Familia et Mens

Vanessa è volata in cielo. I genitori dicono: «Nostra figlia ci ha preso per mano e condotti da Dio»

«Ho dato un senso alla mia malattia, trovando conforto nella fede. Dio mi ha affidato questa missione perché sa che posso superarla. Lo ringrazio e dono questo mio sacrificio in cambio della guarigione di bambini malati e indifesi». Scriveva così Vanessa Guido, una giovane donna di Staranzano (Gorizia), dopo che, all’età di 18 anni e 3 mesi, le era stata diagnosticata la leucemia mieloide acuta. Due anni di cure e un trapianto di midollo da donatore compatibile, purtroppo, non riescono a salvarle la vita e il 17 dicembre 2013 Vanessa, come scrive papà Antonio, «vola in cielo, tra le braccia di Gesù».

Ma queste di Antonio sono parole sgorgate dal cuore con il tempo. Un tempo che prima è stato di dolore, rabbia, disperazione, in cui Dio era solo qualcuno con cui prendersela per un dramma incomprensibile, impossibile da decifrare e, tantomeno, da accettare. Un tempo che, infine, lo ha visto ritornare alla fede, insieme a sua moglie Roberta, proprio grazie alla loro figlia.

«Papà, non devi essere arrabbiato con Dio. La mia malattia e quella di tante persone non è colpa di Dio. Dio potrà solo accoglierci, ma quelli che mi hanno causato la malattia, quelli che vi fanno soffrire per la nostra malattia, siamo noi stessi, la società in cui viviamo, l’inquinamento, i veleni che respiriamo e mangiamo. Dio può solo accoglierci», ripeteva sempre Vanessa, con il suo sorriso e la sua dolcezza.

Antonio e Roberta Guido raccontano con generosità, ma la voce si spezza in lunghi silenzi bagnati di lacrime che, a distanza di quattro anni, ancora non si asciugano. «Il 23 dicembre, pochi giorni dopo la morte di Vanessa», proseguono, «secondo i suoi desideri, ci siamo recati all’ospedale di Udine, dove lei era stata ricoverata, per portare i dolci e gli auguri per il santo Natale ai medici e agli infermieri. Speravamo di trovare una delle infermiere che le era stata tanto vicina fin dall’inizio della malattia e siamo stati accontentati: dopo averci abbracciato e aver pianto con noi, però, ci ha detto che doveva riferirci qualcosa da parte di Vanessa».




IL SEGRETO DI VANESSA
Vanessa sapeva da tempo che non ce l’avrebbe fatta e, d’accordo con i medici, aveva deciso di non dire nulla ai genitori. Aveva accettato di fare comunque il trapianto, pur sapendo che non sarebbe servito a lei, ma come studio per altri casi simili al suo. «Per l’ennesima volta il nostro cuore si spezzava», dice ancora Antonio: «Non capivamo il perché di questo suo comportamento». Mentre lei già sapeva tutto, loro andavano a trovarla cercando di soffocare il dolore, ed era lei a scherzare e a ridere per tirarli su: «Solo dopo, con il tempo, abbiamo capito cosa voleva trasmetterci. Lei non si sarebbe salvata e per quel poco che le rimaneva da vivere doveva gioire, far felici gli altri, trasmettere la sua forza che ci sarebbe stata di sostegno dopo la sua morte». Ma non è stata l’unica sorpresa emersa “dopo”. Vanessa, infatti, durante la malattia colloquiò, via Facebook, con molte persone in tutta Italia e offrì un sorriso e una speranza anche a chi, schiacciato da situazioni faticose, aveva deciso di farla finita: «Il giorno del funerale, molte di queste persone si presentarono e ci raccontarono di come Vanessa avesse salvato loro la vita».

Vanessa era una ragazza solare, “festaiola”, ama la musica, la danza, la pallavolo, i viaggi e i bambini: «Lei adorava i bambini e loro adoravano lei», confida con un sorriso Roberta. «Desiderava iscriversi alla Facoltà di psicologia per poter lavorare con loro e per loro». In uno dei suoi tanti pensieri scritti dice: «Noi adulti siamo lo specchio di ciò che eravamo da piccoli, quindi, se io riesco ad aiutare un bambino piccolo, questo da grande sarà un grande uomo».

PELLEGRINA A MEDJUGORJE

La strada ricca di grazie passa, per Vanessa, da Medjugorje: «Chiese di poterci andare come regalo per il suo diciannovesimo compleanno», ci spiega ancora Roberta. «Aveva fatto un sogno, nel quale proprio la Madonna le chiedeva di “andare a lei”. E volle andarci da sola, appena finita la chemioterapia, con l’angoscia di noi genitori, che vi lascio solo immaginare».

«Vanessa tornò ancora più forte, serena, con un sorriso ancora più splendente, trasmettendo serenità a tutti quelli che incontrava», riprende Antonio. «Nel marzo 2013 fu lei a chiedermi di andare insieme a Medjugorje. Non ne avevo nessuna voglia… ma dovevo farle questo regalo. Lei mi ripeteva che mi sarebbe servito e che dovevo solo aprire il cuore e pregare. La mamma, invece, ci sarebbe dovuta andare più avanti, perché, secondo Vanessa, non era ancora pronta». Anche Antonio torna trasformato da questo pellegrinaggio (e più tardi, nel maggio 2014, anche Roberta): «Non avevo più la rabbia che mi mangiava dentro… Ho ritrovato la fede grazie a mia figlia e lei ne era felice. In tanti non credono, come non credevo io. Ma bisogna vivere quest’esperienza. Andarci e credere».

Consegnare la memoria di una figlia e condividerne la ricchezza non è un passo semplice da compiere. Ma la memoria di Vanessa è talmente piena di vita da non poterla tenere per sé ed è talmente accarezzata dalla mano di Dio da non poterne contenere i frutti. Così, grazie all’impegno di Antonio e Roberta e di tanti volontari, l’associazione “Vanessa Guido – Un ponte per la vita e la solidarietà” continua a realizzare i sogni sgorgati dal grande cuore di questa ragazza: «Lei, ora, è di tutti» concludono i genitori. E il dono continua ad aprire strade nuove.

L’ASSOCIAZIONE. UN PONTE PER LA VITA
L’associazione “Vanessa Guido – Un ponte per la vita e la solidarietà Onlus” opera nella realtà del Friuli Venezia Giulia aiutando famiglie e bambini bisognosi. Collabora con i servizi sociali di diversi comuni e con case famiglia, raccogliendo e offrendo abbigliamento, giocattoli, alimenti, materiale didattico e per la casa e occupandosi di sensibilizzare la collettività sulla donazione di sangue e midollo osseo. Per informazioni, si può consultare il sito www.associazioneonlusvanessaguido.it.

Fonte famigliacristiana.it/Luisa Pozzar

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