A guardare le immagini girate con un drone da Francesco Riti per l’Enac non sembra davvero che ad Arquata del Tronto siano trascorsi 12 mesi dalla notte del 24 agosto 2016, quando, alle 3:36, la terra ha tremato la prima volta; e ha tremato, ancora più forte, due mesi dopo, il 26 e 30 ottobre, distruggendo definitivamente il paese all’ombra del Monte Vettore.
Ad Arquata ,dove domani si attende la visita del premier Paolo Gentiloni, ci sono solo detriti, pietre, muri sbriciolati, interi palazzi rasi al suolo, altri sventrati. C’è perfino un’auto semidistrutta e mai rimossa. Solo le aquile volano su Arquata e la sua Rocca, il simbolo del borgo, che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha promesso verrà restituito alla popolazione. Il tempo qui si è fermato. Ha ripreso da poco a scorrere con una certa speditezza a Trisungo e Pescara del Tronto, la frazione che ha contato più morti, dove la rimozione delle macerie è già iniziata. Tutto fermo invece a Capodacqua. Da un mese le famiglie di Arquata sono tornate ad abitare nella cittadella delle Sae, nella zona industriale di Pescara del Tronto.
”Io lì non ci vado, sta troppo vicina al Tronto che potrebbe esondare, e alla Salaria, col pericolo che se un’auto va fuori strada ci viene addosso” dice Dino Filipponi. Non è l’unico ad aver rifiutato la sistemazione provvisoria nelle Sae (molti hanno scelto i contributi per l’affitto), ma c’è anche chi è felice di avere una casetta nella propria terra. I più comunque sono scontenti. Accusano lo Stato e anche la Regione per i ritardi che quassù, complice il livello altissimo di devastazione, appaiono enormi. ”Che la ricostruzione fosse lontana potevamo pure capirlo e, entro certi limiti, accettarlo. Il problema sono le macerie che sono quasi tutte ancora qui” dice Fabio Cortellesi. Da Capodacqua ha girato l’Italia per un anno per raccogliere fondi per i terremotati, trovando ovunque solidarietà e generosità. ”Gli italiani ci hanno manifestato grande e concreto affetto”. Ma la rabbia e le rivendicazioni prevalgono. Anche se in questi giorni sono arrivati i militari del Genio civile dell’Esercito per la rimozione delle macerie. ”Noi gente di montagna siamo tenaci, testardi, un pò come le aquile, gli unici esseri viventi che possono entrare ad Arquata. Le aquile possono farlo, noi non possiamo invece neanche sognare di tornare nei nostri paesi”.
I nodi non sciolti sono ancora tanti, a partire dalla difficoltà di recuperare i propri beni nelle case pericolanti. “Non posso pagare un garage per metterci i mobili…Per quanti anni poi lo dovrei pagare?” osserva Giusto Di Mattia, 77 anni. ”Possiamo andare avanti così? Almeno ci facessero portare via la roba”. Sono nati comitati di cittadini ad Arquata, Pescara del Tronto, Capodacqua, il versante più colpito dal primo terremoto. Vogliono risposte sul futuro dei loro paesi. ”Ci sussurrano, perché nessuno lo dice ufficialmente, che a Capodacqua non si ricostruirà. Ma come fanno a dirlo senza aver studiato il terreno?” protestano gli sfollati. A Pescara del Tronto di ricostruzione non si parla, perché forse qui, con questo suolo di pietre e dirupi, non si potrà ricostruire mai, si dovrà delocalizzare. La risposta definitiva arriverà solo con il rapporto finale della microzonazione di terzo livello, ma tutti immaginano già quale sarà.
L’unico segnale di vita fra le case sbriciolate sono gli zampilli delle fontanelle dalle quali sgorga freschissima l’acqua delle montagne. Anche per l’approvvigionamento idrico futuro di tutto il Piceno ci sono incognite. Non si sa quali danni abbiano riportato gli invasi dei monti: fratture e dissesti hanno modificato visibilmente anche il paesaggio naturale. La vita però è più forte di tutto: una coppia s’è sposata nella nuova chiesa di legno nella Cittadella di Pescara del Tronto, la cui campana ha suonato per la prima volta con l’arrivo del Capo dello Stato Mattarella. Qualche negozio riapre, ma la gente terremotata invoca soprattutto ”concretezza ed efficienza”. Un esempio positivo, non unico, è la nuova Scuola di infanzia e primaria di Acquasanta Terme, costruita in tempi record. La richiesta è una sola: decisioni chiare e rapidità in ciascuno della miriade di interventi che il post sisma richiede.
Fonte www.ansa.it/ Giuseppe Ercoli
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