Lettura e commento al Vangelo di Domenica, 5 Aprile – Forma breve (27, 11-54):
– Sei tu il re dei Giudei?
In quel tempo Gesù comparve davanti al governatore, e il governatore lo interrogò dicendo: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Tu lo dici». E mentre i capi dei sacerdoti e gli anziani lo accusavano, non rispose nulla.
Allora Pilato gli disse: «Non senti quante testimonianze portano contro di te?». Ma non gli rispose neanche una parola, tanto che il governatore rimase assai stupito. A ogni festa, il governatore era solito rimettere in libertà per la folla un carcerato, a loro scelta. In quel momento avevano un carcerato famoso, di nome Barabba. Perciò, alla gente che si era radunata, Pilato disse: «Chi volete che io rimetta in libertà per voi: Barabba o Gesù, chiamato Cristo?». Sapeva bene infatti che glielo avevano consegnato per invidia.
Mentre egli sedeva in tribunale, sua moglie gli mandò a dire: «Non avere a che fare con quel giusto, perché oggi, in sogno, sono stata molto turbata per causa sua». Ma i capi dei sacerdoti e gli anziani persuasero la folla a chiedere Barabba e a far morire Gesù. Allora il governatore domandò loro: «Di questi due, chi volete che io rimetta in libertà per voi?». Quelli risposero: «Barabba!». Chiese loro Pilato: «Ma allora, che farò di Gesù, chiamato Cristo?». Tutti risposero: «Sia crocifisso!». Ed egli disse: «Ma che male ha fatto?». Essi allora gridavano più forte: «Sia crocifisso!».
Pilato, visto che non otteneva nulla, anzi che il tumulto aumentava, prese dell’acqua e si lavò le mani davanti alla folla, dicendo: «Non sono responsabile di questo sangue. Pensateci voi!». E tutto il popolo rispose: «Il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli». Allora rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso.
– Salve, re dei Giudei!
Allora i soldati del governatore condussero Gesù nel pretorio e gli radunarono attorno tutta la truppa. Lo spogliarono, gli fecero indossare un mantello scarlatto, intrecciarono una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero una canna nella mano destra. Poi, inginocchiandosi davanti a lui, lo deridevano: «Salve, re dei Giudei!». Sputandogli addosso, gli tolsero di mano la canna e lo percuotevano sul capo. Dopo averlo deriso, lo spogliarono del mantello e gli rimisero le sue vesti, poi lo condussero via per crocifiggerlo.
– Insieme a lui vennero crocifissi due ladroni
Mentre uscivano, incontrarono un uomo di Cirene, chiamato Simone, e lo costrinsero a portare la sua croce. Giunti al luogo detto Gòlgota, che significa «Luogo del cranio», gli diedero da bere vino mescolato con fiele. Egli lo assaggiò, ma non ne volle bere. Dopo averlo crocifisso, si divisero le sue vesti, tirandole a sorte. Poi, seduti, gli facevano la guardia. Al di sopra del suo capo posero il motivo scritto della sua condanna: «Costui è Gesù, il re dei Giudei».
Insieme a lui vennero crocifissi due ladroni, uno a destra e uno a sinistra.
– Se tu sei Figlio di Dio, scendi dalla croce!
Quelli che passavano di lì lo insultavano, scuotendo il capo e dicendo: «Tu, che distruggi il tempio e in tre giorni lo ricostruisci, salva te stesso, se tu sei Figlio di Dio, e scendi dalla croce!». Così anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi e gli anziani, facendosi beffe di lui dicevano: «Ha salvato altri e non può salvare se stesso! È il re d’Israele; scenda ora dalla croce e crederemo in lui. Ha confidato in Dio; lo liberi lui, ora, se gli vuol bene. Ha detto infatti: “Sono Figlio di Dio”!». Anche i ladroni crocifissi con lui lo insultavano allo stesso modo.
– Elì, Elì, lemà sabactàni?
A mezzogiorno si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio. Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: «Elì, Elì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Costui chiama Elia». E subito uno di loro corse a prendere una spugna, la inzuppò di aceto, la fissò su una canna e gli dava da bere. Gli altri dicevano: «Lascia! Vediamo se viene Elia a salvarlo!». Ma Gesù di nuovo gridò a gran voce ed emise lo spirito.
(Qui si genuflette e si fa una breve pausa)
Ed ecco, il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo, la terra tremò, le rocce si spezzarono, i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi, che erano morti, risuscitarono. Uscendo dai sepolcri, dopo la sua risurrezione, entrarono nella città santa e apparvero a molti. Il centurione, e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, alla vista del terremoto e di quello che succedeva, furono presi da grande timore e dicevano: «Davvero costui era Figlio di Dio!».
Parola del Signore
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È la domenica delle Palme e della Passione del Signore, chiamata dalla liturgia «preludio alla Pasqua del Signore». Con i ramoscelli di ulivo abbiamo acclamato a Gesù: «Lode a te o Cristo, Re di eterna gloria. Osanna al Figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d’Israele! Osanna nell’alto dei cieli» (cf Mt 21,9). Lo abbiamo riconosciuto Re e Messia, abbiamo proclamato e accettato il suo primato nella nostra vita e nella storia, la sua regalità che è servizio agli uomini.
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La Parola che abbiamo ascoltato ci ha presentato, nella prima lettura, il servo del Signore, che ha scelto la via dell’obbedienza a Dio, della nonviolenza, sicuro dell’assistenza premurosa ed efficace di Dio. Questo Servo sarà benedizione e salvezza per il suo popolo. Paolo, nel famoso inno della Lettera ai cristiani di Filippi che abbiamo ascoltato nella seconda lettura, collega in maniera inscindibile l’umiliazione e l’obbedienza di Gesù fino alla morte, alla sua esaltazione, di modo che «ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre».
Ebbene, Gesù, il Messia, oggi fa il suo ingresso solenne e regale a Gerusalemme. Da re pacifico, cavalca un puledro tra una folla osannante. Questa stessa folla, che oggi lo acclama, lo esalta, griderà poi, al cospetto di Pilato: «Crocifiggilo».
Al termine del racconto della passione, l’evangelista ci dice che il centurione e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù esclamarono: «Davvero costui era Figlio di Dio!» (cf Mt 27,54). È la professione di fede davanti al Crocifisso, che non è soltanto il condannato, il reietto, ma è il Redentore innalzato da terra e glorificato. La liturgia così loda il Padre: «Nella potenza ineffabile della croce splende il giudizio sul mondo e il potere regale di Cristo crocifisso» (cf Prefazio della Passione del Signore I).
Il mistero di morte e di glorificazione che contempleremo nei giorni del triduo pasquale nei suoi vari aspetti, oggi ci è presentato in mirabile unità nella ricchezza della liturgia che stiamo celebrando.
La liturgia di questa domenica, dunque, ci invita a meditare sulla passione del Signore, nello scandalo della croce. Le celebrazioni di questa settimana, chiamata santa, ossia giovedì, venerdì e sabato, ci aiuteranno a comprendere meglio questo messaggio, che era «scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani» (cf 1Cor 1,23), ma che è la manifestazione dell’amore di Dio per noi, ed è invito perenne a entrare e rimanere nell’amore di Cristo, obbedendo alla sua parola.
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