Quando una donna ha un rapporto non protetto nel giorno che precede l’ovulazione (quello più fertile e con la massima frequenza di rapporti) e il giorno dopo ovula, può concepire entro 24 ore dall’ovulazione, essendo l’uovo disponibile per 24 ore. Il concepimento può avvenire quindi entro due giorni da quel rapporto. Sorge dunque un quesito: se EllaOne può essere assunta con efficacia costantemente superiore all’80% fino a cinque giorni dopo quel rapporto, e cioè fino a quattro giorni dopo l’ovulazione (avvenuta nel giorno successivo al rapporto), e tre giorni dopo il concepimento che ne fosse seguito, come può invocarsi un effetto anti-ovulatorio?
Eppure l’Ema (European Medicines Agency, l’ente regolatorio europeo), l’Aifa (l’ente omologo per l’Italia) e le più note Società Scientifiche sostengono che questi farmaci agiscono soltanto prevenendo l’ovulazione. Non si può mentire su queste tematiche: è in gioco il rispetto per la vita umana dal suo inizio, valore cardine della nostra civiltà, fondamento della Costituzione e delle nostre leggi, della stessa 194 all’articolo 1 e, prima ancora, della legge 405/75 che alla «tutela della salute della donna e del prodotto del concepimento» finalizza la procreazione responsabile. Disinformare su questi temi significa impedire alle singole persone di operare scelte libere proprio in quanto informate, calpestare la libertà professionale dei medici, negare ai politici la possibilità di legiferare in base a conoscenze documentate e ai giudici la possibilità di giudicare rettamente. Mentire su questi temi è ancora più grave se a farlo è chi, per mandato, questa conoscenza dovrebbe invece garantire.
I contraccettivi d’emergenza non prevengono l’ovulazione: quando vengono assunti nei giorni più fertili del ciclo mestruale, essi impediscono l’annidamento del figlio che fosse concepito. I giorni più fertili sono il giorno che precede l’ovulazione, il precedente, e il giorno stesso dell’ovulazione. In essi è massima anche la frequenza dei rapporti sessuali e soprattutto di quelli non protetti. Ne deriva che il massimo numero di concepimenti consegue a rapporti che si verificano proprio in questi giorni. Un contraccettivo di emergenza che impedisce il manifestarsi di gravidanze con un’efficacia che va dal 65% del Norlevo (Levonorgestrel, Lng) all’80-85% di EllaOne (Ulipristal Acetato, Upa) dovrebbe avere il suo massimo di efficacia se assunto dopo i rapporti che avvengono nei giorni più fertili. La letteratura medica ci dice, però, che sia Norlevo sia EllaOne, quando vengono assunti nei giorni più fertili del ciclo, non hanno più alcun effetto sull’ovulazione: la loro efficacia è invece dovuta a un effetto antiannidamento. Vediamo nel dettaglio.
I dati scientifici mostrano che il Norlevo (la ‘pillola del giorno dopo’) può inibire la liberazione dell’uovo soltanto quando viene assunto nel primo dei giorni fertili (prima che i livelli di Lh inizino a crescere). Assunto successivamente, nei giorni pre-ovulatori più fertili, Norlevo consente l’ovulazione ma impedisce la formazione di un buon corpo luteo: la ghiandola che deriva dal follicolo che ha liberato l’uovo e che prepara l’endometrio (il terreno fertile dentro l’utero) a ospitare il figlio. La donna ovula e può concepire, ma l’endometrio non consentirà all’embrione di annidarsi. Il Norlevo assunto prima dell’ovulazione ha, quindi, un effetto prevalentemente post-concezionale.
Complessivamente EllaOne (la ‘pillola dei cinque giorni dopo’), assunto nel periodo fertile del ciclo, inibisce o ritarda l’ovulazione in una percentuale di casi inferiore al 60%. In oltre il 40% dei casi invece la donna ovula e può concepire. Sono i dati (Brache 2010) ai quali tutti fanno riferimento. Se però analizziamo l’azione del farmaco nelle diverse fasi del periodo fertile vediamo che la sua efficacia, come per Norlevo, è del 100% solo quando viene assunto nel primo dei giorni fertili (prima che Lh inizi ad aumentare). Quando viene assunto successivamente la sua efficacia decresce fino quasi ad annullarsi (8%) 1-2 giorni prima dell’ovulazione, nel momento del picco di Lh, e cioè nei giorni più fertili del ciclo. In questi giorni, anche se la donna ingerisse EllaOne già durante il rapporto sessuale, il farmaco agirebbe come un placebo, senza alcuna efficacia sull’ovulazione, che seguirebbe entro due giorni come previsto da madre natura.
Conseguentemente, il concepimento potrebbe avvenire. La gravidanza tuttavia, anche in caso di concepimento, non comparirebbe perché EllaOne agisce in modo praticamente identico alla Ru486 usata per l’interruzione della gravidanza, della quale anzi sembra essere ancora più efficace. EllaOne, infatti, impedisce l’azione del progesterone, l’ormone che – come dice il nome – favorisce la gestazione, ostacolandone il normale effetto di preparazione dell’endometrio all’annidamento. Questi dati sono ampiamente riportati nella letteratura medica, ma Ema e Aifa li ignorano, limitandosi a recepire le considerazioni dell’azienda produttrice. Peraltro c’è discordanza anche all’interno dei documenti ufficiali dell’Ema, che Aifa passivamente si limita a recepire senza adeguatamente verificarli. Nella documentazione su EllaOne, per esempio, è scritto che «i dati farmacodinamici mostrano che anche quando viene assunto nell’imminenza dell’ovulazione, Ulipristal Acetato è in grado di ritardarla in alcune donne». In alcune donne: l’8%, come già visto, mentre tutte le altre donne (il 92%) che assumono il farmaco in quei giorni, i più fertili, ovulano regolarmente e possono concepire.
La contraccezione d’emergenza viene prescritta a seguito di rapporti non protetti avvenuti nei giorni fertili, quando il muco cervicale lascia entrare gli spermatozoi. Quando la donna ovula non vi sono ostacoli al concepimento. Se le gravidanze attese non compaiono è dunque perché questi farmaci impediscono l’annidamento del figlio in utero.
Da ultimo una considerazione sull’obiezione di coscienza. A nostro avviso la mancata prescrizione dei contraccettivi di emergenza dovrebbe essere considerata, più che un gesto di obiezione, un atto di pieno ossequio alla legge. Come già ricordato, lo Stato italiano attraverso le sue leggi nel definire gli aspetti della procreazione responsabile la finalizza esplicitamente alla «tutela della salute della donna e del prodotto del concepimento» (legge 405/1975). La tutela della salute della donna e del figlio che potrebbe essere generato è ribadita anche nella legge 194/1978 che, pur consentendo l’aborto in casi che dovrebbero essere eccezionali, proclama la tutela della vita umana dal suo inizio. Tutela della «vita umana», e non solo della gravidanza, che l’Organizzazione mondiale della sanità – riduttivamente e strumentalmente – pretende inizi dall’impianto in utero. La tutela del concepito, infine, è esplicitamente ribadita anche nel primo articolo della legge 40/2004, in un passaggio mai modificato dalle sentenze della Corte Costituzionale. In questo contesto, non si vede come al medico possa essere richiesto di prescrivere farmaci che agiscano o possano agire dopo il concepimento.
Disinformare il medico sul reale meccanismo d’azione di questi farmaci al fine di estorcerne la disponibilità a prescriverli è molto grave, soprattutto se a farlo è chi, per mandato istituzionale o accademico, ha il compito di tutelarne e promuoverne libertà e professionalità nell’interesse della salute e della vita.
di:
Filippo Maria Boscia
direttore del Dipartimento per la Salute della Donna e la tutela del nascituro-Asl Bari; professore di Fisiopatologia della riproduzione umana-Università di Bari; presidente della Società italiana per la bioetica e i Comitati etici; presidente nazionale Associazione medici cattolici (Amci)
Gian Luigi Gigli
membro della Commissione affari sociali e salute-Camera dei deputati; direttore della Clinica neurologica Università di Udine
Bruno Mozzanega
professore aggregato di Ginecologia-Dipartimento per la Salute della donna e del bambino-Università di Padova; docente di Pianificazione familiare Scuola di specializzazione in Ginecologia e ostetricia Università di Padova
fonte: Avvenire