“È la gente che ci chiede di aprire il Monastero. Le persone hanno bisogno di avvicinarsi al silenzio”. Così hanno preso spazio e forma la foresteria, i corsi e i laboratori, gli studi di consulenza e di ascolto: il , a Bastia Umbra, a pochi chilometri da Assisi in provincia di Perugia, è un luogo di accoglienza e di apertura alla comunità e in questi giorni, nell’ambito di una manifestazione estiva locale, è anche occasione per ospitare nel chiostro concerti di musica classica.
“La nostra attività quotidiana è l’accoglienza e l’ospitalità, nel rispetto delle regole di S. Benedetto”, spiega la badessa, Noemi Scarpa (40 anni, di Venezia),- precisando che la clausura non è rinnegata ma occupa solo alcuni momenti della giornata. Per il resto, lo sguardo è fuori al monastero, soprattutto verso chi ha bisogno di aiuto: “il nostro monastero è a servizio della cittadinanza, come del resto lo è stato in tempi lontani”.
Dopo la già collaudata esperienza della foresteria, nel monastero umbro sono nati da pochi mesi alcuni servizi, gratuiti: un Caf per l’assistenza fiscale; un centro di ascolto; uno studio di progettazione; corsi di cucito e laboratori artistici. E poi, distribuzione quotidiana di panini e pasti caldi quotidiana per i più poveri e coltivazione biologica di prodotti dell’orto. “E’ un modo nuovo per rispondere ai bisogni della gente” dice suor Noemi che ha vitalità e serenità da vendere. “Mettiamo in comunione tutti i nostri beni, sia quelli materiali che spirituali. A noi interessa lo scambio relazionale con le persone, impostare relazioni sane, e questa apertura all’esterno serve anche a noi monache. Dalla nostra esperienza, vediamo che le persone hanno bisogno di avvicinarsi con noi al silenzio, non necessariamente per pregare. La preghiera può anche venire ma dopo. Chi viene in monastero resta colpito dalla serenità che trova, percepisce la nostra pienezza e si sente in pace”.
Nell’antico monastero che fu residenza dei conti Baglioni, nessun pregiudizio verso chi suona alla porta. “Lavoriamo per la condivisione e il rispetto – prosegue Noemi – chiunque può bussare, di qualunque religione sia. Da noi ad esempio lavora un operaio musulmano”. “Il nostro principale interesse è veicolare valori, la freschezza della relazione. E quindi, valori umani, spirituali, anche ecologici. Chi vuole può infatti venire nel nostro orto e raccogliere i prodotti, condividere anche questa esperienza”. Frequenti anche le cene in comune fra ospiti, pellegrini, monache, dove ognuno porta qualcosa di sé e non solo materialmente.
Suor Noemi, a capo di una ventina di religiose, è lontana dagli stereotipi della monaca di clausura. E’ una ‘donna nel mondo’, ricca di un percorso di ricerca spirituale. “Da ragazza proprio non pensavo a questo tipo di vita. Anzi, mi ero allontanata dalla Chiesa , mi piaceva divertirmi e pensavo che Dio minacciava i miei piaceri. Ricercavo la felicità – racconta – mi chiedevo come avrei potuto vivere in pieno la mia vita, spesso sentivo un vuoto. Ma avevo attrazione per la vita contemplativa e per Madre Teresa di Calcutta, in particolare per la sua dedizione ai poveri”. Alla morte di quest’ultima, mentre era in viaggio in Europa, suor Noemi sente nuovi richiami interiori: fa una breve esperienza in monastero e dopo un po’ di tempo capisce che quella è la sua strada. Lascia lavoro, fidanzato, lo sport (militava in serie A2 nella pallacanestro), fa un viaggio a Sharm El Sheikh con un’amica (“per mettermi alla prova”) e si ritira in convento, venti anni fa: “ho provato gioia profonda che non si è più spenta”. Fra gli impegni del momento, il suo contributo per l’unione dei monasteri benedettini femminili del centro-nord. Un’idea avviata due anni fa per “favorire l’aiuto reciproco, per l’autonomia delle decisioni”. Un’iniziativa che ha già avuto il benestare del Vaticano e avrà vita a breve, dopo l’approvazione dello statuto che è in fase di elaborazione.
Fonte www.ansa.it/Agnese Malatesta
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