In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte.
Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria.
Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina.
State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso; come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere, e di comparire davanti al Figlio dell’uomo».
Un tempo, quando si parlava dell’inferno, si insegnava che la pena che dona maggiore sofferenza non è quella del senso, ma quella del danno. Dio sommo bene, gioia eterna, gaudio che colma il cuore, felicità senza misura, divina perfezione assoluta è stato perso per un bene fugace, di un istante. Il tempo per rapporto all’eternità non è paragonabile neanche alla durata di un cerino acceso. Si accende il cerino e subito si consuma. Questa la durata del tempo. Mentre l’eternità è senza inizio e senza fine. Per un istante di peccato si è perso il sommo ed infinito bene. Per una gioia effimera si è lontani dalla gioia eterna per sempre. Dio perde Dio nostro Padre, Cristo nostro fratello, lo Spirito Santo nostra verità e luce, la Madre di Dio e Madre nostra, Angeli e santi nostri amici, per quale profitto? Per la perdizione eterna in una sofferenza indicibile.
Se al ricco cattivo fosse stato concesso di ritornare sulla terra, non solo avrebbe preso il posto di Lazzaro, neanche si sarebbe seduto dinanzi alla porta di persone ricche per non cadere nella tentazione di desiderare qualcosa della loro tavola. Anche il desiderio della roba d’altri è proibito dalla Legge del Signore. Lui sarebbe andato a vivere nei boschi, si sarebbe nutrito di erbe o di bacche o di frutta maturata su alberi incolti, pur di non trasgredire nessun comandamento. Purtroppo questa esperienza non è possibile. Ad ogni uomo il Signore ha assegnato la via della fede nella sua Parola. Anche Eva e Adamo, se avessero potuto tornare indietro, si sarebbero allontanati dall’albero della conoscenza del bene e del male e mai si sarebbero accostati ad esso. Lo ripetiamo. Il Signore ha dato come via della vita solo la fede nella sua Parola.
La via della vita e della morte è la fede e la non fede. Nella fede nella Parola è la vita e la benedizione eterna. Nella non fede nella Parola è la morte e la maledizione eterna. Il Vangelo è la via della vita per chi crede in esso. È la via della morte per chi non crede. Se il cristiano vuole che altri credano nel Vangelo, deve essere lui per primo ad attestare con la vita la sua più pura e vera fede nella Parola di Gesù. Lui non crede, se vive come se il Vangelo non esistesse, se addirittura nega lui stesso le verità in esso contenute, come si fa a pensare che qualche altro possa credere? Se io, cristiano, dico che il fuoco per il ricco cattivo è stato solo una pena passeggera e momentanea, mentre essa è pena eterna, potrà un solo uomo credere nella verità della Parola di Gesù? Oggi è questa l’impossibilità perché la fede sorga nei cuori: la non fede di chi si dice discepolo di Gesù, ma vive come se il Signore mai avesse parlato.
Oggi la crisi della fede nella Parola di Gesù è profonda. Sembra senza più ritorno indietro. Tutte le verità che scaturiscono dalla Parola sono rifiutate. Anche quelle più basilari, fondamentali, essenziali vengono dichiarate nulle. Ora è tempo che quanti ancora credono tolgano la loro fede dalla naftalina nella quale è stata riposta e conservata e manifestino al mondo tutta la sua bellezza. Ogni discepolo di Gesù è responsabile della fede del mondo intero. Chi crede deve avere la forza di vivere e manifestare la sua fede fino in fondo. Anche con il martirio, se richiesto dal Padre celeste. La singola persona diviene così responsabile della fede di tutto l’universo. Nessuno deve sentirsi giustificato dalla non fede dei suoi fratelli. Ognuno deve credere.
Commento a cura del Movimento Apostolico
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