Da parte sua, l’Ungheria fa sapere che l’esercito ha cominciato operazioni militari per preparare i propri effettivi a una stretta sorveglianza della frontiera meridionale con la Serbia. Nei giorni scorsi lo aveva annunciato il premier Viktor Orban. Intanto il Parlamento Europeo ha approvato il piano della Commissione Europea. Il servizio di Fausta Speranza:
Si’ dell’Europarlamento a larga maggioranza al nuovo piano vincolante di ricollocazione dei richiedenti asilo proposto dalla Commissione. Lunedì il piano sarà sul tavolo dei Ministri degli Interni dei 28. Juncker, dopo che da luglio si discute di circa 40.000 ricollocamenti tra i profughi arrivati in Italia e Grecia, ha aggiornato la cifra a 160.000 persone da accogliere sul territorio europeo, dopo l’esplosione sulla rotta balcanica e gli arrivi in Ungheria, Germania, Austria. Ma al ricollocamento si oppongono i 4 Paesi del gruppo di Visegrad: Polonia, Ungheria, Slovacchia, Repubblica Ceca, che vorrebbero contribuire in modo diverso, come ci spiega la deputata del gruppo Alde al Parlamento Europeo, Martina Dlabajovà:
R. – Si tratta soprattutto di un rafforzamento di assistenza bilaterale, di un aiuto, di un supporto, un sostegno per i gruppi più deboli, che sono le madri con i figli, i bambini, gli anziani… E si tratta anche di un aiuto concreto, materiale, finanziario, ai Paesi da cui arriva il maggior numero di immigrati in Europa. Si tratta anche di creare una base di esperti e tecnici che potrebbero essere di aiuto. Quindi, per dare un’informazione concreta, si parlava addirittura di inviare degli esperti in Italia, in Ungheria, dove ci sono in questo momento i più grandi bisogni di aiuto e di lavoro e di offrire questa expertise, questo approccio tecnico esperto. Ovviamente, quello che è molto importante sarebbe agire di forza contro quelli che sono gli smugglers,i trafficanti. Bisogna creare veramente un piano di azione, come alla fine noi sappiamo fare: lei sa bene che nella storia noi abbiamo affrontato con successo i pirati della Somalia.
D. – Quindi lei parla di traffico di esseri umani e non fa distinzione tra poveri che fuggono dalla povertà o rifugiati che fuggono dalla guerra?
R. – Non è una questione di fare distinzione. La questione è che qualcuno organizza e poi non si fa più distinzione tra quelli che sono i poveri e quelli che non lo sono, ma c’è qualcuno che organizza il traffico. Quindi lì bisogna essere molto cauti e cercare di agire urgentemente. Poi, una cosa importante, di cui ovviamente si parla spesso in Europa, è che bisognerebbe aumentare anche i fondi di sviluppo per l’aiuto a questi Paesi che ne avrebbero più bisogno, quindi individuare anche i Paesi dove dobbiamo risolvere la situazione al più presto.
D. – Nel caso della Siria non si tratta di sviluppo mancato ma si tratta di un conflitto conclamato…
R. – Ci stavo arrivando, mi ha giusto anticipato. Infatti, ovviamente, ci sono alcune situazioni come la situazione di conflitti di guerra dove l’Unione Europea non può agire e anche per il diritto internazionale non ha possibilità di agire, quindi lì bisogna coinvolgere di più le Nazioni Unite. Questo è un appello che i Paesi del gruppo di Visegrád fanno molto forte: non è solo una questione europea ma è una questione mondiale, dobbiamo quindi far intervenire le Nazioni Unite.
Della posizione del cosiddetto gruppo di Visegrad, abbiamo parlato con Giandomenico Caggiano, docente di diritto dell’Ue all’Univeristà Roma Tre:
R. – Io penso che si tratti di una ingiustificata paura, perché certamente alcune migliaia di profughi non altererebbero la loro identità nazionale. Si tratta di un atteggiamento troppo diffuso nei Paesi ex-comunisti: hanno sempre paura di perdere la loro sovranità recentemente conquistata. Ma quello che voglio dire è soprattutto che queste regole relative al diritto di asilo e ai rifugiati non sono soltanto diritto dell’Unione Europea – si deve ricordare almeno l’art.80 del Trattato, da tutti sottoscritto, che parla proprio della solidarietà e del senso di obbligatorietà che lega gli Stati membri all’accoglimento dei rifugiati… – ma sono anche e soprattutto diritto internazionale: oramai è evidente che coloro che fuggono da guerre, dal pericolo per la vita, da situazioni estreme hanno diritto di essere accolti e di avere una chance per il loro futuro. Questo, quindi, assolutamente non può esimere gli Stati ex-comunisti e membri dell’Unione Europea dal partecipare a questo meccanismo che io credo, tra l’altro, finirà con l’avere la maggioranza: se si voterà nel Consiglio, questi Stati andranno in minoranza.
D. – Professore, proprio in base al diritto, che cosa possono fare a proposito di misure alternative all’accoglienza?
R. – Io sono – devo dire – molto perplesso rispetto a questa idea di lascarli liberi di rifiutare le quote, la ricollocazione e il reinsediamento e, al tempo stesso, di accettare di introdurre delle penalizzazioni di tipo economico, perché comunque si tratta di decisioni che hanno un contenuto e non soltanto finanziario. Certo, può darsi che questa diventi la mediazione possibile, ma io penso che avrebbe un significato molto più importante il fatto di rispettare un protocollo, uno standard, un sistema comune che attribuisca nel merito delle quote di ricollocazione dei rifugiati, piuttosto che prevedere una quota parte minima, zero virgola qualcosa, del budget dell’Unione Europea, che si fa su tante altre cose.
D. – Diciamo sempre che l’Europa non si pronuncia con una voce sola: in questo caso lo farebbe se non ci fosse il blocco dei Paesi di Visegrad?
R. – Sì. Io credo che sia successo qualcosa di straordinario negli ultimi giorni, quale che sia l’evoluzione… Non è forse il momento di analizzare le ragioni di questa modifica rivoluzionaria, profonda, che è accaduta nell’ultima settimana ma va sottolineata. Qualcosa di straordinario, perché soltanto a giugno-luglio erano quasi tutti contrari. Quindi, questo trasformare una maggioranza di oppositori in una minoranza di oppositori, molto ben precisa, ideologicamente collegata ai Paesi ex-comunisti, è stato un miracolo, una autentica rivoluzione, che comporta che la materia del diritto di asilo diventi – con le modifiche verosimili e probabili del regolamento di Dublino – una materia di integrazione, una materia di sovranità. Sono molto felice di questo!
Resta da dire che Juncker, chiedendo a tutti il coraggio di essere all’altezza dlla solidarietà necessaria, ha sottolineato che l’Europa può farlo, indicando un dato significativo: gli ingressi sarebbero pari allo 0,11% della popolazione.
Redazione Papaboys (Fonte it.radiovaticana.va)