1,8 miliardi di persone tra i 16 ed i 29 anni, ovvero un quarto dell’umanità: tanti sono i giovani del mondo. L’Istrumentum Laboris ne descrive la varietà, le speranze, le difficoltà. Strutturato in tre parti – riconoscere, interpretare, scegliere – il Documento cerca di offrirne le giuste chiavi di lettura della realtà giovanile, basandosi su diverse fonti, tra cui un Questionario on line che ha raccolto le risposte di oltre centomila ragazzi.
Cosa vogliono, dunque, i giovani di oggi? Soprattutto: cosa cercano nella Chiesa? In primo luogo, desiderano una “Chiesa autentica”, che brilli per “esemplarità, competenza, corresponsabilità e solidità culturale”, una Chiesa che condivida “la loro situazione di vita alla luce del Vangelo piuttosto che fare prediche”, una Chiesa che sia “trasparente, accogliente, onesta, attraente, comunicativa, accessibile, gioiosa e interattiva”. Insomma: una Chiesa “meno istituzionale e più relazionale, capace di accogliere senza giudicare previamente, amica e prossima, accogliente e misericordiosa”.
Ma c’è anche chi alla Chiesa non chiede nulla o di essere lasciato in pace, ritenendola un interlocutore non significativo o una presenza “fastidiosa ed irritante”. E c’è una ragione in questo atteggiamento critico: gli scandali sessuali ed economici, su cui i giovani chiedono alla Chiesa di “rafforzare la sua politica di tolleranza zero contro gli abusi sessuali all’interno delle proprie istituzioni”; l’impreparazione dei ministri ordinati, che non sanno intercettare la sensibilità dei giovani, e lla fatica della Chiesa stessa di “rendere ragione delle proprie posizioni dottrinali ed etiche di fronte alla società contemporanea”.
Tutto questo si articola secondo alcune parole-chave che l’Istrumentum Laboris fa emergere:
1. Ascolto: i giovani vogliono essere ascoltati con empatia, proprio “lì dove si trovano, condividendo la loro esistenza quotidiana”; desiderano che le loro opinioni vengano prese in considerazione, cercano sentirsi parte attiva della vita della Chiesa, soggetti e non meri oggetti di evangelizzazione. Tutti i giovani vogliono essere ascoltati, nessuno escluso, tanto che “l’ascolto è la prima forma di linguaggio vero e audace che i giovani chiedono a gran voce alla Chiesa”, e là dove vengono offerti “ascolto, accoglienza e testimonianza in modo creativo e dinamico, nascono sintonie e simpatie” fruttuose.
2. Accompagnamento: spirituale, psicologico, formativo, familiare, vocazionale: in ognuna di queste forme, l’accompagnamento è fondamentale per i ragazzi. Esso, infatti, “non è un optional rispetto al compito di educare ed evangelizzare i giovani, ma un dovere ecclesiale e un diritto di ogni giovane”; serve a formare coscienze e libertà, a coltivare sogni ma anche ad intraprendere “passi concreti nelle strettoie della vita”. Centrale, quindi, il ruolo della famiglia che “continua a rappresentare un riferimento privilegiato nel processo di sviluppo integrale della persona”, pur necessitando di una riflessione sulla figura paterna, la cui “assenza o evanescenza” produce “ambiguità e vuoti”. Fondamentale anche il compito delle scuole e delle comunità cristiane che fanno sì che i giovani non si sentano soli, scartati, abbandonati nel loro percorso di crescita.
3. Conversione: diverse le accezioni di “conversione” indicate dal Documento sinodale: c’è il dramma di giovani cristiani che “rappresentano una minoranza esposta alla violenza e alla pressione della maggioranza che pretende la loro conversione”, ma c’è anche la richiesta di una “conversione sistemica” in ambito educativo, affinché tutte le strutture formative ed i loro membri investano di più nella loro “formazione integrale” così da non “trasmettere solo contenuti”, ma da essere anche “testimoni di maturità umana”, in grado di rendere i giovani soggetti e protagonisti della loro stessa vita. Centrale anche il richiamo alla “conversione ecologica”: i giovani sono molto sensibili sull’argomento ed il loro apporto è indispensabile per avviare un cambiamento duraturo nello stile di vita di ciascuno. C’è, infine, l’appello ad una “necessaria e coraggiosa ‘conversione culturale’ della Chiesa” affinché sappia “riconoscere, dare spazio ed incentivare” la creatività “unica e necessaria” della vita consacrata, “luogo specifico di espressione del genio femminile”.
4. Discernimento: tra le parole più presenti nel Documento, il discernimento viene inteso come “stile di una Chiesa in uscita”, per rispondere alle esigenze di giovani: “Mi trovo ora come di fronte a un muro, quello di dare senso profondo alla mia vita. Penso di aver bisogno di discernimento di fronte a questo vuoto”, scrive un ragazzo. “Dinamica spirituale” per “riconoscere e accogliere la volontà di Dio nel concreto” delle singole situazioni, il discernimento va offerto alle giovani generazioni come “strumento di lotta” che li renda “capaci di riconoscere i tempi di Dio”, per “non sprecare” le sue ispirazioni ed il suo “invito a crescere”. “Dono e rischio” allo stesso tempo, perché non immune dall’errore, il discernimento insegna ai ragazzi “la disponibilità ad assumere decisioni che costano”. In ambito vocazionale, inoltre, il giusto discernimento dovrà avvalersi di persone competenti e di “strutture di animazione adeguate, efficienti ed efficaci, attrattive e luminose per lo stile relazionale e le dinamiche fraterne che generano”.
5. Sfide: discriminazioni religiose, razzismo, precariato lavorativo, povertà, tossicodipendenza, alcolismo, bullismo, sfruttamento sessuale, pedopornografia, corruzione, difficoltà di accesso allo studio, solitudine…Le sfide che i giovani devono affrontare oggi sono innumerevoli. Molte di essere – spiega l’Instrumentum Laboris – sono generate da fenomeni di esclusione, dalla “cultura dello scarto”, da un uso improprio delle nuove tecnologie digitali così pervasive, ma anche rischiose per quel fenomeno di “dark web” che possono generare. Importante, poi, la questione dei giovani migranti, spesso vittime di tratta, per i quali il Documento sinodale chiede di “attivare percorsi a tutela giuridica della loro dignità e capacità di azione e, al tempo stesso, di promuovere cammini di integrazione nella società in cui arrivano”. Tutta la pastorale, quindi, anche quella giovanile, è chiamata “a evitare forme di ghettizzazione e promuovere reali occasioni di incontro”. Fortunatamente, non mancano le sfide positive: la musica, con il suo valore socializzante; lo sport che, nell’ambito della sana competizione, permette di scoprire la cura e la disciplina del corpo, il lavoro di squadra, il rispetto delle regole e lo spirito di sacrificio; l’amicizia tra coetanei, vero e proprio “strumento di emancipazione dal contesto familiare, di consolidamento dell’identità e di sviluppo di competenze relazionali” di ciascuno.
6. Vocazione: in tale ambito, il Documento sinodale mette in luce una difficoltà oggettiva: i giovani hanno “una visione riduttiva” del termine “vocazione”, il che crea “un forte pregiudizio” poiché la pastorale vocazionale viene vista come “un’attività finalizzata esclusivamente al ‘reclutamento” di sacerdoti e religiosi’. Da qui nasce la necessità di ripensare la pastorale giovanile vocazionale in modo che sia “di ampio respiro” e “significativa per tutti i giovani”. Ogni ragazzo, infatti, ha una sua vocazione che può esprimersi in vari ambiti – la famiglia, lo studio, la professione, la politica…- divenendo “un fulcro di integrazione di tutte le dimensioni della persona”: i talenti naturali, le competenze acquisite, i successi ed i fallimenti “che ogni storia personale contiene”, “la capacità di entrare in relazione e di amare”, l’assuzione di responsabilità “all’interno di un popolo e di una società”. Nello specifico delle vocazioni sacerdotali, invece, la Chiesa è chiamata a riflettere, perché “è innegabile la sua preoccupazione per il calo numerico dei candidati – si legge nell’Instrumentum – Ciò rende necessaria una rinnovata riflessione sulla vocazione al ministero ordinato e su una pastorale vocazionale che sappia far sentire il fascino della chiamata di Gesù a divenire pastori del suo gregge”.
7. Santità: il Documento sinodale si conclude con una riflessione sulla santità, poiché “la giovinezza è un tempo per la santità” ed essa va proposta come “orizzonte di senso accessibile a tutti i giovani”. In fondo, tutti i Santi sono stati giovani: la “narrativa” della loro vita, allora, possa permettere ai ragazzi di oggi di “coltivare la speranza” affinché – come scrive Papa Francesco nella preghiera finale del Documento – i giovani, “con coraggio, prendano in mano la loro vita, mirino alle cose più belle e più profonde e conservino sempre un cuore libero”.
Isabella Piro – Città del Vaticano – Vaticannews.va
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