Oggi, Solennità della Santissima Trinità, medita sul Vangelo del giorno; lettura e commento a cura di Don Lucio D’Abbraccio.
Gv 3,16-18 – Dio ha mandato il Figlio suo perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.
+ Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, disse Gesù a Nicodèmo:
«Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.
Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.
Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio».
Parola del Signore
Le Letture bibliche di questa domenica, festa della Santissima Trinità, ci aiutano ad entrare nel mistero dell’identità di Dio. La seconda Lettura presenta le parole augurali che San Paolo rivolge alla comunità di Corinto: «La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi
».Questa – diciamo – “benedizione” dell’Apostolo è frutto della sua esperienza personale dell’amore di Dio, quell’amore che Cristo risorto gli ha rivelato, che ha trasformato la sua vita e lo ha “spinto” a portare il Vangelo alle genti. A partire da questa sua esperienza di grazia, Paolo può esortare i cristiani con queste parole: «Siate gioiosi, tendete alla perfezione, fatevi coraggio a vicenda, […] vivete in pace». La comunità cristiana, pur con tutti i limiti umani, può diventare un riflesso della comunione della Trinità, della sua bontà, della sua bellezza. Ma questo – come lo stesso Paolo testimonia – passa necessariamente attraverso l’esperienza della misericordia di Dio, del suo perdono.
È ciò che accade agli ebrei nel cammino dell’esodo. Quando il popolo infranse l’alleanza, Dio si presentò a Mosè nella nube per rinnovare quel patto, proclamando il proprio nome e il suo significato. L’autore sacro scrive: «Allora il Signore scese nella nube, si fermò là presso di lui e proclamò il nome del Signore. Il Signore passò davanti a lui, proclamando: “Il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà”» (I Lettura). Questo nome esprime che Dio non è lontano e chiuso in sé stesso, ma è Vita che vuole comunicarsi, è apertura, è Amore che riscatta l’uomo dall’infedeltà.
Dio è “misericordioso”, “pietoso” e “ricco di grazia” perché si offre a noi per colmare i nostri limiti e le nostre mancanze, per perdonare i nostri errori, per riportarci sulla strada della giustizia e della verità.
Questa rivelazione di Dio è giunta al suo compimento nel Nuovo Testamento grazie alla parola di Cristo e alla sua missione di salvezza. Gesù ci ha manifestato il volto di Dio, Uno nella sostanza e Trino nelle persone; Dio è tutto e solo Amore, in una relazione sussistente che tutto crea, redime e santifica: Padre e Figlio e Spirito Santo.
E il Vangelo di oggi “mette in scena” Nicodemo, il quale, pur occupando un posto importante nella comunità religiosa e civile del tempo, non ha smesso di cercare Dio e, ora, ha percepito l’eco della sua voce in Gesù. Nel dialogo notturno con il Nazareno, Nicodemo comprende finalmente di essere già cercato e atteso da Dio, di essere da Lui personalmente amato.
L’evangelista infatti scrive che Gesù dice a Nicodemo: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna». Che cosa è questa vita eterna? È l’amore smisurato e gratuito del Padre che Gesù ha donato sulla croce, offrendo la sua vita per la nostra salvezza. E questo amore con l’azione dello Spirito Santo ha irradiato una luce nuova sulla terra e in ogni cuore umano che lo accoglie; una luce che rivela gli angoli bui, le durezze che ci impediscono di portare i frutti buoni della carità e della misericordia.
(CONTINUA DOPO IL VIDEO)
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Inoltre, quando Gesù afferma che il Padre ha dato il suo Figlio unigenito, ci viene spontaneo pensare ad Abramo e alla sua offerta del figlio Isacco, di cui parla il libro della Genesi (cf 22,1-14): ecco la “misura senza misura” dell’amore di Dio.
Ebbene, l’incontro con questo Dio ha incoraggiato Mosè, il quale, come narra il libro dell’Esodo, non ebbe paura di frapporsi tra il popolo e il Signore, dicendogli: «Sì, è un popolo di dura cervice, ma tu perdona la nostra colpa e il nostro peccato: fa’ di noi la tua eredità». E così ha fatto Dio inviando il suo Figlio. Noi siamo figli nel Figlio con la forza dello Spirito Santo! Noi siamo l’eredità di Dio!
La festa di oggi ci invita a lasciarci nuovamente affascinare dalla bellezza di Dio; bellezza, bontà e verità inesauribile. Ma anche bellezza, bontà e verità umile, vicina, che si è fatta carne per entrare nella nostra vita, nella nostra storia, nella mia storia, nella storia di ciascuno di noi, perché ogni uomo e donna possa incontrarla e avere la vita eterna. Questo è la fede: accogliere Dio-Amore, accogliere questo Dio-Amore che si dona in Cristo, che ci fa muovere nello Spirito Santo; lasciarsi incontrare da Lui e confidare in Lui. Questa è la vita cristiana. Amare, incontrare Dio, cercare Dio; e Lui ci cerca per primo, Lui ci incontra per primo.
La Vergine Maria, dimora della Trinità, ci aiuti ad accogliere con cuore aperto l’amore di Dio uno e trino, che ci riempie di gioia e dà senso al nostro cammino in questo mondo, orientandolo sempre alla meta che è il Cielo. Amen!
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