Quattro condanne e un’assoluzione. Queste le richieste oggi del Promotore di Giustizia nel processo per appropriazione e divulgazione illecita di documenti riservati, giunto alla fase finale. Francesca Chaouqui è arrivata in tribunale con il figlio di poche settimane, che però non è stato portato in aula. Presenti tutti gli imputati, come conferma la nota della Sala Stampa vatcana. Si attengono le arringhe dei difensori.
Un’ora e cinquanta minuti, tanto è durata oggi pomeriggio la requisitoria dell’Ufficio del Promotore di giustizia. I due magistrati dell’accusa si sono alternati presentando “giurisdizione, fatti e qualificazione giuridica”. In pratica è stato ricostruito il quadro normativo nel quale si colloca e muove il processo, le competenze, i reati, differenze e responsabilità attribuite agli imputati. Tre le richieste di condanna per gli ex membri di Cosea: tre anni e un mese di reclusione per mons. Vallejo; tre anni e nove mesi di carcere per Francesca Immacolata Chaouqui e un anno e nove mesi di reclusione per Nicola Maio. Esiti diversi per i giornalisti: assolto per insufficienza di prove Emiliano Fittipaldi; un anno di carcere, con sospensione condizionale della pena, per Gianluigi Nuzzi. I tre ex membri della Commissione vaticana sono imputati per il reato di associazione criminale con lo scopo di rivelare notizie e documenti riguardanti interessi fondamentali dello Stato vaticano, mentre i giornalisti sono accusati di concorso nella divulgazione di documenti. Concorso morale, ovvero non per aver pubblicato, ma per aver rafforzato “con la loro disponibilità” la convinzione del “Gruppo Segreto” di poter rivelare notizie e diffondere documenti.
Prof. Zannotti e la giurisdizione
Il prof. Roberto Zannotti inquadra subito la questione della giurisdizione ovvero “perché ci si trova dinanzi ad un Tribunale vaticano”. Spiega che la normativa vigente prevede che se il reato è commesso in tutto o in parte, anche minima, nel territorio dello Stato esso ricade nella giurisdizione vaticana. Due i filoni percorsi per l’impianto accusatorio: uno associativo e uno relativo alle rivelazione di notizie e documenti. In pratica si è indagato per capire se vi fosse una struttura organizzata che voleva diffondere notizie e se vi è stata poi fuga di documenti. Zannotti precisa anche che “le condotte sono contestate in regime di concorso di persone” e porta l’esempio di mons. Vallejo, reo confesso, per spiegare che questo attrae nel giudizio davanti al Tribunale anche tutti coloro che hanno fatto parte del cosiddetto “gruppo ristretto” di Cosea e i due giornalisti. Aggiunge anche che per quanto riguarda “i delitti contro la sicurezza dello Stato vaticano”: se un tale reato è commesso all’estero da uno straniero ricade sempre sotto la competenza di un giudice vaticano.
Prof. Giampiero Milano e l’ombratilità prima di Cosea
Il prof. Giampiero Milano ricostruisce ancora una volta l’origine dei fatti partendo della costituzione di Cosea, nel giugno 2013. Il magistrato si riferisce dapprima a “consistenti conversazioni WhatsApp” tra mons. Vallejo e Chaouqui in cui la principale preoccupazione era la segretezza ed una certa “umbratilità”, invece di pensare all’importante incarico e discutere di come “svolgerlo al meglio”. Poi cita ancora una volta “la paura delle microspie” che il “gruppo ristretto aveva” (mons. Vallejo, Chaouqui e Maio), il ricorso a tecnici esterni per bonificare gli ambienti.
Gendarmeria estromessa
Il magistrato ricorda anche la deposizione di mons. Alfredo Abbondi il quale dichiarò che “davanti al sospetto di microspie nascoste nella Prefettura non chiamarono la Gendarmeria per non alzare il livello di controllo”. Ribadisce la testimonianza del gendarme De Santis sulla decisione di collocare il server, acquistato per il lavoro della Commissione, presso la caserma delle Guardie svizzere. Milano evidenzia ancora l’estromissione della Gendarmeria nonostante – afferma – sia il “massimo organo della sicurezza dello Stato vaticano”. Fu la stessa Chaouqui – continua – a parlare per prima, il 12 novembre del 2016, di una “Commissione segreta” creata da mons. Vallejo. Una realtà – aggiunge – che cercava sviluppi non sempre coincidenti con la Commissione di riforma voluta dal Papa, come nel caso del Vam (Vatican Asset Management) e sulla creazione di un fondo sovrano in Lussemburgo che venne bocciato dal Pontefice. In questo caso il “gruppo ristretto” aveva un atteggiamento contrario.
Le ritrattazioni di Chaouqui e Maio
I magistrati citano più volte le testimonianze pregresse di Maio e Chaouqui e le successive ritrattazioni “sulla commissione ombra”, la “super commessione con poteri illimitati” e “assoluti”. Inquadrano queste dichiarazioni come tentativi degli imputati di presentare una diversa verità dei fatti. Milano e Zannotti riportano all’attenzione della Corte le testimonianze del personale della Prefettura degli Affari Economici, citano Fralleoni, Pellegrino, Monaco per evidenziare la percezione netta che si aveva del “gruppo chiuso”, “ristretto”, con “intenti e finalità comuni”, “complottistiche” se pur nei “ruoli che ognuno aveva”.
I documenti e “l’altra Curia”
Rievocano le copiose fotocopie realizzate per “un archivio parallelo” , la paura degli archivisti in Prefettura che gli atti venissero pubblicati, come poi è stato. Milano si riferisce al gruppo creato da mons. Vallejo e parla di “un’altra Curia” con “finalità, composizione e modi” che non sono quelli della “Curia Romana”: “né per fini né per identità”.
Richieste borderline
Il promotore parla di richieste “borderline” e ricorda quella di Chaouqui a mons. Vallejo di copiare su carta intestata dello Ior un testo sul Monte dei Paschi di Siena che lei gli aveva inviato via email. Foglio poi stampato con le firme (misconosciute) del direttore generale Rolando Marranci e del presidente dello Ior, Ernst von Freyberg. Chaouqui disse che lo aveva fatto per mettere alla prova il pelato, ma Milano puntualizza che: “non è possibile dopo due anni di conoscenza tra i due asserire una cosa del genere”. “Il gruppo – continua – operava in questo modo e in più direzioni”.
Clima di rivalsa
Ricordato ancora il clima intimidatorio e di rivalsa che regnava verso la fine di Cosea, cioè quando – secondo Milano – “c’è il tracollo”. Mons. Vallejo “si rede conto che non otterrà il desiderato ruolo nella Segreteria per l’Economia e Chaouqui non avrà parte alla Commissione per i Media vaticani”. Qui secondo il Promotore si prendono i contatti con i giornalisti. Letti ancora una volta i messaggi WhatsApp tra il prelato e il marito dell’imputata, quest’ultimo scriveva: “Francesca è furiosa”, “L’ho tenuta buona una settimana”, “Ma pensano che trattarla così va bene?”, “Qualcosa farà, non umiliatela”.
Alleanza di potere
I magistrati mostrano apprezzamento nel ricordare che Maio verso la fine di Cosea si allontanò dal gruppo e dichiarò di averlo fatto perché “risucchiato in attività diverse da quelle istituzionali”. “Maio lascia comunque una traccia – spiega Milano – di quello che aveva vissuto” e legge in aula una email inviata dallo stesso imputato in cui si parla di un “segretario ombra che si segue dappertutto”, di aver tradito “la fiducia del Papa”, di “aver forgiato un’alleanza di potere”.
Vatican Asset Management
Il Promotore di giustizia torna sui documenti passati da Chaouqui a Nuzzi e parla di “non veridicità delle deposizioni” della donna. Si riferisce all’ammissione dell’imputata, nell’interrogatorio del 31 ottobre 2015, di aver passato al giornalista il Vam (Vatican Asset Management). Chaouqui disse in seguito che per “documenti” intendeva l’invito per la “terrazza per la Canonizzazione dei due Papi” e non il Vam. “E’ offensivo – incalza Milano – per una esperta di comunicazione chiamare documento un foglio, agli atti, senza nome, senza numero”. Per i magistrati nell’incontrarsi del “gruppo” c’è “una strategia”, una “condivisione proiettata nel tempo che porterà al concorso nello scambio e alla divulgazione” di documenti e notizie. Quindi configurando a pieno i reati contestati.
I giornalisti e i documenti
Che “i giornalisti abbiano ricevuto i documenti è indubbio – Afferma Zannotti – la copia staffetta degli articoli per L’Espresso inviata da Fittipaldi a Chaouqui aveva proprio lo scopo di confermare e condividere quale fosse stato l’utilizzo del materiale ricevuto precedentemente dalla donna. Come a dire: “hai visto che utilizzo ne ho fatto?”. Per quanto riguarda Nuzzi c’è la copiosa documentazione messa a disposizione da mons. Vallejo con la condivisione delle password della propria casella di posta elettronica e dei documenti qui contenuti. Zanotti cita anche la puntuale testimonianza del gendarme Gauzzi e le “risultanze investigative” sulla messaggistica WhatsApp tra “il gruppo ristretto” e tra Chaouqui e il giornalista e cita ancora la prima deposizione della Chaouqui sul Vam.
Associazione criminale
Dunque i magistrati spiegano che il reato di associazione criminale, per mons. Vallejo, Chaouqui e Maio si è configurato sussistendo i tre requisiti fondamentali del vicolo associativo stabile, dell’indeterminatezza del progetto criminoso e della struttura organizzativa. Rilevato anche che mons. Abbondi “in altri ordinamenti sarebbe stato considerato un fiancheggiatore” e quindi accusato “di concorso esterno in associazione” criminale. Reato non previsto dalla normativa vaticana.
Rivelazione di documenti e notizie
Il Promotore poi puntualizza il capo d’accusa riferito alla rivelazione di documenti e notizie. Cita ancora la deposizione Gauzzi e asserisce che le prove mettono in evidenza legami e scambi tra mons. Vallejo, Chaoqui e Maio. Precisa poi che i giornalisti sono accusati di “concorso morale” nella divulgazione di documenti. E afferma che il punto non è l’aver pubblicato nei libri “Avarizia e Via Crucis” i documenti ricevuti, ma il ruolo da loro avuto nell’offrire “presenza e disponibilità” a chi voleva consegnare i plichi. Fornendo così un “impulso psicologico”, un “rafforzamento nella convinzione” ad agire per rivelare le notizie.
Quattro condanne e un’assoluzione
“Dall’analisi dei contatti – spiega il Promotore di giustizia – la posizione dei due giornalisti appare diversa, con ruoli diversi”. “L’influenza di Emiliano Fittipaldi non è così chiara, conclamata”, “non ha avuto contatti assidui”. Quindi conclude con una richiesta di assoluzione per insufficienza di prove. L’ufficio del Promotore ritiene invece Nuzzi “concorrente morale nel reato” e richiede, anche se “meritevole delle attenuanti generiche”, una condanna ad un anno di reclusione, con sospensione condizionale della pena. “Motore primo con gravi responsabilità” è mons. Angel Lucio Vallejo Balda per il quale sono chiesti tre anni e un mese di carcere. Gli sono concesse le attenuanti generiche per lo “stato di soggezione” vissuto nei confronti della Chaouqui e per il comportamento collaborativo che ha avuto. Il Promotore si rivolge alla Chaoqui la definisce: “Coprotagonista e ispiratrice”, “motore di tutte le iniziative scellerate”, prende atto “del comportamento processuale censurabile” della donna “e della volontà di addossare ogni responsabilità su mons. Vallejo”. Quindi chiede una condanna a 3anni e 9 mesi di reclusione. Concesse anche a lei le attenuanti generiche perché incensurata. Un anno e nove mesi infine a Nicola Maio in considerazione del limitato ruolo avuto nella vicenda, anche a lui sono state concesse le attenuanti generiche.
Redazione Papaboys (Fonte it.radiovaticana.va/Massimiliano Menichetti)
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