazione”, il Paese può riprendersi dalle sofferenze subite, sottolinea il Pontefice esprimendo la sua vicinanza alle comunità cristiane di quella Regione e la preghiera che si possano tessere rapporti di fraternità.
Per il Venezuela, Francesco auspica che si possa ritrovare la concordia fra le componenti sociali, per lavorare fraternamente per lo sviluppo del Paese e per assistere le fasce più deboli. E per il Nicaragua, che non prevalgano le divisioni e che tutti si adoperino per la riconciliazione.
Francesco ricorda anche “i popoli che subiscono colonizzazioni ideologiche, culturali ed economiche vedendo lacerata la loro libertà e la loro identità” e che soffrono per la fame e per la mancanza di educazione e sanità.
Un pensiero particolare va ai nostri fratelli e sorelle che festeggiano la Natività del Signore in contesti difficili, per non dire ostili, specialmente là dove la comunità cristiana è una minoranza, talvolta vulnerabile o non considerata. Il Signore doni a loro e a tutte le minoranze di vivere in pace e di veder riconosciuti i propri diritti, soprattutto la libertà religiosa.
Infine, nel cuore del Papa, tutti i bambini:
Il Bambino piccolo e infreddolito che contempliamo oggi nella mangiatoia protegga tutti i bambini della terra ed ogni persona fragile, indifesa e scartata. Che tutti possiamo ricevere pace e conforto dalla nascita del Salvatore e, sentendoci amati dall’unico Padre celeste, ritrovarci e vivere come fratelli!
Ad affiancare il Papa per l’Urbi et Orbi il cardinale protodiacono Renato Raffaele Martino e il cardinale Kevin Joseph Farrell, prefetto del Dicastero per i laici, la Famiglia e la Vita. Alla Benedizione Apostolica Urbi et Orbi è annessa l’indulgenza plenaria. Al termine, il Papa saluta nuovamente i fedeli venuti dall’Italia e da diversi Paesi, come pure quanti sono collegati attraverso la radio, la televisione e gli altri mezzi di comunicazione, ringraziandoli per la loro presenza nel giorno in cui si contempla l’amore di Dio, apparso nel mondo con la nascita di Gesù. “Questo amore – conclude – favorisca lo spirito di collaborazione per il bene comune, ravvivi la volontà di essere solidali, doni a tutti la speranza che viene da Dio. Buon e Santo Natale!”
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