R. – Siamo negli anni ’60. Un bambino piccolo che andava all’asilo iniziò a manifestare problemi alla vista. Vengono fatti tutti gli accertamenti e la diagnosi è quella di degenerazione maculare bilaterale congenita e il bambino perde la vista velocemente. Quando dallo Stato di New York decisero di dargli un tutor per la cecità, le suore – dove lui frequentava la scuola – stavano lavorando per il processo di Beatificazione di suor Miriam Teresa Demjanovich, una di loro. Dato che dovevano traslocare gli hanno dato un santino, con una piccola reliquia di suor Miriam e lì il bambino ha iniziato a recuperare la vista. Successivamente, l’hanno portato a New York all’ospedale oftalmologico per far i controlli ed hanno costatato che era guarito. I medici sono stati unanime a considerarla una guarigione inspiegabile scientificamente perché quando si verifica questo danno agli occhi tutti gli oculisti del mondo sanno che non si può tornare indietro; quello che è stato danneggiato non è più recuperabile.
D. – Questa suora era nel noviziato, poi si è ammalata e prima di morire ha fatto la professione. Ci può raccontare un po’ delle qualità che lei possedeva?
R. – Quando lei entrò nella Congregazione delle Suore della Carità di Santa Elisabetta aveva fatto un percorso di vita spirituale abbastanza intenso: da piccola in famiglia aveva già manifestato questo fervore religioso; stava facendo un discernimento vocazionale ed aveva tentato di entrare tra le Suore Carmelitane Scalze però per un problema alla vista non era adatta: a quell’epoca – stiamo parlando del 1915/1917 – le suore vivevano di ricamo e quindi, a causa di questo suo problema alla vista non era adatta alla vita di ogni giorno nel monastero carmelitano. Parlando con il suo direttore spirituale cercarono allora di trovare un’altra congregazione religiosa. Un giorno pregando lì dalle suore, perché aveva finito gli studi ed aveva iniziato ad insegnare, andando in cappella sentì che quello era il suo posto, che il Signore la chiamava lì. Fece presente questa cosa al suo padre spirituale, dopo ne parlò con le suore che furono contentissime perché la conoscevano e la apprezzavano. È stata una grande gioia. Ha quindi fatto il periodo del noviziato e con il permesso del suo padre spirituale e della superiora iniziò a scrivere le esperienze della sua vita di preghiera, che erano molto intense. Lei era apparentemente una giovane “normale”, molto dedita alla preghiera e la sua vita spirituale raggiunse una grande profondità mistica. Attraverso la sua testimonianza, lo Spirito divino ci vuole ricordare la verità esaltante della inabitazione delle tre persone divine nel profondo di noi. Questo si è manifestato molto forte nella sua vita, tant’è che quando si fece la stesura della positio si chiese il parere di un consultore in teologia mistica per poter valutare queste esperienze.
Radio Vaticana
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