Un nostro lettore ci ha segnalato la sua lodevole iniziativa di volantinaggio contro gli abusi e le distorsioni odierne che toccano il Sacramento della Confessione, la Divina Eucaristia e lo stare in chiesa durante la Messa. Volentieri ci uniamo a questo santo intento e, a fondo pagina, aggiungiamo anche una nostra piccola riflessione.
Invitiamo tutti, nelle vostre possibilità, a diffondere questo veritiero messaggio nelle parrocchie, diocesi – con la dovuta autorizzazione del Vescovo o del Parroco – o sul web affinchè i fedeli si risveglino dal loro torpore spirituale. Ci auguriamo che questo messaggio possa essere l’inizio d’un forte movimento di contro-riforma, di ritorno alla genuina serietà e sincerità cattolica.
Oggi più di sempre gli apostoli ci mettono in guardia:
Chiunque in modo indegno mangia il pane o beve il calice del Signore, sarà reo del corpo e del sangue del Signore. Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna.
(1 Corinzi 11:27-29)
Carissimi fratelli e sorelle in Cristo, meditiamo e diffondiamo questo vademecum per evitare di offendere gravemente il Cuore Sacro del nostro Salvatore accostandoci indegnamente ai santissimi sacramenti del Perdono e dell’Eucarestia.
Troppi cristiani rischiano l’inferno (questo misconosciuto e miscreduto, ma tremendo, biblico e realissimo pericolo!) e feriscono gravemente il Cuore del nostro Signore, senza nemmeno rendersene conto!
Per ricevere in modo degno e non sacrilego il Cuore del Nostro Dio, nella Sacra Comunione, dobbiamo tutti essere:
1. In Grazia, ossia non in peccato mortale. Dobbiamo prima confessarci, con sincero pentimento e proponimento di non ricadere, se abbiamo infranto uno solo dei dieci comandamenti, o praticato spiritismo, predizioni del futuro, adulterio, aborto, menzogne, affiliazioni a massoneria o altre sette e sessualità cattiva (altra grande misconosciuta: abusare del dono del sesso in amore e dono totale, praticandolo per lussuria al di fuori del santo matrimonio e del disegno di procreazione del nostro Creatore).
Non facciamoci ingannare: Dio non è soggetto alle mode dei tempi: “Egli è lo stesso ieri, oggi e sempre!” (Ebrei 13:8; vedere anche Isaia 43:13).
Se siamo divorziati risposati o separati conviventi con un’altra persona dobbiamo attingere al fiume di grazie spirituali di una santa Messa ben partecipata, ma NON dobbiamo commettere il sacrilegio di ricevere la sacra Comunione.
Invece i separati – non conviventi con altri – e gli/le abbandonati/e che rifiutano il divorzio dal loro coniuge possono accedere alla santa Comunione, a condizione che vivano in castità fino all’eventuale ricongiungimento col legittimo/a consorte, con un dovuto cammino di fede e di riparazione d’un eventuale male commesso al coniuge.
Non trattiamo con disprezzo Dio, che ha sancito l’indissolubilità del matrimonio per bocca di Gesù in persona: “Egli disse loro: «Chiunque manda via sua moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se la moglie ripudia suo marito e ne sposa un altro, commette adulterio” (Marco 10:11-12).
Allora gli si avvicinarono alcuni farisei per metterlo alla prova e gli chiesero: «È lecito ad un uomo ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo?». Ed egli rispose: «Non avete letto che il Creatore da principio li creò maschio e femmina e disse: Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola? Così che non sono più due, ma una carne sola. Quello dunque che Dio ha congiunto, l’uomo non lo separi». Gli obiettarono: «Perché allora Mosè ha ordinato di darle l’atto di ripudio e mandarla via?». Rispose loro Gesù: «Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli, ma da principio non fu così. Perciò io vi dico: Chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di concubinato, e ne sposa un’altra commette adulterio».
(Matteo 19:3-9)
2. In Amore di Dio e del prossimo: non dobbiamo avere odio per nessuno (nella volontà: il cuore non possiamo comandarlo, ma con la volontà sincera dobbiamo perdonare e pregare il bene di chi ci ha fatto del male. Non possiamo accostarci al Cuore di Dio che è Amore e Perdono, se non vogliamo noi stessi perdonarci o farci perdonare da chi abbiamo offeso).
3. In fede: dobbiamo credere che stiamo per ricevere Dio in persona e il Suo Amore salvifico, nell’Ostia consacrata: se in cuor nostro dubitiamo di questo o di altri dogmi di fede, dobbiamo prima parlarne con un direttore spirituale e pregare lo Spirito Santo per il dono della fede piena e senza eresie.
4. In sommo rispetto e gratitudine: dobbiamo rispettare il digiuno eucaristico (almeno 1 ora prima non dobbiamo bere o mangiare nulla a parte l’acqua; almeno 15 minuti prima nel caso invece si sia molto malati).
Trattiamo il Signore da Signore!
Anche se è tragicamente permessa (per colpa della massoneria ecclesiastica) la comunione nella mano (che è una profanazione!), chiediamoci: “Quanto rispetto e devozione dimostro al Dio altissimo che mi si dona in cibo, se lo ricevo come fosse un cracker? Se cadesse il velo dai miei occhi e potessi vederlo in tutta la Sua gloria che fa prostrare a terra gli angeli, Lo riceverei davvero come fosse una patatina fritta, o piuttosto con la massima devozione, in ginocchio e senza mani? E quanto devo fermarmi, dopo, a ringraziarLo nel mio cuore, pregandolo di perdonare le mie mancanze e colpe passate, Amandolo pieno di gratitudine, adorandolo in silenzio e chiedendogli di trasformarmi in un suo vero seguace? (invece di andarmene come niente fosse o, peggio, fermarmi in chiesa a chiacchierare, appena il sacerdote conclude la sacra Messa)”.
Accostiamoci al confessionale con regolarità, come una casa e un corpo fisico vanno con regolarità lavati da polvere e sporco. E facciamolo con fede, buon esame di coscienza basato sui dieci comandamenti e sul vangelo, con sincero pentimento, senza nascondere nessun peccato che ricordiamo (sarebbe sacrilegio!), con sincero proposito di non ricadere e fuggire le occasioni prossime di peccato. E volontà di riparazione al male fatto.
E solo dopo uniamoci in Amore al Dio-Amore che si fa cibo di Vita eterna per noi.
Altrimenti, ci avvertono i santi, se ci confessiamo come fosse un andare in lavanderia, senza vero pentimento, o peggio se non ci confessiamo mai o di rado, o se andiamo a ricevere il Cuore di Cristo-Eucarestia senza il sacro rispetto a Dio dovuto, trattiamo Cristo da re finto, da re da burla, come i soldati romani lo trattarono 2000 anni fa, vestendolo da re, coronandolo di spine, inginocchiandosi davanti a Lui salutandolo come un re, per deriderlo, e poi lo prendevano a schiaffi, sputi e bastonate sul suo sacro capo!
Trattiamo il nostro Salvatore, da Vero Re dei re!
Basta con l’”ateismo cristiano”!
Galateo di Padre Pio, in chiesa e fuori
San Pio da Pietrelcina, esattamente il 25.7.1915, scriveva così ad una sua figlia spirituale, Annita Rodote, circa il comportamento da usare prima, durante e dopo aver partecipato alla santa Messa:
“Ad evitare irriverenze ed imperfezioni nella casa di Dio, nella chiesa che il Divin Maestro suole chiamare la “casa di preghiera”, ti esorto nel Signore a praticare le seguenti cose:
● Entra in chiesa e in silenzio con grande rispetto, tenendoti e riputandoti indegna/o di comparire davanti alla maestà del Signore.
Tra le altre devote considerazioni, pensa che l’anima nostra è tempio di Dio, e come tale dobbiamo conservarla pura e monda davanti a Dio ed agli angeli suoi e copriamoci il volto di rossore per avere dato tante volte adito al demonio con le sue insidie, con le sue lusinghe al mondo, con i suoi fasti, alla carne con il non aver saputo tener puro il nostro cuore e casto il nostro corpo, per aver dato, dico, adito ai nostri nemici di insinuarsi nei nostri cuori, profanando il tempio di Dio, quale noi diveniamo con il Battesimo.
● Prendi poi l’acqua benedetta e fa bene e con lentezza il segno della nostra redenzione.
● Appena sei in vista del Dio sacramentato, fa devotamente la genuflessione.
● Trovato il posto, inginocchiati e rendi a Gesù sacramentato il tributo della tua preghiera e della tua adorazione. Confida a lui tutti i tuoi e gli altrui bisogni, parlagli con abbandono filiale, dà sfogo libero al tuo cuore e lascia piena libertà a lui di operare in te come meglio gli piace.
● Assistendo alla santa Messa e alle sacre funzioni, usa molta gravità nell’alzarti, nell’inginocchiarti, nel metterti a sedere; e compi ogni atto religioso con la più grande devozione.
● Sii modesta/o negli sguardi, non voltare la testa di qua e di là per vedere chi entra e chi esce; non ridere, per riverenza al luogo santo ed anche per riguardo a chi ti sta vicino.
● Se preghi in comune, pronunzia distintamente le parole della preghiera, fa bene le pause e non affrettarti mai. Insomma, fai in modo che chi ti sta accanto rimanga edificato dal tuo comportamento e sia per mezzo tuo spinto a glorificare e ad amare il Padre celeste.
● Nell’uscire di chiesa abbi un contegno raccolto e calmo: saluta per primo Gesù sacramentato, domandagli perdono per le mancanze commesse alla sua divina presenza e non andartene da lui se prima non gli hai chiesto e da lui non hai ottenuto la paterna benedizione.
● Uscito/a che sei di chiesa, mostrati tale quale ogni seguace del Nazareno dovrebbe essere. Serba una grande modestia, che è la virtù che meglio fa vedere le affezioni del cuore. Modesto/a devi essere nel parlare, modesto/a devi mantenerti nel ridere, modestia devi mostrare nel portamento, nel modo di camminare. E il tutto deve farsi non per apparire buono/a agli occhi altrui, ma per la virtù interna di modestia che regge e regola le condizioni esteriori del corpo. Perciò sii umile nel cuore, grave nelle parole, prudente nelle tue decisioni, assiduo/a nelle buone letture, attento/a nei tuoi lavori, pulito/a nei tuoi discorsi; non esca mai dalla tua bocca parola ardita, non mai un atto svergognato, non mai un andare un po’ sciolto, non mai un tono di voce petulante.
Il tuo esteriore sia una viva immagine della compostezza della tua anima. Abbi sempre come esempio davanti agli occhi e alla mente la modestia del divino Maestro, piacevole autorità nel parlare, gradevole contegno nell’andare, nel guardare, nel conversare, una dolce serenità nel volto, così composto, così soave con cui attraeva tutte le folle fuori dalle città fino ai monti, al mare, facendo dimenticare ad esse ogni primitiva necessità, dal cibo alle bevande, ai lavori domestici.
Sforziamoci di essere quanto più simili a Lui nel tempo, per essere più perfetti e più simili a Lui per l’intera eternità nella Gerusalemme celeste.”
Solamente qualche anno addietro avevamo, con ben due articoli (“L’anima nella Confessione” e “Guida per fare una buona Confessione”), raccolto sia un numero ben nutrito di testimonianze di santi riguardo la pericolosità d’una cattiva Confessione – e conseguente Comunione – sia compilato una generale guida al Sacramento della penitenza e riconciliazione.
Tuttavia, come è ben constatabile e visti gli ultimi sviluppi della vita della Chiesa, assistiamo sempre di più ad uno svilimento del significato della Messa, ad uno svilimento del Sacrificio, ad uno svilimento della stessa Eucaristia, il Corpo di Cristo Dio Vivo. Con una sottile dialettica infatti, nel corso degli anni, si è ridotto a puro ritualismo “misericordioso” (ed ampiamente condonatorio) il senso del ricevere l’Ostia Santa.
È inoltre ben possibile vedere, e ciò avevamo denunciato un anno fa con l’articolo “Responsi al questionario sulla famiglia? Un abominio contro il Vangelo”, una subdola retorica “misericordista” – le virgolette sono d’obbligo – che, attraverso la questione dei “casi esistenziali”, spinge verso una sostanziale abolizione della Confessione. Quest’ultima viene vista come distruttiva, viene vista come un momento gravoso, un tormento psicologico non necessario in quanto non terrebbe conto della presunta “complessità esistenziale”.
Questo dibattito è entrato ancor di più nel vivo con la questione dei divorziati risposati, tema di cui anche il vademecum soprastante si occupa e del quale ci preme fare una digressione storica.
Sebbene vi sia una chiara dichiarazione di Cristo stesso a riguardo (Matteo 19:3-9; Marco 10:11-12), è molto interessante notare che, a differenza di quanto hanno affermato di recente alcuni al fine di modellare la verità a proprio favore, sia i Padri della Chiesa sia alcuni Concili dei primi secoli si erano espressi molto fermamente. Vogliamo riportare in questa sede il caso delConcilio di Vannes, tenutosi nel 465 d.C. in Francia, nel quale, tra le numerose tematiche discusse, si decretò alla fine: “Non viene ammesso alla comunione chi ha ripudiato la moglie per vivere con un’altra” (Canone 2).
Questo Canone fu talmente forte che sia il Concilio di Adge (506 d.C.), sia quello di Orleans (533 d.C.) che il Concilio di Toledo(681 d.C.) ribadirono la stessa cosa. Sebbene questi Concili siano stati locali, non ecumenici, ci mostrano una forte chiarezza d’idee all’interno della Chiesa primitiva.
Tuttavia la chiarezza, una volta così lucente ed unificante, oggi manca.
Questo vademecum tenta di ristabilire l’ordine con la dovuta carità, non tramite minacce o condanne personali. Chi, infatti, riceve l’Eucaristia in stato di peccato grave condanna se stesso (1 Corinzi 11:27-29) e diviene, per citare le parole dell’Arcangelo Raffaele a Tobia, il peggior nemico di se stesso (Tobia 12:10).
Chi, invece, s’accosta all’Eucaristia con il solo intento di sentirsi accettato dalla comunità, per farsi notare dagli altri o per far credere al suo prossimo d’esser “santo”, si ricordi che “quella è l’unica sua ricompensa” (Matteo 6:1-2).
Accanto alla corretta predisposizione spirituale per la ricezione del Santissimo Sacramento, è doveroso ricordarsi di mantenere un corretto comportamento, postura e gestualità durante la Santa Messa.
Non di rado la distrazione, la chiacchiera e l’ozio ci allontanano dalla sacralità del posto e della situazione.
La seconda parte del vademecum, grazie ad una lettera di San Pio, ci ricorda l’importanza della devozione e del rispetto che si esprime anche nei piccoli gesti.
A tal proposito ci viene in aiuto, in aggiunta, l’esperienza mistica di Santa Gemma Galgani (1878 – 1903), la quale veniva duramente ripresa dall’angelo custode alla minima distrazione in chiesa. Ella stessa, nel suo diario, scrisse: “Noi in chiesa non ci si sta come ci si dovrebbe stare. Se vedesse come ci stanno gli angeli e i serafini intorno all’altare, non si farebbe così!”.
Redazione Papaboys (Fonte www.veniteadme.it)
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Sono perfettamente daccordo sul modo di comportarsi in Chiesa e soprattutto durante le celebrazioni sarebbe per me cosa buona se I sacerdi lo ricordassero ogni tanto.