In quel tempo, Gesù giunse presso il mare di Galilea e, salito sul monte, lì si fermò. Attorno a lui si radunò molta folla, recando con sé zoppi, storpi, ciechi, sordi e molti altri malati; li deposero ai suoi piedi, ed egli li guarì, tanto che la folla era piena di stupore nel vedere i muti che parlavano, gli storpi guariti, gli zoppi che camminavano e i ciechi che vedevano. E lodava il Dio d’Israele. Allora Gesù chiamò a sé i suoi discepoli e disse: «Sento compassione per la folla. Ormai da tre giorni stanno con me e non hanno da mangiare. Non voglio rimandarli digiuni, perché non vengano meno lungo il cammino». E i discepoli gli dissero: «Come possiamo trovare in un deserto tanti pani da sfamare una folla così grande?». Gesù domandò loro: «Quanti pani avete?». Dissero: «Sette, e pochi pesciolini». Dopo aver ordinato alla folla di sedersi per terra, prese i sette pani e i pesci, rese grazie, li spezzò e li dava ai discepoli, e i discepoli alla folla. Tutti mangiarono a sazietà. Portarono via i pezzi avanzati: sette sporte piene.
Ogni discepolo di Gesù è mandato nel mondo per rivelare, mostrare, concretizzare, attuare, realizzare la compassione di Gesù verso ogni uomo. Risulta evidente che per compiere questa missione non solo si deve avere la fede di Cristo Gesù nel Padre, ma anche il cuore di Lui deve vivere nel nostro. Solo chi si conforma a Cristo, divenendo il suo stesso cuore, potrà dare verità alla missione che Gesù gli ha affidato. Un cuore che non è di Cristo mai potrà agire come Cristo. Una fede che non è di Gesù mai potrà consegnarsi al Padre allo stesso modo in cui si consegna Gesù.
Gesù vive con il cuore del Padre, sente la sua stessa compassione, il suo stesso amore. La pietà di Gesù è verso l’uomo, non verso una parte di esso. Quando noi nell’uomo separiamo spirito, corpo e anima, serviamo solo il corpo, lasciando nell’ignoranza di Dio lo spirito e nel peccato l’anima, nella disperazione i pensieri, nella confusione le idee, e ci dedichiamo solo al corpo, la nostra non è vera compassione. Manca dell’universalità. La parzialità non è mai vero amore, vera misericordia, vera carità. Non è servizio all’uomo, ma ad una parte di esso.
Quando la Chiesa vede il povero di vestiti o di pane e non vede il povero di luce, verità, giustizia, santità, la sua compassione è umana e non divina. Appartiene alla terra e non al cielo. È opera antropologia, non teologica. È azione parziale e non universale.
Cristo è il Salvatore dell’uomo, non di una parte di esso. Così dicasi per la Chiesa. Essa deve dare all’uomo la salvezza di Cristo che è per l’anima, lo spirito, il corpo. La sua carità materiale deve essere segno che attrae alla sua carità spirituale.
Urge operare una rivoluzione culturale, di purissima fede: passare dalla categoria materiale del povero alla categoria spirituale, teologica. Povero è chiunque è senza Dio. In tal senso anche un presbitero, un vescovo, lo stesso papa, potrebbe essere povero, assai povero.
Gesù vede una moltitudine di poveri nel corpo e nello spirito, nell’anima e nel cuore, nella mente e nei desideri. Mette a servizio di questa immane povertà la sua parola, la sua preghiera, la sua fede nel Padre. Mette a servizio tutto se stesso: spirito, anima, corpo, divinità, umanità. Tutto se stesso a servizio di tutto l’uomo. Questa è carità vera.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri nella compassione.
Commento a cura del Movimento Apostolico
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