Erdogan minaccia l’Europa. E lo fa a muso duro, creando un vero e proprio allarme invasione per l’Unione. «Se l’Ue insiste a ostacolare la nostra operazione contro i curdi, definendola un’occupazione, apriremo le porte a 3,6 milioni di rifugiati e li manderemo da voi».
Mentre sull’invasione turca del nord-est della Siria piovono condanne e allarmi da tutto il mondo, e il Consiglio di sicurezza dell’Onu affronta il caso, Recep Tayyip Erdogan torna a sfoderare l’arma del ricatto all’Europa. Il leader di Ankara rilancia l’accusa a Bruxelles di non aver rispettato le «promesse» sui 6 miliardi di euro di aiuti per i profughi e rivendica ora nuovi «finanziamenti internazionali» per la sua zona cuscinetto in Siria, dove vuole trasferire almeno 2 milioni di persone. Parole che hanno scatenato una bufera diplomatica.
«Inaccettabili le minacce di Erdogan sui profughi», hanno avvertito da Roma il premier Giuseppe Conte e il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, che ha fatto convocare alla Farnesina l’ambasciatore turco a Roma. Una mossa analoga è giunta da Francia e Belgio. Mentre Donald Trump ha lanciato un nuovo monito: «Seguo la situazione da vicino. E se non agirà secondo le regole, la Turchia sarà colpita molto duramente finanziariamente e con delle sanzioni». A poco più di 24 ore dall’inizio dell’operazione militare ribattezzata “Fonte di pace”, il bilancio umanitario è drammatico. Decine di migliaia di sfollati interni – 60 mila fuggiti verso sud, secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani – e vittime civili su entrambi i fronti, mentre l’offensiva prosegue a spron battuto sul terreno, tra raid aerei e martellamenti d’artiglieria.
Almeno «174 terroristi sono stati uccisi» finora, secondo la Difesa turca. I primi villaggi curdi sono già caduti nelle mani dell’esercito di Erdogan e delle milizie locali sue alleate. L’avanzata prosegue senza sosta. Come confermano fonti sul terreno, le località strategiche di Tal Abyad e Ras al Ayn, poco oltre il confine, sono ormai accerchiate. Il ministro degli Esteri Mevlut Cavusoglu ha ribadito che la Turchia vuole spingersi almeno fino a 30 km nell’entroterra siriano. E nel mirino, ha aggiunto, c’è pure Kobane, dove al momento risultano però ancora presenti i marines americani. Ankara colpisce «solo i terroristi» curdi e dell’Isis, assicura ancora la Difesa, ma dal fronte opposto continuano le denunce di vittime civili: almeno 8, secondo l’ultimo bilancio delle Forze democratiche siriane. I curdi, che rivendicano l’uccisione di 5 soldati nemici, non confermata dalla Turchia, rispondono con razzi e colpi di mortaio sparati verso le località frontaliere, dove per precauzione stamani erano state chiuse le scuole. Ma non è bastato ad evitare altre morti di civili. Quelle accertate sono almeno sei in tre diverse località turche – Akcakale, Ceylanpinar e Nusaybin – e tra le vittime c’è anche un piccolo rifugiato siriano di appena 9 mesi. Almeno 70 sono poi i feriti negli ospedali della zona.
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