Un frenetico via vai nei pressi della cattedrale di Myeong-dong a Seoul accoglie i fedeli coreani in questi giorni di vigilia della visita di Papa Francesco. Il rosa e il viola delle maglie dei volontari cattolici colorano l’area antistante le vie limitrofe che, con i manifesti che annunciano l’imminente arrivo del Pontefice, pullulano di pellegrini e di tanti curiosi. La metropoli asiatica attende così il Pontefice, tra i giovani e i loro gazebo in strada che invitano tutti al pellegrinaggio che loro stessi hanno organizzato dalla cattedrale al Santuario dei martiri di Seo So-Mun, per far conoscere i luoghi della memoria della Chiesa coreana. 260 in tutto i ragazzi della diocesi che fanno parte della macchina organizzativa. Quattromila invece saranno i loro coetanei coreani ai quali si uniranno altri duemila provenienti da tutta l’Asia. In strada fervono i preparativi. Le Forze dell’ordine ricevono le ultime indicazioni, mentre partecipano attivamente alle celebrazioni pubbliche in ricordo delle vittime di Sewol. Tutto è pronto, dunque, l’auspicio è che tutto vada per il meglio, recita la preghiera di un bambino, riportata insieme a quelle degli stranieri che vivono qui, su uno dei quattro maxi-pannelli colorati sistemati a ridosso della cattedrale: “Io voglio bene a Papa Francesco – scrive il piccolo – perché mette in pratica la Parola di Dio”. E come lui da queste parti la pensano in tanti.
Audace nel programmare il futuro, specialmente per il compito missionario, la Chiesa coreana pensa in grande e si prepara a diventare punto di partenza per la nuova evangelizzazione in Asia. In piena crescita, ricca di vocazioni e impegnata nel campo dell’educazione nel lavoro sociale e nella missione, guarda con fiducia al futuro, per vivere una nuova primavera cristiana che da queste parti è già cominciata. L’attesa, le speranze e gli auspici dei coreani, in vista dell’arrivo di Papa Francesco, nella testimonianza di Suor Giuliana Lee, presidente delle religiose coreane residenti in Italia, al microfono di Davide Dionisi:
D. – La visita del Papa è il punto di partenza per il nuovo annuncio del Vangelo in Asia?
R. – L’Asia è il più vasto e complesso continente da vari punti di vista. Le sue realtà demografiche, linguistiche, sociali, politiche, religiose, culturali, economiche sono estremamente diversificate e oltre a essere culla di tutte le grandi religioni del mondo, il mondo asiatico è anche luogo di molte altre tradizioni spirituali in cui si esprimono un innato impeto spirituale e una saggezza morale tipica dell’animo asiatico. La cristianità in Asia però resta ancora una piccola minoranza. Anche se l’Asia ha una minoranza di cattolici, la Corea rappresenta un’eccezione per l’esponenziale crescita delle comunità cristiane che si caratterizzano per un grande dinamismo in ambito pastorale e missionario.
D. – Parliamo del numero dei laici e del loro impegno a sostegno dei diversi servizi pastorali…
R. – Il ruolo dei laici in Corea dà una scossa alla Chiesa locale, che si ripercuote anche su quella universale. La maggior parte dei laici è molto istruita e cosciente della voce ecclesiale. Tanti sacerdoti, religiosi, religiose, insieme ai laici, fronteggiano l’ingiusto sistema economico.
D. – Nella penisola cresce l’istanza di riunificazione, per ora solo un progetto, che le popolazioni del nord e del sud ancora divise sentono fortemente. Qual è l’impegno della Chiesa?
R. – La Chiesa coreana da molti anni è impegnata per aiutare la Chiesa nascosta e in silenzio della Corea del Nord. Anche se non possiamo dare apertamente un grande impatto per l’evangelizzazione tra i nordcoreani, abbiamo anche tanti immigrati nordcoreani e il governo coreano si dedica molto al loro inserimento nel tessuto sociale in Sud Corea. Tante religiose in Corea, per esempio, fanno un digiuno ogni settimana per poter poi dare un aiuto concreto ai nordcoreani.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana
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