Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri».
Oggi non si sa più quali progetti di pastorale inventare. Vengono interessate le Università della Chiesa, i grandi luminari della teologia. Si chiede aiuto anche a psichiatri, psicologi, psicanalisti. Si fanno indagini e si compilano formulari di ogni genere. Si tengono meeting, riunioni, conferenze, corsi di aggiornamento. Si scrivono montagne di libri su tematiche specifiche. Il risultato qual è? La scristianizzazione massiccia del cristiano. Allora è giusto che ci chiediamo: qual è il motivo di un così grande fallimento? A volte mi sembra di trovarmi al tempo di Mosè, in terra d’Egitto, secondo la visione di quegli eventi che viene offerta dal Libro della Sapienza. Vi è un passaggio che merita di essere preso in considerazione. Vi è in esso una verità che se fatta nostra, di certo potrà aiutarci a dare la giusta soluzione alla nostra pastorale.
I tuoi giudizi sono grandi e difficili da spiegare; per questo le anime senza istruzione si sono ingannate. Infatti gli ingiusti, avendo preteso di dominare il popolo santo, prigionieri delle tenebre e incatenati a una lunga notte, chiusi sotto i loro tetti, giacevano esclusi dalla provvidenza eterna. Credendo di restare nascosti con i loro peccati segreti, sotto il velo oscuro dell’oblio, furono dispersi, terribilmente spaventati e sconvolti da visioni. Neppure il nascondiglio in cui si trovavano li preservò dal timore, ma suoni spaventosi rimbombavano intorno a loro e apparivano lugubri spettri dai volti tristi. Nessun fuoco, per quanto intenso, riusciva a far luce, neppure le luci più splendenti degli astri riuscivano a rischiarare dall’alto quella notte cupa. Appariva loro solo una massa di fuoco, improvvisa, tremenda; atterriti da quella fugace visione, credevano ancora peggiori le cose che vedevano.
Fallivano i ritrovati della magia, e il vanto della loro saggezza era svergognato. Infatti quelli che promettevano di cacciare timori e inquietudini dall’anima malata, languivano essi stessi in un ridicolo timore. Anche se nulla di spaventoso li atterriva, messi in agitazione al passare delle bestie e ai sibili dei rettili, morivano di tremore, rifiutando persino di guardare l’aria che in nessun modo si può evitare. La malvagità condannata dalla propria testimonianza è qualcosa di vile e, oppressa dalla coscienza, aumenta sempre le difficoltà. La paura infatti altro non è che l’abbandono degli aiuti della ragione; quanto meno ci si affida nell’intimo a tali aiuti, tanto più grave è l’ignoranza della causa che provoca il tormento. Ma essi, durante tale notte davvero impotente, uscita dagli antri del regno dei morti anch’esso impotente, mentre dormivano il medesimo sonno, ora erano tormentati da fantasmi mostruosi, ora erano paralizzati, traditi dal coraggio, perché una paura improvvisa e inaspettata si era riversata su di loro (Sap 17,1-14).
Ecco la verità che ci insegna il Libro della Sapienza: “Fallivano i ritrovati della magia, e il vanto della loro saggezza era svergognato”. Sempre falliranno i ritrovati della nostra magia teologica e il vanto della nostra aggiornata scienza. Il modello di pastorale datoci da Gesù è assai diverso. Il suo è fondato su una sola regola: “Rimanere nel suo amore”. Ecco allora la regola della vera pastorale: mostra ad ogni uomo come si rimane nell’amore di Gesù. Questa sola regola basta per cambiare il mondo.
Se non viviamo questa regola, siamo in tutto come gli Egiziani. Confidiamo nella nostra magia pastorale, nella nostra illuminata scienza, ma essa è incapace di convertire un solo uomo. Se non ha convertito noi, potrà mai convertire gli altri? Impegnandoci invece a vivere ognuno la Parola di Gesù Signore con cuore puro e coscienza retta, la nostra luce attrae alla verità e la nostra pastorale convince alla conversione al Vangelo.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci vivere di Parola di Gesù.
Commento del Movimento Apostolico
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