Ciò che si vede in quel fatidico venerdì è il capolinea della vita di un buon uomo, la sua vergogna, la sua debolezza, la sua sconfitta, la sua fine.
Uno spiraglio di speranza acceso nel cuore di chi aveva creduto alla Parola di quel Gesù di Nazareth, forse sarà scempiato con quella croce. Forse è questo ciò che si vede, ma non è la verità.
Non un uomo ucciso ma un uomo che si è donato e quando doni tutto te stesso, persino la tua vita per gli altri, non sei mai un perdente, hai raggiunto il livello più alto, nobile e ambizioso al quale un uomo più giungere.
Mi piace dire che Cristo si dona “per amare”, piuttosto che “per amore”. Si dona per amarci con tutto Sé stesso, passando dal doloroso momento della morte, per non morire mai più.
Quell’ultimo sospiro di Gesù è diventato il primo respiro dell’umanità intera. Mi chiedo: morte, dov’è adesso la tua vittoria? Non sei tu a farci tremare i polsi, non sei tu, quell’ultimo e certo momento di vita, a vincere sulla nostra vita.
Forse dovremmo solo aver paura di non gustare la nostra vita come un dono meravigliosamente grande e di non spenderla offrendola al nostro prossimo.
Riflessione di Francesca Parisi
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