Nel giorno di San Marcellino, in Spagna, un frate francescano si reca in paese per andare a visitare una bambina gravemente malata, mentre tutto il paese sta salendo la collina per andare al convento sulla tomba di San Marcellino; il frate inizia a raccontare la storia del convento e di Marcellino. Finita la sanguinosa guerra combattuta tra francesi e spagnoli, tre frati francescani chiedono al sindaco, Don Emilio, di poter riassestare il vecchio castello per riadattarlo a convento; il sindaco dà il consenso e tutta la popolazione aiuta i tre frati nell’intento. Dopo poco tempo il convento è costruito ed inaugurato. Una mattina però, il frate portinaio trova alla porta un cestino con dentro un neonato che piange, poiché ha fame e sete; i frati lo battezzano e gli danno il nome di Marcellino, poiché era il giorno di San Marcellino. I frati vorrebbero affidarlo a qualche famiglia, ma nessuno è in grado di mantenere un altro figlio, viste le condizioni di miseria in cui viveva la popolazione spagnola. Marcellino diventa un bambino di cinque anni robusto e forte e tratta tutti e dodici i frati come dodici padri, ma sente molto la mancanza di una figura materna, infatti fa ai frati molte domande sulle mamme. Portato da un fraticello alla fiera paesana, distrugge la fiera; così il nuovo sindaco, da sempre contrario all’opera di bene fatta da Don Emilio, emette uno sfratto ai danni dei frati. Un giorno Marcellino, disubbidendo a frate Tommaso (chiamato da Marcellino “Fra Pappina”), trova un crocifisso, vedendo che è molto magro immagina che abbia fame e decide di portargli da mangiare e da bere: il crocifisso si anima per ricevere il pasto offerto e gli rivolge anche la parola; avendo trovato nella fretta solo pane e vino, lo dà a Gesù, che lo soprannomina Marcellino Pane e Vino. Pochi giorni prima dello sfratto Marcellino va a parlare con Gesù delle mamme, ed esprime il desiderio di vedere la sua mamma e dopo anche la Madonna, al che Gesù fa morire Marcellino e lo manda in cielo a conoscere i genitori. Frate Tommaso che aveva visto il miracolo chiama tutti i frati al cospetto del Signore a vedere Gesù che scende dalla croce per far morire (resuscitare) Marcellino per poi risalirvi. Tutta la gente del paese corre a vedere il miracolo e ogni anno la popolazione si reca sulla tomba di Marcellino Pane e Vino in segno di rispetto.
La bellissima storia dell’orfanello spagnolo, tramandata oralmente da coloro che avevano assistito al prodigio, divenne famosa. Molti genitori la sera prima di mettere a letto i bambini, raccontavano ciò che Gesù aveva fatto per Marcellino. Negli anni 50, alcuni produttori pensarono di mettere in pellicola i fatti raccontati dai frati. Il film narra la breve vita di Marcellino, cresciuto da dodici frati francescani, che si sente molto solo perché gli mancano l’affetto della mamma e qualche amico con cui giocare. La vita di Marcellino cambia quando un giorno entra nella soffitta del convento e là vi trova, forse dimenticato, un vecchio crocifisso a misura d’uomo. Nella sua fanciullesca ingenuità, Marcellino pensa che abbia fame, così corre nella cucina del convento e, di nascosto, prende una fetta di pane. Tornato in soffitta, il piccolo porge la fetta di pane al crocifisso, il quale, incredibilmente, la prende con la mano destra. Marcellino, contento e soddisfatto, gli promette che sarebbe tornato il giorno seguente. Mantenne la promessa: tornò il giorno seguente e tutti gli altri, passando con Lui gran parte del suo tempo. Infatti, qualche tempo dopo, due persone che vedono Marcellino giocare da solo nel giardino, dicono di aver pena di lui perché è senza amici. Il bambino risponde loro: “Ma io non sono solo: ho un amico che è tanto buono”. Sì, finalmente Marcellino ha un amico, anzi, ha l’Amico. Esaminiamo e meditiamo insieme alcune scene del film e la sua conclusione.
Come già detto, il piccolo Marcellino mantiene la promessa e il giorno dopo torna in soffitta, portando un’altra fetta di pane e, in più, un bicchiere di vino – per questo Gesù gli darà il nome di “Marcellino pane e vino” – che posa sopra un tavolo. Marcellino consiglia al Crocifisso di mettersi seduto, per mangiare meglio. Il Re dell’universo “obbedisce” al quel piccolo orfanello di sei anni e si mette seduto. «Non hai paura di me?», gli chiede Gesù. «No», risponde Marcellino. «Allora sai chi sono?». “Sì. Tu sei Dio”. Bellissimo il momento della “frazione del pane” da parte di Gesù: mentre spezza il pane per mangiarlo, si notano le piaghe delle mani. Una scena altamente teologica: la messa non è una cena ma il sacrificio incruento del Golgota. Non a caso, Marcellino gli toglie dal capo la corona di spine, domandando: «Ti faceva molto male?». «Moltissimo», risponde il Signore, ringraziandolo. Nessuno si cura più di consolare il Signore, così tanto offeso dai nostri peccati. Marcellino, invece, è pieno di premure per Gesù: gli porta anche una coperta affinché non senta freddo. Commuovente la scena in cui Marcellino e Gesù parlano delle mamme e di quanto amino le proprie… Una notte Marcellino non riesce a dormire, perché i tuoni e i fulmini del temporale lo terrorizzano. Così si alza e corre in soffitta; vuol fare il “duro” e domanda a Gesù se vuole compagnia, in caso avesse paura del temporale. «E tu, Marcellino, non hai paura del temporale?», chiede il Signore. «Sì, un po’…», ammette il bambino. «Vieni qui da me». Marcellino non se lo fa ripetere due volte: corre verso di lui e abbraccia forte la croce. «Hai ancora paura?», gli domanda il Signore. «No», risponde Marcellino. «Adesso non più». Abbiamo visto una fiction? Favole per bambini? Quanti santi, nella storia della Chiesa, hanno abbracciato quella Croce!
Arriviamo al finale. Gesù vuole dare un regalo a Marcellino, quello che desidera di più. «Voglio vedere la mia mamma», risponde il bambino. «E anche la tua». Quella mamma che è mamma di Gesù, di Marcellino e della stessa mamma di Marcellino. Il Signore gli spiega che per vederle dovrà addormentarsi. Ma il piccolo non ha sonno. «Vieni», dice Gesù prendendolo tra le sue braccia. «Ti addormento io». Così i frati accorrono, trovando il corpo senza vita del bambino, ma con un sorriso pieno di felicità. Guardate e meditate il film, perché aiuta a capire che il cristianesimo non consiste nell’attivismo sociale, o nella lotta alla criminalità, etc…, ma nell’avere un rapporto di confidenza con Cristo Gesù. I cristiani dobbiamo essere i confidenti di Gesù, soprattutto per il bene delle anime che vi sono affidate. Pensate al finale del film. Oggi si parla tanto di “dolce morte” – significato di eutanasia – e di dignità nel morire. Ma l’unica vera morte dignitosa, sia che per i giovani che per gli anziani, sia per i sani che per i malati, è la “buona morte”: morire tra le braccia di Cristo, grazie al dono degli ultimi sacramenti, che solamente i sacerdoti e la Chiesa possono dare. “Adulta” non è una fede che segue le onde della moda e l’ultima novità; adulta e matura è una fede profondamente radicata nell’amicizia con Cristo. È quest’amicizia che ci apre a tutto ciò che è buono e ci dona il criterio per discernere tra vero e falso, tra inganno e verità” (Card. Joseph card. Ratzinger, omelia della Missa Pro Eligendo Romano Pontefice, 18 aprile 2005). “All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva”. (Benedetto XVI, enciclica “Deus Caritas Est”).
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anche io vorrei vedere la mia di mamma: ma è impossibile. una volta che si spenge il nostro computer mentale si fa la nanna e stop. il casino è che gente come Hitler e mussolini riposano uguali ai miei genitori che male non hanno mai fatto