Fino a un paio di giorni fa, davvero, non sapevo di gente che applica le parole del vangelo “sono venuto a separare il figlio dal padre, la figlia dalla madre, la nuora dalla suocera” (Mt 10,35) non a Gesù Cristo ma a Babbo Natale. Includendo nella scomunica alberi di Natale, festoni, pranzi e musichette. Scopro che c’è chi tuona dal pulpito che Babbo Natale non esiste. O una mamma che, interrogata dalla figlia se l’amichetta che “non crede in Gesù Bambino ma solo in Babbo Natale va all’inferno?”, risponde che “sì, se lo rifiuta fino alla fine sì… ma tu devi essere così buona con lei da convincerla a venire dalla tua parte” (Spero che la figlia non abbia l’ardire, in futuro, ti chiedere lumi al genitore su l’occhio, il piede o la mano che nostro Signore dice di dover strappare e gettare lontano in caso di scandalo – cfr Mt 5,29; Mt 18, 8-9: rischierebbe, la poverina, di trovarsi cieca, monca o zoppa).
Tutto ciò, incuranti del fatto che Papa Francesco ha acceso l’albero di Natale più alto del mondo (750 metri), dicendo che un Natale senza luce non è Natale e che tanti studi dimostrano che l’albero di Natale e Babbo Natale hanno radici in Cristo.
Risultati? L’inevitabile difesa di chi, non credente, rivendica comunque il diritto di far festa a Natale. E non solo per adulta decisione ma anche, semplicemente, perché così si fa nella famiglia di bambini in cui nessuno crede.
Calma. Ricominciamo dal buon senso, sennò il cappello da Babbo Natale me lo tengo fino a Pasqua. La frase: “Natale si festeggia perché è il compleanno di Gesù Bambino” non può essere usata contro nessuno perché, anche se chi le si avvicina non ci trova tutta la verità cristiana, di sicuro tutto quel che ci trova è vero.
Anche se non credi al Dio Uno e Trino e alla verginità di Maria, tutto quello che vedi nel Natale lo capisci ed è vero. Non sarà tutta la verità dogmatica? Forse, ma intanto è tutto vero. Lì ci sono un papà e una mamma con un bimbo, emarginati da tutti ma con gli animali che li aiutano a “fare casa”. Chi non ha qualcosa in comune con tutto ciò? E poi se c’è chi crede che una Vergine ha dato alla luce un figlio, tu prendi coraggio e inizi a credere che quell’angolo della tua vita che non funziona può cambiare ed essere fecondo. Oppure se sai che Gesù è figlio di Maria ma non è allo stesso modo anche figlio di Giuseppe, capisci che nella capanna trova posto anche chi è genitore d’elezione.
Questo è Natale, miei cari. Non sarà tutto ma è tutto vero. Non tutti crederanno a tutto quello che credono gli altri, ma, quando si parla di Natale, tutto quello che ciascuno crede è vero. Anche se significa solo fermarsi e festeggiare con le persone che ami. Ripeto: non sarà tutto ma è tutto vero. Non sarà tutto ma è il Natale che c’è. Non mi sento di fargli la predica. Lo voglio prendere in braccio e pulirgli il moccio dal naso perché il mistero del Natale è che divino e umano si fondono e ci confondono. E se non capisco Dio ma invece comprendo un bambino, forse un giorno avrò voglia di chiedermi se Dio c’entra in particolare con quel bambino. O magari – solo perché mi piacciono storia ed archeologia – mi interesserà sapere che non tanto tempo fa a Qumran hanno scoperto che la classe di Abia – quella cui apparteneva il sacerdote del Tempio Zaccaria, padre di Giovanni Battista, cugino di Gesù – prestava servizio l’ultima settimana di settembre, per esattezza o il 23 o il 24 o il 25. E quindi, siccome Cristo è stato concepito al sesto mese di gestazione del Battista che nasce il 24 giugno, ci sta tutto che Gesù sia nato il 25 dicembre. Cioè nove mesi dopo il 25 marzo, così come il Battista nasce nove mesi dopo il 24 settembre.
Ma queste sono storie che vengono dopo. Prima viene quello che mi dicono i sensi. Non solo quelli interiori. Anche quelli degli occhi e delle orecchie. Le lucette, una pubblicità, una musichetta mi dicono che è festa. Un po’ buonista questa lettura? Un po’ forzata questa visione? Sì, “forzata” va bene. Dai, sforziamoci. A Natale vale la pena ritrovare la gioia. Il Natale è una festa. Grandiosa. Forza, sorridiamo tutti. Questo è il Natale che c’è.
Di Don Mauro Leonardi
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