Lettura e commento al Vangelo di Domenica 16 Febbraio 2020 – Mt 5,17-37: Così fu detto agli antichi; ma io vi dico.
+ Dal Vangelo secondo Matteo
Parola del Signore
LEGGI: Oggi la Chiesa ricorda un grande santo; ecco chi era.
«Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento». Queste parole di Gesù che aprono il brano evangelico a prima vista sono in contrasto con quelle che egli pronuncia ripetutamente, subito dopo, per ben quattro volte: «Avete inteso che fu detto agli antichi […] ma io vi dico».
Lungo tutta la sua vita Gesù ha meditato la Torah, la Legge di Dio, non per distruggerla o negarla; al contrario, egli l’ha riconosciuta e vissuta come ebreo fedele. Gesù, dunque, non si è opposto alla Legge ma alle sue interpretazioni riduttive date da scribi e farisei, quegli uomini religiosi che «filtravano il moscerino e ingoiavano il cammello» (cf Mt 23, 24): essi cioè praticavano una lettura legalista e letteralista della parola di Dio contenuta nelle Scritture, disperdendo la volontà di Dio in una miriade di precetti, che ne rendevano impossibile l’osservanza e la privavano del suo centro.
Per questo, l’espressione «ma io vi dico», che Gesù richiede ai suoi discepoli, è un invito pressante a quella «giustizia superiore» – per qualità, non per quantità – «a quella degli scribi e dei farisei», ossia una fedele obbedienza alla volontà di Dio rivelata nella Legge, da lui compiuta. Gesù raggiunge il cuore della Legge che è la giustizia, la misericordia e la fedeltà. Egli supera senza titubanze le rigide prescrizioni, quando esse diventano un ostacolo all’amore per il fratello che è nel bisogno.
L’evangelista annota che Gesù ricorre a una serie di esempi per mostrare questa sua interpretazione. Innanzitutto il comando: «non uccidere», in una sua lettura restrittiva, è inteso come riferito solo all’atto materiale dell’omicidio. Gesù, invece, allarga il suo sguardo all’intenzione dell’uomo, che spesso si traduce in parole colleriche e violente. Queste parole sono già peccato – come sono peccato i cattivi propositi – perché, come ha detto san Gregorio Magno: «con la voce e con il desiderio si commette un omicidio, anche se non si alzano le mani contro il prossimo». Sempre in tema di relazioni con gli altri, Gesù aggiunge che la riconciliazione fraterna è condizione indispensabile per celebrare degnamente i santi misteri: «Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono». Meglio, afferma san Gregorio, non partecipare all’eucaristia che parteciparvi smentendo nei fatti ciò che si celebra con il rito.
Gesù a questo comando dice: «chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore». Queste parole così nette non hanno bisogno di essere commentate. Vorrei solo notare che esse sono un’occasione offerta a ciascuno di noi per interrogarsi sulla propria relazione con la sessualità. La vera perversione, ben prima di tradursi in atti concreti, è quella che induce a concepire l’altro, a partire dallo sguardo che si posa su di lui, come mera possibilità di incontro sessuale. Gesù, dunque, vuole farci comprendere che ci si deve guardare dagli stessi desideri disordinati.
Infine Gesù commenta il precetto: «non giurerai il falso» facendo capire che «non dobbiamo giurare affatto». Egli infatti conosce bene la debolezza degli uomini e sa che, allo stesso modo in cui essi non hanno «il potere di rendere bianco o nero un solo capello», così faticano a tenere fede ai giuramenti, fatti in nome di Dio o di se stessi. Ma Gesù estende l’interpretazione del comando biblico fino alla responsabilità di ogni parola pronunciata dagli uomini: «Sia invece il vostro parlare: “sì, sì”, “no, no”; il di più viene dal Maligno». E così stronca sul nascere il grave rischio che ci tocca tutti, quello di una comunicazione doppia, menzognera, che impedisce ogni autentico cammino di conversione.
La radicalità di Gesù è dunque quella di esortare i suoi discepoli a vigilare sull’intenzione, sulla purezza del loro cuore quale fonte della vera giustizia. Sarà sempre lui, il Puro di cuore per eccellenza (cf Mt 5, 8), a dire: «Dal cuore, infatti, provengono propositi malvagi, omicidi, adultèri, impurità, furti, false testimonianze, calunnie. Queste sono le cose che rendono impuro l’uomo; ma il mangiare senza lavarsi le mani non rende impuro l’uomo» (cf Mt 15, 19-20).
Che Dio onnipotente ci aiuti ad essere fedeli, con la parola e con la vita, alla legge dell’amore che lui ci ha trasmesso perché, come recita il salmo: è «Beato chi cammina nella legge del Signore».
Commento a cura di don Lucio d’Abbraccio
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