Fra le diverse famiglie ce ne saranno, insieme, anche una russa e una ucraina. La prima famiglia è quella di cui fa parte Albina, una studentessa del corso di laurea in Infermieristica dell’Università Campus Bio-Medico, mentre la seconda è quella di Irina, un’infermiera ucraina che lavora nel centro di cure palliative “Insieme alla cura”, della Fondazione Policlinico Universitario dello stesso ateneo.
Il Vaticano ha deciso di confermare la loro presenza nonostante sia l’ambasciatore di Ucraina presso la Santa Sede Andriy Yurash, sia l’arcivescovo della Chiesa greco-cattolica ucraina Sviatoslav Shevchuk hanno protestato contro un’idea “inopportuna e ambigua” che “non tiene conto del contesto di aggressione militare russa contro l’Ucraina”.
La tredicesima Stazione vedrà la presenza di una donna russa e di una ucraina.
L’incontro tra un’infermiera ucraina, Irina, nel Centro di cure palliative “Insieme nella cura” della Fondazione Policlinico Universitario Campus Bio-Medico di Roma e una studentessa russa, Albina, del Corso di Laurea in Infermieristica dell’Università Campus Bio-Medico. Le loro voci, quotidianamente vicine a chi soffre, esprimono la stessa speranza per la pace. Il mondo ha bisogno di pace e amore.
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Sull’Osservatore Romano si legge della lunga testimonianza di fede e dell’incontro tra Irina e Albina. “La nostra amicizia nasce all’interno del reparto di cure palliative “Insieme nella cura”. Il nostro incontro è avvenuto proprio in questo luogo molto delicato. Dal primo momento, il nostro legame è stato molto naturale. È nata questa una amicizia in modo spontanea. E quindi, ogni volta che ci incontravamo, era una emozione.
Quando ci siamo incontrate poco dopo l’inizio della guerra, Albina è venuta nel reparto. Io ero di turno. È bastato il nostro sguardo: i nostri occhi si sono riempiti di lacrime. Mi emoziono sempre nel ricordare che Albina, (di nazionalità russa, ndr) ha cominciato a chiedermi scusa. In quel momento era veramente inconsolabile. Non riuscivo a consolarla. Lei si sentiva in colpa e mi chiedeva scusa. Io la rassicuravo che lei non c’entrava niente in tutto questo”.
E proprio a questo “abbandono” fa ampio riferimento la meditazione.
Eccolo:
“La morte intorno. La vita che sembra perdere di valore. Tutto cambia in pochi secondi. L’esistenza, le giornate, la spensieratezza della neve d’inverno, l’andare a prendere i bambini a scuola, il lavoro, gli abbracci, le amicizie… tutto. Tutto perde improvvisamente valore. “Dove sei Signore? Dove ti sei nascosto? Vogliamo la nostra vita di prima. Perché tutto questo? Quale colpa abbiamo commesso? Perché ci hai abbandonato? Perché hai abbandonato i nostri popoli? Perché hai spaccato in questo modo le nostre famiglie? Perché non abbiamo più la voglia di sognare e di vivere? Perché le nostre terre sono diventate tenebrose come il Golgota?”.
Le lacrime sono finite. La rabbia ha lasciato il passo alla rassegnazione. Sappiamo che Tu ci ami, Signore, ma non lo sentiamo questo amore e questa cosa ci fa impazzire. Ci svegliamo al mattino e per qualche secondo siamo felici, ma poi ci ricordiamo subito quanto sarà difficile riconciliarci. Signore dove sei? Parla nel silenzio della morte e della divisione ed insegnaci a fare pace, ad essere fratelli e sorelle, a ricostruire ciò che le bombe avrebbero voluto annientare”.
Puoi approfondire leggendo l’articolo di Mimmo Muolo su Avvenire
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