Vicario apostolico di Aleppo: I giovani cristiani, testimoni di fede in una città ferita

ALEPPO (ASIA) – Mons. Georges Abou Khazen racconta il lavoro di “decine” di ragazzi e ragazze che “vedono nell’altro il Cristo” e decidono di servirlo. Dalla distribuzione di aiuti, alle attività scolastiche e ludiche per i bambini. Matrimoni e battesimi segno di una vitalità della Chiesa. Avvento tempo di “attesa e speranza” di un popolo “martoriato”, che accoglie in preghiera “l’arrivo del Salvatore”.

Giovani volontari, cristiani ma non solo, che si dedicano agli altri “con un vero senso di fede”; “decine di ragazzi e ragazze” della comunità che “vedono nell’altro il Cristo, e che decidono di servirLo” per ricostruire negli stessi luoghi in cui la guerra ha seminato divisioni e devastazione. È quanto racconta adAsiaNews il vicario apostolico di Aleppo dei Latini, mons. Georges Abou Khazen, che in una realtà di conflitto e violenza scorge esempi e testimonianze di rinnovata speranza. Per il prelato questi giovani “hanno compiuto uno scatto in avanti”, perché la loro opera non è solo “semplice aiuto umanitario”, ma racchiude un significato più profondo che deriva proprio dalla fede cristiana. E sono molte le attività che svolgono per una comunità, quella di Aleppo, martoriata da tre anni di guerra: ragazzi e ragazze, ogni giorno, dedicano parte del loro tempo nel “sostegno ai più bisognosi”, partecipano alla “distribuzione di aiuti”, hanno ideato programmi e iniziative per i bambini, aiutandoli “a sopportare una situazione sempre più difficile, insegnano loro le materie scolastiche”. “Sono ragazzi – commenta mons. Abou Khazen – formidabili”.

La comunità cristiana di Aleppo, come tutta la popolazione, vive una situazione di “difficoltà e insicurezza”; si è in pericolo persino all’interno delle proprie abitazioni, spiega il vescovo, per un colpo improvviso “di mortaio, un razzo o una esplosione”. Nonostante tutto, la gente continua ad andare in chiesa, gli studenti a scuola, chi ha un lavoro si reca in ufficio, nel tentativo di affrontare e superare “le difficoltà della vita” in una condizione di guerra. Fra i problemi maggiori, avverte il prelato, “il tasso di disoccupazione molto alto, poca gente riesce ancora a lavorare, i soldi li prendono solo i pensionati e gli impiegati del governo, mentre gli altri sono rimasti a piedi”.

Al contempo, vi è un impegno costante e profondo per mantenere una parvenza di normalità, in un contesto eccezionale. “Chi può va al lavoro – spiega mons. Abou Khazen – le scuole sono aperte, i giovani frequentano superiori e università… già questo è molto! E anche per quanto concerne noi cristiani, negli ultimi tempi sono riprese attività ferme da tempo: gli scout, gli incontri delle associazioni religiose, le classi di catechismo che erano state interrotte per paura. Anche questi sono piccoli segnali di speranza, uniti alle celebrazioni di matrimoni e battesimi”.

Quest’anno la comunità cristiana latina di rito romano ha celebrato 21 matrimoni e una quarantina di battesimi; per il vescovo sono “fonte di grande consolazione, perché mostrano che non vi sono solo persone impaurite che vogliono scappare. Questi cristiani rivendicano l’appartenenza a questa terra, che è dei nostri antenati, e sono per questo decisi a rimanere. Noi cerchiamo di incoraggiarli e loro sono fonte di coraggio per noi”.

Se dal versante politico si attendono possibili sviluppi per l’iniziativa di pace delle Nazioni Unite – “non ci crediamo, ma speriamo…” commenta il vescovo – che dovrebbe partire proprio da Aleppo, la comunità cristiana si prepara intanto a vivere l’inizio dell’Avvento e le festività del Natale. “Non si potranno fare grandi cerimonie – spiega il prelato – ma sarà sicuramente una occasione di festa religiosa e spirituale. Con i giovani stiamo preparando delle attività pensate per i bambini, abbiamo invitato la gente ad animare le Novene di Natale e poi ogni domenica, in una chiesa diversa, abbiamo delle piccole iniziative”. “Vogliamo che i nostri fedeli – conclude – non pensino solo alle difficoltà e ai drammi della guerra. E l’Avvento coincide proprio con il nostro sentimento di attesa e speranza, con le aspettative di un popolo martoriato che accoglie in preghiera l’arrivo del Salvatore”. Fonte: asianews.it

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