“C’è ancora spazio per dialogare con i musulmani?”. La risposta è: sì, più che mai”. Comincia con questa convinzione netta la Dichiarazione resa nota dal Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, che sgombra il campo dall’equazione “religione” uguale “violenza”.
Chi crede in Dio rifiuta la violenza
Nonostante la cronaca più recente, si rileva, mostri una “radicalizzazione del discorso comunitario e religioso, con i conseguenti rischi dell’incremento dell’odio, della violenza, del terrorismo e alla crescente e banale stigmatizzazione dei musulmani e della loro religione”, con l’islam si può e deve dialogare perché anzitutto, si afferma, “la grande maggioranza dei musulmani stessi non si riconosce nella barbarie in atto” e poi perché “i credenti devono dimostrare che le religioni sono chiamate ad essere foriere di pace e non di violenza”.
L’infamia del terrorismo
“Uccidere, invocando una religione – viene ribadito nella nota – non è soltanto offendere Dio ma è anche una sconfitta dell’umanità”. Benedetto XVI, si ricorda, nel 2006 usò parole dure a riguardo asserendo che “nessuna circostanza vale a giustificare” il terrorismo, “che copre di infamia” chi lo attua “e che è tanto più deprecabile quando si fa scudo di una religione, abbassando così la pura verità di Dio alla misura della propria cecità e perversione morale”. “Pertanto – fa eco Papa Francesco, con quanto disse lo scorso novembre ad Ankara – la violenza che cerca una giustificazione religiosa merita la più forte condanna, perché l’Onnipotente è Dio della vita e della pace”.
Formidabile forza di pace
Sul versante opposto, prosegue la Dichiarazione, “i credenti costituiscono un formidabile potenziale di pace” e lungi dal voler “imporre la loro visione della persona e della storia”, con la loro ricerca del dialogo intendono “proporre il rispetto delle differenze, la libertà di pensiero e di religione, la salvaguardia della dignità umana e l’amore della verità”. E “continuare a dialogare anche quando si fa l’esperienza della persecuzione, può diventare – si insiste – un segno di speranza”.
Famiglia e scuola, chiavi della fraternità
La Dichiarazione del dicastero pontificio termina con l’invito ad avere il “coraggio di rivedere la qualità della vita in famiglia, le modalità di insegnamento della religione e della storia, il contenuto delle prediche nei nostri luoghi di culto”. Soprattutto la famiglia e la scuola, conclude, “sono le chiavi perché il mondo di domani si basi sul rispetto reciproco e sulla fraternità”.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana
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