“Non ce la faccio più, aiutatemi, vi prego” sono queste le parole che il Ros dei carabinieri ha intercettato, e che giungono da Meriem Rehayli, 19 anni padovana con origini marocchine che lasciò tutto lo scorso luglio per diventare una foreign fighter e arruolarsi tra le fila di Daesh in Siria. Da quel momento i carabinieri sono rimasti sulle sue tracce ed ora assieme all’Antiterrorismo stanno cercando di proteggerla e di evitare possibili ripercussioni. La Repubblica ha raccontato la sua storia.
“Vado al mare con le mie amiche”: aveva detto così al padre, Roudani, arrivato in Italia quando la figlia aveva 9 anni. Un passaggio in auto fino a Bologna; un volo per Istanbul, e poi da lì il viaggio in Siria. Per inabissarsi e arruolarsi nelle fila dei miliziani islamici. Meriem, convertita via web al fanatismo anti occidentale, diventa “Sorella Rim”. Con lo pseudonimo prende a pubblicare su internet inni all’Is.
Non si hanno notizie certe su quale sia il suo ruolo nel Califfato, ma si sospetta che la ragazza “sia stata ingaggiata per attività operative” scrive ancora La Repubblica.
Forse finalizzate al reclutamento di altri foreingn fighter dall’Italia. “Meriem torna, tutti ti vogliamo bene, la mamma sta male per te”. L’appello lanciato a fine luglio dal padre della ragazza era caduto nel vuoto. “Meriem terrorista? Non ci credo”, aveva aggiunto.
Ufficialmente, di lei, da quel luglio, non si è saputo più nulla, ma gli agenti hanno fatto il possibile per continuare a tracciarla.
Gli 007 del nostro Antiterrorismo – attraverso lo scambio di informazioni con i servizi segreti turchi – hanno fatto il possibile per non perdere il filo che avrebbe potuto rimettere in connessione Meriem con il suo mondo di “prima”. Con Arzergrande, con Piove di Sacco, i parenti, gli amici. Come le due amiche, anche loro marocchine, che sempre a luglio videro apparire sui telefonini un invito Whatsapp proveniente da un numero turco: nel profilo del mittente c’è un uomo che bacia la bandiera nera dell’Is e, accanto, la frase: “Ad una terra dove posso combattere sono andato e nei miei occhi c’è odio verso i miei avversari… (invito anche a voi fratelli)”.
Interessante, scrive La Repubblica, anche la testimonianza di una sua compagna di classe, che racconta come la ragazza le disse che sarebbe stato giusto andare a combattere in Siria: “[…] Il lavaggio del cervello sull’Is glielo fece una ragazza di Campolongo Maggiore”, dice.
Ciò che è importante, ora, è cercare di riportare Meriem a casa.
Per proteggere la ragazza e la famiglia è subito scattato il protocollo internazionale adottato in questi casi: la storia dell’Is insegna che chi decide di abbandonare le fila dello Stato islamico in molti casi paga con la vita. Il timore, adesso, è che il Califfato possa vendicarsi con Meriem.
Redazione Papaboys (Fonte www.huffingtonpost.it)
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