Categorie: Verbum Domini

Vangelo (29 novembre) Sarete odiati da tutti a causa del mio nome

Lc 21,12-19
Sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere. Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita».

La Parola di Gesù Signore è divinamente vera. Una testimonianza data da persone accusate, incarcerate, si riveste di ufficialità. Non è una parola come tutte le altre. È invece una parola di sangue, di martirio, di libertà interiore a prezzo della prigionia esteriore. Paolo in catene illumina Romani e Giudei, pagani e credenti, giudici e avvocati, carcerieri, tribuni, centurioni, sommi sacerdoti, scribi, farisei, l’intero sinedrio. Così lui narra la sua vicenda ad Agrippa alla presenza di Berenice e di Festo.

Mentre stavo andando a Damasco con il potere e l’autorizzazione dei capi dei sacerdoti, verso mezzogiorno vidi sulla strada, o re, una luce dal cielo, più splendente del sole, che avvolse me e i miei compagni di viaggio.

Tutti cademmo a terra e io udii una voce che mi diceva in lingua ebraica: “Saulo, Saulo, perché mi perséguiti? È duro per te rivoltarti contro il pungolo”. E io dissi: “Chi sei, o Signore?”. E il Signore rispose: “Io sono Gesù, che tu perséguiti. Ma ora àlzati e sta’ in piedi; io ti sono apparso infatti per costituirti ministro e testimone di quelle cose che hai visto di me e di quelle per cui ti apparirò. Ti libererò dal popolo e dalle nazioni, a cui ti mando per aprire i loro occhi, perché si convertano dalle tenebre alla luce e dal potere di Satana a Dio, e ottengano il perdono dei peccati e l’eredità, in mezzo a coloro che sono stati santificati per la fede in me”. Perciò, o re Agrippa, io non ho disobbedito alla visione celeste, ma, prima a quelli di Damasco, poi a quelli di Gerusalemme e in tutta la regione della Giudea e infine ai pagani, predicavo di pentirsi e di convertirsi a Dio, comportandosi in maniera degna della conversione. Per queste cose i Giudei, mentre ero nel tempio, mi presero e tentavano di uccidermi. Ma, con l’aiuto di Dio, fino a questo giorno, sto qui a testimoniare agli umili e ai grandi, null’altro affermando se non quello che i Profeti e Mosè dichiararono che doveva accadere, che cioè il Cristo avrebbe dovuto soffrire e che, primo tra i risorti da morte, avrebbe annunciato la luce al popolo e alle genti».



Mentre egli parlava così in sua difesa, Festo a gran voce disse: «Sei pazzo, Paolo; la troppa scienza ti ha dato al cervello!». E Paolo: «Non sono pazzo – disse – eccellentissimo Festo, ma sto dicendo parole vere e sagge. Il re è al corrente di queste cose e davanti a lui parlo con franchezza. Penso infatti che niente di questo gli sia sconosciuto, perché non sono fatti accaduti in segreto. Credi, o re Agrippa, ai profeti? Io so che tu credi». E Agrippa rispose a Paolo: «Ancora un poco e mi convinci a farmi cristiano!». E Paolo replicò: «Per poco o per molto, io vorrei supplicare Dio che, non soltanto tu, ma tutti quelli che oggi mi ascoltano, diventino come sono anche io, eccetto queste catene!». Allora il re si alzò e con lui il governatore, Berenice e quelli che avevano preso parte alla seduta. Andandosene, conversavano tra loro e dicevano: «Quest’uomo non ha fatto nulla che meriti la morte o le catene». E Agrippa disse a Festo: «Quest’uomo poteva essere rimesso in libertà, se non si fosse appellato a Cesare» (Cfr. At 26,1-32).

Il discepolo di Dio una cosa sola sa e conosce: la sua vita è a pieno servizio del suo Signore. Se gli serve da libero, lui va per il mondo a predicare il Vangelo ad ogni creatura. Se gli serve da prigioniero, lui sempre rende testimonianza. La rende in modo ufficiale, sotto giuramento, a prezzo della sua vita. Dinanzi ad un uomo che per sostenere la verità che lo anima dentro è pronto anche a morire, chi ascolta deve pure interrogarsi, chiedersi, pensare, riflettere. Non solo per la verità che lui testimonia, ma anche per la carità, l’amore, la misericordia, la pietà che sempre accompagna la sua vita. La vita del discepolo di Gesù è intessuta di purissimo amore. Nient’altro.

Sui discepoli del Signore sempre vigila il Padre dei Cieli. Lui sa come servirsi al meglio della loro vita. La sua sapienza è infinitamente ogni umana saggezza e intelligenza.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fate della nostra vita un dono.



Commento a cura del Movimento Apostolico

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