Categorie: Italiae et Ecclesia

Vegliò: strage migranti, comunità internazionale abbia coraggio

Ieri al Regina Caeli, Papa Francesco ha espresso il suo “più sentito dolore” di fronte alla tragedia del mare al largo della costa libica, in cui sono morti centinaia di immigrati. Il Pontefice ha rivolto “un accorato appello affinché la comunità internazionale agisca con decisione e prontezza, onde evitare che simili tragedie abbiano a ripetersi. Sono uomini e donne come noi – ha detto – fratelli nostri che cercano una vita migliore, affamati, perseguitati, feriti, sfruttati, vittime di guerre; cercano una vita migliore… Cercavano la felicità”. Su questa nuova sciagura, ascoltiamo il commento del cardinale Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio per i migranti, al microfono di Fabio Colagrande:

Comunità internazionale agisca
R. – Questi che scappano dal proprio Paese o lo fanno per lasciarsi alle spalle situazioni di povertà o – parlo adesso dei rifugiati – situazioni di persecuzioni. Non hanno altra scelta, queste povere persone… Quante ne moriranno? Io credo che ne muoiano più di quelli che sappiamo noi. Noi ci lasciamo sconvolgere da numeri, ma dietro ogni persona c’è una famiglia, ci sono madri con al seno il loro bambino…

D. – Di chi sono le responsabilità di questa nuova ecatombe nel Mediterraneo?

R. – Non si può cercare un solo colpevole contro cui puntare il dito. Sarebbe facile e sarebbe comodo! Siamo un po’ tutti responsabili di queste tragedie. Nessuno si può permettere di osservare il problema dal di fuori, dall’esterno. Non dimentichiamo che, in fondo, l’arricchimento dei Paesi del Nord è una causa della povertà … dell’Africa, ad esempio. Le istituzioni, la Comunità internazionale, tutti devono decidersi a risolvere finalmente questa situazione. In molti ambiti, per esempio nelle persecuzioni dei cristiani, la Comunità internazionale sembra che non esista più! Mi chiedo addirittura se si abbia una reale volontà di risolvere i problemi… Io faccio un esempio: ricordo che, quando uccisero a Parigi i responsabili di quella rivista satirica, ci fu una marea di gente, un milione di persone, con a capo tutti i presidenti e i capi di governo dell’Europa. Sono morte in Kenya 150 persone: lei ha visto un capo di Stato? Lei ha visto una persona fare una dimostrazione? E’ il tragico di queste cose. L’Europa non può limitarsi a dare una risposta solo in termini di rispetto delle frontiere o di interventi militari, come chi cerca di difendersi da un nemico. Non stiamo parlando di una invasione, ma di un dramma umano, di gente che muore perché vuole vivere meglio.

Non è cristiano chi non si sente coinvolto


D. – Qual è il ruolo dei cattolici, dei cristiani nella società, nella politica per impedire queste stragi? Leggiamo in queste ore sul web – aggiungo – anche delle frasi che fanno riflettere su quanto forse il Vangelo non sia entrato nella nostra vita quotidiana e di quanto poi accogliere lo straniero – passando dalle parole ai fatti – diventi così difficile…

R. – Il cristiano non sarebbe assolutamente un cristiano se non si sentisse coinvolto in prima persona da quello che sta accadendo. Non ci si può limitare a osservare i morti, farne le statistiche, in modo passivo ed egoistico, stando magari comodo davanti alla televisione… Ogni cristiano deve essere un profeta di denuncia, perché non può starsene zitto per convenienze politiche. Sono drammi che ci investono noi come cristiani. Se uno non interviene in questi argomenti non è nemmeno un cristiano! Perché un cristiano deve parlare di giustizia, di solidarietà, di accoglienza, di misericordia, di fraterno soccorso. Lei accennava al richiamo al Vangelo: siamo così poco evangelici, purtroppo! Per quello dobbiamo sempre dire che il cristiano è impegnato e deve essere sempre più impegnato. Comunque dobbiamo ringraziare tutti i bravi sacerdoti, tutte le istituzioni ecclesiastiche, tutti i volontari, che stanno lavorando con impegno, assiduamente, per affrontare questo problema e per cercare di aiutare questi nostri fratelli che, purtroppo, muoiono per cercare una vita migliore.

Necessarie decisioni coraggiose

D. – Quale appello rivolge la Chiesa alle istituzioni?

R. – Mi auguro che, alla fine, vengano prese veramente decisioni coraggiose, concrete, perché ricordo che dopo Lampedusa l’Europa sembrava che avesse capito, che si fosse mossa. Andò il presidente, andò giù non so chi altro, ma comunque parecchia gente e non solo dell’Europa, ma anche dell’Italia… Dopo un po’ … chi ha detto ha detto … Sono convinto che servano nuove politiche europee di asilo per le migrazioni che mettano in primo piano il rispetto dei diritti umani e delle convenzioni internazionali. La classe politica non può strumentalizzare – come purtroppo sta invece avvenendo – queste tragedie! Certo, sono problemi, sono problemi gravi, che pongono dei punti interrogativi anche per l’immediato futuro. Però l’Europa deve cercare una soluzione al problema: non può risolvere il problema dicendo “Buttateli tutti via!” oppure “Ma, lasciateli ritornare nei loro Paesi”… Non sono soluzioni queste. Il problema c’è, bisogna cercare di avere delle soluzioni.

A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana

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