La telefonata è arrivata ieri mattina. Due ore dopo Natalina Orlandi, la sorella di Emanuela, era nello studio di monsignor Angelo Becciu, sostituto per gli affari generali della Segreteria di Stato. Il Vaticano risponde dunque all’appello della famiglia.
Tre mesi dopo l’istanza depositata dalle avvocatesse Annamaria Bernardini De Pace e Laura Sgrò, l’alto prelato promette che incontrerà i legali e consegnerà loro «i documenti in nostro possesso».
Anche se, precisa, non c’è nulla che possa fornire novità rispetto a quanto già si conosce. E infatti subito dopo ribadisce quanto era stato affermato due giorni fa in una nota ufficiale: «Il dossier sulle spese sostenute dall’Apsa per gestire la vicenda è falso». Per questo monsignor Becciu assicura di volersi «fare carico del dolore della famiglia». Nel giugno scorso, quando la famiglia Orlandi si era rivolta direttamente al segretario di Stato Pietro Parolin chiedendo di conoscere «in che modo e da chi è stato seguito il caso», la risposta era stata categorica: «Il caso è chiuso».
In realtà i cinque fogli che circolano in Vaticano pubblicati due giorni fa dimostrano che ancora molto c’ è da scoprire. E soprattutto che altri documenti potrebbero essere veicolati all’ esterno delle mura.
Perché appare credibile che quel carteggio – attribuito all’ ex presidente di Apsa monsignor Lorenzo Antonetti per dare conto dell’ esborso di circa 500 milioni di lire tra gennaio 1983 e luglio 1997 – sia stato «confezionato» e dunque non sia autentico.
Ma è altrettanto plausibile che contenga alcuni messaggi per chi ha avuto a che fare con il sequestro della giovane avvenuto il 22 giugno 34 anni fa. Ecco perché l’iniziativa di monsignor Becciu è un primo passo importantissimo per la ricerca della verità. Un segnale forte per una famiglia che in tutto questo periodo ha atteso invano di conoscere la verità.
Durante l’incontro l’ avvocato rotale Sgrò ribadirà la volontà di «procedere in un clima di massima collaborazione per scoprire che cosa sia davvero accaduto ad Emanuela e anche negli anni successivi alla sua scomparsa». Le due indagini sui «corvi» in Vaticano hanno fatto emergere come i casi più scottanti che hanno coinvolto la Santa Sede siano diventati materia di ricatto.
E il rapimento della giovane evidentemente non fa eccezione. Proprio la consapevolezza che il dossier è contraffatto, dimostra infatti come qualcuno possa avere interesse a veicolare informazioni, o comunque a far sapere che in giro ci sono altre carte. In particolare si fa cenno a «197 pagine di allegati che riguardano i pagamenti».
E nei fogli è annotato un pagamento di 9 milioni di lire per «attività investigativa relativa al depistaggio con utilizzo di agenzia di supporto per le analisi in territorio italiano». Una «voce» che apparentemente non ha alcun significato specifico ma che potrebbe invece celare un messaggio per chi, nel corso degli anni, potrebbe aver lavorato proprio per indirizzare le indagini su false piste.
Fonte Corriere della Sera
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