Al Cairo non si sono esauriti gli sforzi diplomatici volti al prolungamento del cessate il fuoco di 72 ore e violato questa mattina, tre ore prima dalla scadenza, dal lancio di due missili palestinesi da Gaza sul vicino territorio israeliano che non hanno comunque causato né vittime né danni. Fin da ieri sera Hamas
aveva ribadito, nel corso di una grande manifestazione, di voler proseguire le ostilità. “La guerra non è finita. Chiediamo all’Egitto, alle nazioni arabe e alla comunità internazionale di sostenerci”: dichiarazione arrivata perché Israele non aveva accolto le richieste di Hamas di porre fine immediatamente al blocco della Striscia con l’apertura dei valichi di frontiera e la riattivazione del porto e dell’aeroporto. E d’altra parte Israele aveva dovuto constatare il secco rifiuto della sua preliminare esigenza, il disarmo di Hamas e degli altri gruppi palestinesi: “impossibile”, aveva replicato il negoziatore Moussa Abu Marzuk, in quanto “le forze della resistenza sono la sola garanzia per qualsiasi accordo”.Il muro contro muro ha vanificato, quindi, il tentativo israeliano di una prosecuzione del cessate il fuoco anche prolungata purché senza condizioni. Proprio su questo punto si stanno concentrando i negoziati del Cairo che si svolgono in maniera indiretta, mediati dall’Egitto e dagli Stati Uniti, e non attorno a un tavolo perché Hamas è considerata, e non solo da Israele, un’organizzazione terroristica. E’ questo un nodo politico sul quale si sta giocando la ripresa del conflitto o il negoziato di pace. Washington e il Cairo puntano alla restaurazione del potere a Gaza di Al Fatah e del suo leader, nonché presidente dell’Autorità nazionale Palestinese, Abu Mazen. Ma Hamas ha già rivendicato la “vittoria” a nome della popolazione della Striscia di cui ha il controllo, una vittoria “comprovata dal ritiro delle truppe di invasione” israeliane. “Ora non si può attendere che Hamas scompaia o che collabori alla sua stessa fine”, hanno scritto in un saggio a quattro mani su Foreign Policy l’ex presidente degli Stati Uniti Jimmy Carter e l’ ex presidente irlandese Mary Robinson; secondo i quali, se si cerca la pace, è necessario che Stati Uniti ed Unione Europea riconoscano Hamas come “attore politico”.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana
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