Vangelo del giorno: Domenica, 23 Maggio 2021
Lettura e Commento al Vangelo di oggi: Gv 15,26-27; 16,12-15: “Lo Spirito di verità vi guiderà alla verità tutta intera…”
+ Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio.
Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».
Parola del Signore
Commento al Vangelo di don Lucio D’Abbraccio
Vogliamo essere Babele o Pentecoste?
Gli Atti degli Apostoli ci descrivono così l’evento di Pentecoste. Ci sono anzitutto dei segni esterni. Prima un segno percepibile all’udito: «Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso»; quindi un secondo segno percepibile alla vista: «Apparvero loro lingue come di fuoco»; e infine la realtà che non si vede, ma che è lo scopo di tutto: «Tutti furono colmati di Spirito Santo».
Cosa vuol dire che furono «colmati di Spirito Santo»? Che cosa provarono in quel momento gli apostoli? Fecero un’esperienza travolgente dell’amore di Dio, si sentirono inondati di amore, come da un oceano. Come lo sappiamo? Ce lo assicura san Paolo quando dice che «l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato» (cf Rm 5,5). Il primo effetto che lo Spirito Santo produce quando viene su una persona è di farla sentire amata da Dio di un amore tenerissimo. Tutto il resto (il perdono dei peccati, la grazia, le virtù teologali) è contenuto in questo amore. Si riapre, dunque, la comunicazione tra Dio e l’uomo, è come un nuovo inizio di tutto.
Ma qual è il segno che qualcosa di nuovo è successo nel mondo? Le lingue! Il racconto prosegue infatti dicendo: «e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi». Ora, la cosa strana è che questo parlare in «lingue nuove e diverse», anziché generare confusione, come ci sarebbe stato da aspettarsi, crea al contrario una mirabile intesa e unità. L’autore sacro scrive che «Abitavano allora a Gerusalemme Giudei osservanti, di ogni nazione che è sotto il cielo […] Parti, Medi, Elamiti, abitanti della Mesopotamia, della Giudea e della Cappadòcia, del Ponto e dell’Asia, della Frìgia e della Panfìlia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirene, Romani qui residenti, Giudei e prosèliti, Cretesi e Arabi» e «ciascuno li udiva parlare nella propria lingua delle grandi opere di Dio». Con ciò la Scrittura ha voluto mettere in luce il contrasto tra Babele e Pentecoste. A Babele tutti parlano la stessa lingua e, a un certo punto, nessuno più capisce l’altro, nasce la confusione delle lingue; a Pentecoste, ognuno parla una lingua diversa e tutti si capiscono. Come mai?
DOPO IL VANGELO LEGGI: La preghiera per invocare la ‘potenza’ dello Spirito Santo
Per scoprirlo basta osservare di che cosa parlano i costruttori di Babele e di che cosa parlano gli apostoli a Pentecoste. I primi dicono tra loro: «Venite, costruiamoci una città e una torre, la cui cima tocchi il cielo, e facciamoci un nome, per non disperderci su tutta la terra» (cf Gen 11,4). Questi uomini sono animati da volontà di potenza, vogliono «farsi un nome», ricercano la loro gloria.
A Pentecoste, gli apostoli proclamano invece «le grandi opere di Dio». Non pensano a farsi un nome, ma a farlo a Dio. Per questo tutti li comprendono. Dio è tornato a essere al centro; alla volontà di potenza, si è sostituita la volontà di servizio; alla legge dell’egoismo, quella dell’amore.
In ciò è contenuto un messaggio di vitale importanza per il mondo d’oggi. I cosiddetti «mezzi di comunicazione» sono i grandi protagonisti del momento. Ormai si parla di comunicazione globale, cioè senza più limiti, in cui ognuno può comunicare con tutti. Pensiamo al cellulare, a whatapp, a facebook, a instagram, a twitter etc., che ci permettono di fare tutto questo in viaggio, in volo, dappertutto, rendendo la comunicazione praticamente ininterrotta.
Premetto che tutto questo, nell’insieme, segna un progresso grandioso, di cui dobbiamo essere grati a Dio e alla tecnica che lo ha reso possibile. Detto questo, però, vorrei mettere in luce il rischio di tutta questa orgia di comunicazione, quando diventa fine a se stessa, chiusa a ogni comunicazione di diversa natura. Ma di che comunicazione si tratta? Una comunicazione che io chiamerei «consuntiva», nel senso che tende a consumarsi e a esaurirsi in se stessa. Una comunicazione esclusivamente orizzontale, superficiale, spesso manipolata e venale, cioè usata per arricchire. L’opposto, insomma, di una comunicazione «creativa», sorgiva, cioè che immette nel ciclo contenuti qualitativamente nuovi e aiuta a scavare in profondità in noi stessi e negli avvenimenti.
Le notizie che apprendiamo dai social, però, sono spesso effimere o fake news. La comunicazione, allora, diventa una comunicazione senza comunione. Un parlare tra sordi. È nota la barzelletta dei due sordi che si incontrano. Uno domanda: «Compare, vai a caccia?». E l’altro: «No, vado a caccia». E lui: «Ah, credevo che andassi a caccia». Nessuno evidentemente ha ascoltato quello che ha detto l’altro.
Ebbene, l’esperienza che ne deriva da questa comunicazione orizzontale è quella di una chiusura. Più cresce la comunicazione, più si sperimenta l’incomunicabilità. Che cosa significa? Noi parliamo molto sui social, virtualmente; ma non parliamo più avendo la persona davanti. Oggi tutti vogliamo parlare e nessuno vuole ascoltare. Tutti vogliamo far prevalere il nostro «io». Ecco perché vi sono guerre, divisioni, contrasti tra i popoli, società lacerate e confuse. Perché tutto ciò? Perché abbiamo respinto Dio e, senza Dio non ci capiamo più; senza Dio è aperta la strada all’odio; senza Dio non c’è fraternità.
Riscopriamo, dunque, il senso della Pentecoste. Riscoprire il senso della Pentecoste cristiana può salvare la nostra società moderna dallo sprofondare sempre più in una Babele delle lingue. Babele e Pentecoste sono due cantieri sempre aperti e in atto nella storia. Secondo sant’Agostino, nel primo si costruisce Babilonia, la «città di Satana», nel secondo si edifica Gerusalemme, la «città di Dio». Ogni nostra iniziativa civile o religiosa, privata o pubblica, è davanti a una scelta: o essere Babele, o Pentecoste. È Babele se in essa pensiamo a fare un nome a noi stessi, ad affermare noi stessi; è Pentecoste se con essa affermiamo anche l’altro e soprattutto Dio. È Babele dovunque c’è egoismo e manipolazione dell’altro; mentre è Pentecoste dovunque c’è amore e rispetto.
Ebbene, raccolta con Maria, come al suo nascere, la Chiesa quest’oggi prega: «Veni Sancte Spiritus! – Vieni, Spirito Santo, riempi i cuori dei tuoi fedeli e accendi in essi il fuoco del tuo amore!» e aiutaci ad essere sempre Pentecoste. Amen.
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La preghiera ‘segreta’ di Giovanni Paolo II allo Spirito Santo
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