È un regalo di compleanno. L’unico possibile per figli mai visti, mai abbracciati, mai coccolati. «È il solo modo per essere con loro in una giorno speciale, il giorno della prima candelina», motivano la scelta di affidare al Corriere la pubblicazione di una lettera. Angelica e Michele (nomi di fantasia), si guardano sorridendo, malinconici. Non un filo di rivendicazione anima i genitori biologici dei due gemelli nati il 3 agosto scorso da un’altra mamma e un altro papà, per errore. Una storia che sembra tratta da un romanzo. Invece è tragicamente reale.
Le due coppie erano in cura presso il centro di procreazione medicalmente assistita dell’ospedale Pertini, a Roma, per problemi di infertilità. La biologa si sbagliò e almeno due delle provette appartenenti alle cinque donne in attesa quella mattina di dicembre 2013 furono scambiate. Gli embrioni di Angelica e Michele vennero trasferiti nel grembo di una paziente dal cognome simile. Quattro mesi più tardi, con l’esame del liquido amniotico dei feti, la scoperta della verità. Il Dna dei gemellini risultò incompatibile con quello della felice gestante che si era sottoposta all’esame semplicemente per assicurarsi che la gravidanza procedesse bene. Partì un’indagine con tanto di analisi genetiche e i genitori biologici vennero identificati.
Angelica e Michele hanno cercato di riavere i bambini per vie legali con un ricorso d’urgenza al Tribunale di Roma. Inutilmente. In Italia la legge è molto chiara, i figli appartengono a chi li partorisce. Il giudice che l’8 agosto ha respinto la richiesta di poterli riconoscere subito dopo la nascita, nell’ordinanza usa la parola dramma. Nel ricorso veniva sollevata tra l’altro la questione della costituzionalità del nostro ordinamento nella parte in cui non prevede la tutela dei genitori genetici. Le due coppie non si sono mai incontrate come auspicavano in un parere gli esperti del Comitato nazionale di bioetica indicando il modello di una sorta di famiglia allargata in cui i «proprietari» degli embrioni potessero almeno seguire la crescita dei neonati e condividere la gioia di vederli. «Non abbiamo colpe, ci serve serenità», hanno spiegato il rifiuto la madre e il padre legali dei gemellini, sottraendosi all’incontro.
Da allora la situazione non è cambiata. Nessun contatto fra i quattro protagonisti adulti di una storia che ha provocato a tutti profonde sofferenze. Angelica e Michele hanno atteso invano un segnale di disponibilità al dialogo, richiesto in varie forme. Non hanno perso la speranza di riceverlo. Però rispettano la scelta del silenzio, comprendendo le ragioni altrui, i timori che la felicità di una famiglia venga minacciata dall’intrusione di terze persone.
«Forse, chissà, un giorno cambieranno idea e accetteranno di parlarci – si augura quieto Michele -. Nella lettera desideriamo far sapere ai piccoli che non li abbiamo dimenticati, che saranno per sempre nel nostro cuore sebbene siano lontani e ignari del nostro amore. Noi siamo le loro radici». Firmato, mamma e papà . (Corriere.it)
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